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Porti: il cold ironing secondo gli armatori

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Gli armatori promuovono il cold ironing, l’alimentazione elettrica da terra per le navi, anche per evitare di finire fuori mercato. Ma chiedono garanzie per evitare i soliti pasticci all’italiana.

assarmatori
il presidente di Assarmatori Stefano Messina

La posizione: “Pronti a collegarci con la rete elettrica di terra”

Nei giorni scorsi l’Europa ha trovato l’accordo sul regolamento FuelEU Maritime (leggi) che indica il percorso per ridurre il pesante e sempre meno tollerabile inquinamento atmosferico nelle città portuali. L’accordo prevede lo slittamento al 2035 del cold ironing nei porti più piccoli, ma viene confermato l’obbligo di alimentazione elettrica da terra al 2030 per gli scali più grandi. Più precisamente quelli che rientrano all’interno della rete TEN-T (al link i diversi corridoi con la presenza dei maggiori porti italiani).

Prima ancora che scatti il divieto per gli idrocarburi nell’automotive nei porti più trafficati entrerà in vigore lo stop alle emissioni, i troppo caratteristi fumi, delle navi in sosta. Per supportare questa transizione energetica in banchina ci sono a disposizione ben 700 milioni stanziati con il Pnrr, interessano circa 40 porti, per l’elettrificazione.

Eppur si muove: partiti i primi progetti di elettrificazione

Nautica elettrica
Il porto di La Spezia anche le grandi navi possono spegnere i motori in porto

A che punto siamo? Gli armatori hanno il polso della situazione e ci informano che “alcuni progetti sono già in corso“, parole del presidente di Assarmatori Stefano Messina. Il problema? “Occorre una visione nazionale e di sistema. Effettuare interventi scoordinati e differenti non solo fra ogni singola Autorità di Sistema Portuale, ma anche all’interno di uno stesso scalo fra terminal e terminal, significherebbe sprecare ingenti risorse pubbliche e non pervenire ai risultati sperati in termini di riduzione delle emissioni.

Serve una cabina di regia anche per evitare: “Una grave distorsione nel mercato dei servizi terminalistici e marittimi. La soluzione per il cold ironing deve essere l’apertura al mercato, con una netta separazione tra chi dovrà realizzare l’infrastruttura, chi dovrà alimentarla e chi dovrà manutenerla offrendo i servizi alla nave. L’obiettivo non può che essere quello di assicurare un servizio sicuro ed efficiente oltre che fornito alle condizioni economicamente più competitive”. Questo il messaggio.

Manca un quadro chiaro sulla governance del fenomeno. Questo il punto. Sulle banchine elettriche in teoria non c’è contrarietà: “Gli armatori hanno fatto investimenti e sono pronti a utilizzare il cold ironing nei porti in cui esso sia disponibile. Parliamo di uno strumento fondamentale non solo in vista degli obblighi introdotti dal regolamento FuelEU Maritime, ma anche e soprattutto per evitare che, con l’introduzione delle nuove norme stabilite dall’IMO con il Carbon Intensity Indicator (al link una spiegazione molto chiara sull’indicatore Ndr), la cui attuale declinazione penalizza pesantemente le unità in sosta, una fetta consistente della flotta italiana possa essere di fatto messa fuori mercato”.

eolico sgarbi
Sgarbi contro i parchi eolici off-shore

Per dare energia servono anche investimenti sulle rinnovabili, a iniziare dall’eolico off-shore

Un elemento fondamentale che gli armatori sono riusciti a strappare nei negoziati in Europa riguarda l’esenzione da sanzioni per l’armatore nel caso “in cui la nave sia attrezzata per attingere energia da terra ma non potesse farlo per mancanza o malfunzionamento della stessa rete mantenuta“. Insomma la responsabilità sarà a terra. Ma per permettere l’alimentazione con energia pulita servono investimenti sulle rinnovabili, a iniziare dai parchi eolici off-shore, ma anche in questo caso nei dintorni del Governo non manca chi si oppone, a iniziare da Vittorio Sgarbi (leggi).

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2 COMMENTI

  1. immaginate i consumi di una piccola citta’ ,se le navi da crociera non ricaricano in mare aperto con l’eolico vorrebbe dire black out per le zone interessate .

    • Allora nelle piccole città non dovrebbero sorgere fabbriche energivore, invece ci sono. Basta investire sui diversi impianti per la rinnovabili esistenti

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