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Nautica: e-fuel al posto delle batterie? Uno studio che fa discutere

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Il pacco batteria della barca

Nella nautica gli e-fuel battono le batterie nella mobilità acquea? In teoria sembrerebbe così a leggere gli esiti dello studio Pathways to low-carbon propulsion commissionato da Icomia (International Council Of Marine Industry Associations) alla società Riccardo PLC. Ma non è proprio così vediamo. Ne parliamo con Massimo Labruna, Ceo di As Labruna.

Uno studio su nove tipologie di barche

Iniziamo dai protagonisti. Icomia che ha promosso la ricerca e così si definisce: “Riunisce le associazioni nazionali dell’industria nautica in un’unica organizzazione globale e le rappresenta a livello internazionale” o in altri termini “La voce dell’industria marina da diporto in tutto il mondo”.

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La barca elettrica X Shore con il motore Bosch

La Riccardo PLC invece fa ricerca ingegneristica sul campo della mobilità a livello internazionale e in questo studio oltre a utilizzare i dati dei produttori di motori internazionali ha studiato nove diverse tipologie di imbarcazione: gommoni, barche da pesca, daycruiser, phantom boats, moto d’acqua, dislocanti, barche fluviali, yacht a motore ad alte prestazioni e barche a vela.

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la barca a vela con motore elettrico

Ognuna di queste tipologie studiata secondo un diverso sistema di propulsione: carburanti convenzionali, carburanti sostenibili per motori a combustione (HVO o e-fuel), ibridi elettrici, elettrici a batteria e idrogeno per celle a combustibile o come carburante.

Questi i parametri scelti per i confronti: l’impatto delle emissioni di gas serra, il costo totale , l’usabilità, l’autonomia, le prestazioni e le implicazioni infrastrutturali. Seguendo due percorsi: 14 ore e 166 miglia; 3 ore e 35 miglia.

Per le piccole barche vince l’elettrico

Lo studio dice che è più conveniente l’uso degli e-fuel. Ma attenzione Frank Hugelmeyer, vicepresidente di Icomia, sottolinea in un’intervista a Boat Industry: “Non esiste un’unica soluzione per tutti i tipi di imbarcazione. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i carburanti sostenibili sono chiaramente il modo migliore per decarbonizzare”.

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Massimo Labruna, a bordo di una delle barche convertite in elettrico dall’azienda

Interessante però la puntualizzazione: “Per le piccole imbarcazioni che navigano molto, soprattutto in charter, le batterie possono essere un’opzione interessante”. Lo abbiamo scritto spesso. La criticità tocca però le tante barche che vengono usate poche settimane l’anno.

A questo punto, al di là dei necessari sviluppi per ottenere una densità energetica più elevata, è chiaro che bisogna ragionare in termini più ampi e una soluzione potrebbe essere in un porto la condivisione di energia tra le barche (qui avevamo scritto di uno studio sul tema in Italia).

Lo studio sulla decarbonizzazione della nautica che attribuisce un ruolo agli e-fuel

Hugelmeyer conclude sulla necessità di seguire più percorsi sulla strada della decarbonizzazione. Una riflessione che abbiamo spesso riportato visto che l’elettrico non riesce a coprire diversi settori e segmenti della nautica. Nonostante la positività sugli e-fuel dello studio il vicepresidente di Icomia sottolinea la necessità per elettrico e idrogeno: “Di una vera spinta ai finanziamenti per la R&S, con crediti d’imposta”.

La versione di Labruna: “Non è l’affossamento dell’elettrico perchè su alcuni elementi è inarrivabile”

Chi in Italia conosce lo studio è Massimo Labruna, Ceo di As Labruna, che nella sua attività imprenditoriale è molto versatile e aperto alle sperimentazioni. Si occupa di motori ibridi, ma ha messo sul mercato anche un kit per il retrofit full electric e sistemi con idrogeno e fuel cell. Obiettivo decarbonizzare, ma con la flessibilità e soprattutto valutando i limiti della tecnologia attuale.

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Il Ceo Massimo Labruna a una tavola rotonda di Vaielettrico

Vediamo la versione dell’imprenditore ingegnere: “Io sostanzialmente non lo considero un affossamento perché dal punto di vista delle prestazioni, quindi, in termini di erogazione di coppia, rapporto peso potenza e costi di manutenzione il motore elettrico è inarrivabile rispetto al motore classico. Resta ed è chiaro il limite dell’autonomia e del rifornimento/ricarica. Secondo me in questa fase in cui l’idrogeno non è diffuso sicuramente una soluzione di transizione è l’ibrido seriale, cioè io comincio a costruire le barche con i motori elettrici, dopodiché vado a utilizzare dei range extender, cioè dei generatori che siano alimentati ad HVO piuttosto che a idrogeno e che in futuro saranno fuel cell a idrogeno“.

Insomma: “Questo studio non ha demonizzato l’elettrico a favore degli e-fuel, ma ha individuato le criticità dell’elettrico come l’impatto dimensionale delle batterie, l’idrogeno non è ancora diffuso, le fuel cell hanno ancora dei costi importanti“.

L’autonomia con l’elettrico merita un’attenzione particolare, in questa fase di transizione fino a quando le infrastrutture non saranno completate si può utilizzare l’elettrico con dei generatori che utilizzano soluzioni a bassissime emissioni o zero emissioni come il fuel cell a idrogeno”.

Come potenziare l’elettrico nella nautica?

Indicazioni da seguire? “Nella nautica bisogna fare lo sforzo di portare la tecnologia dell’automotive. Oggi alcune auto caricano a velocità altissime e quasi si annulla il divario e quindi ben venga quello che sta facendo Frauscher con il motore, il powertrain della Porsche Macan. Io credo molto in questo approccio ovvero standardizzare le soluzioni dell’automotive per poi marinizzarle. Si faceva così con i motori endotermici. La stessa cosa va fatta sui powertrain elettrici”.

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Automotive e nautica insieme con l’elettrico, l’accordo Frauscher Porsche

Purtroppo ognuno di noi operatori sta andando, per esempio, su tensioni e tipologie di motori diverse. Ma questo approccio non fa proprio bene al settore. Superata la fase della creatività è necessario standardizzare e prendere spunto dall’ automotive e la produzione a larga scala.  Orientamento che ci può dare una mano”.

Loro si stanno standardizzando sugli 800 V, secondo me conviene andare su quelle soluzioni e su quelle tensioni. In questo modo si può utilizzare la tipologia di colonnina standard (con le dovute modifiche per renderla idonea all’ambiente marino). Si ottiene un’economia di scala che abbassa i costi e garantisce un’affidabilità ulteriore, perché purtroppo adesso siamo tutti, anche chi è industrializzato, lontani da una produzione di larga scala“.

Serve una normativa chiara

Ognuno va per la sua strada, ma come abbiamo visto in questi anni manca una chiara normativa sulla mobilità elettrica. Labruna concorda con questa lettura: “Sarebbe necessario l’intervento delle istituzioni, degli enti normativi. Abbiamo un  grosso buco nella normativa, l’unica norma si riferimento sull’elettrico è la ISO 16315 che io ho utilizzato anche per la certificazione dei fuoribordo elettrici da 300 kW di Explomar. Ma non basta serve qualcosa di più”.

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battello elettrico Sylvia a Stoccolma con batterie Tesla

C’è la paura, come è giusto che ci sia, per le nuove tecnologie ma è arrivato il momento della standardizzazione perché solo così l’elettrico si diffonde. Oggi se si equipaggiano barche con motori elettrici e batterie però poi nei porti mancano le colonnine di ricarica o, volendo adottare soluzioni ad idrogeno manca l’infrastruttura per il rifornimento. Per questo sono necessarie norme per poter avviare il processo di diffusione delle stazioni di ricarica come stanno facendo nelle autostrade. Bisogna iniziare un percorso unitario in un momento dove i diversi protagonisti si muovono in modo diverso”.

Standard anche per le batterie

Labruna indica la necessità di una standardizzazione anche sulle batterie: “Chi converte in elettrico la sua imbarcazione o la compra nuova dopo un tot di anni deve sostituire la batteria, però quel modello per forma e dimensioni magari non è più prodotto o non è intercambiabile con quello di un’altra azienda”.

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La batteria di Trouvé , già due secoli fa la prima barca elettrica in acqua

Il pericolo per l’elettrico non sono gli e-fuel, ancora tutti da scoprire, ma la mancanza di un approccio integrale al settore con  certezza sulle norme e una collaborazione sistematica tra tutti i protagonisti per soluzioni intercambiabili e interoperative.

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3 COMMENTI

  1. Dal mio punto di vista ci sono alcuni punti da segnalare:
    – le colonnine: praticamente ormai ogni porto dispone di colonnine dedicate per ogni unità e ogni unità è dotata di caricabatterie a bordo pertanto mi sembra che con i dovuti aggiustamenti, aggiungendo un caricabatterie dedicato al posto di quello delle batterie motori il problema non sussista.
    – finché parliamo di Daily cruiser, unità di piccole dimensioni con percorrenze giornaliere limitate o di barche a vela che necessitano di motori con potenza limitata credo che l’elettrico possa essere un’alternativa praticabile
    – se parliamo di unità di dimensioni medio/grandi con dislocamento importante e velocità di crociera elevate sinceramente penso che l’elettrico non sia neanche da prendere in considerazione, se devo spingere un’unità di 150T a 25 kn e percorrere qualche centinaio di miglia non c’è soluzione, la Ferretti ci ha provato quasi vent’anni fa con il “long range” che affiancava l’elettrico al diesel ma è stato un fiasco, poi ci ha provato Sanlorenzo con il 106 ibrido che aveva un motore elettrico con generatori dedicati ma anche lì i risultati sono stati deludenti.
    In definitiva ben venga l’elettrico per unità piccole o a vela ma per yacht di stazza importante che necessitano di autonomia adeguata si può agire sui combustibili alternativi poiché l’elettrico non è un opzione

    • Concordo con diversi elementi. E’ vero che le colonnine ci sono da sempre e stanno aumentando quelle fast; ma c’è ancora molto da fare per permettere stazioni di ricarica come a terra e al di fuori del posto barca per i diportisti di passaggio – in alcune coste ci sono porti che distano poche miglia.

      Sulle barche dimensioni medio/grandi si apre un mondo. Chiaro che per alcuni usi l’elettrico non assicura l’autonomia necessaria, ma sulle soluzioni ci sono diversi percorsi da poter intraprendere. Anche se siamo in una fase di ricerca e di prototipi

  2. Gli e fuel sono assurdamente energivori a livello produttivo (trasporto degli stessi compreso), e quando bruciano producono veleni cancerogeni.

    Diamo tempo alle batterie e ci stupiranno, come con la fonia.

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