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FCA-Peugeot, tra diesel che va e elettrico che viene…

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FCA-Peugeot, prove d’intesa in un momento di svolta per l’industria dell’auto. La crisi del diesel investe tutta l’Europa, Italia compresa, bruciando migliaia di posti di lavoro. E cresce l’elettrico, ma piano.

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John Elkann, presidente di FCA Group.

Con la necessità di fare oggi grandi investimenti che daranno un ritorno (forse) tra qualche anno. Di qui la necessità di allearsi, per reggere l’urto di questa e delle mille altre trasformazioni in corso.

FCA-Peugeot, il partner che serve per l’elettrico

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Carlos Tavares guida il Gruppo Psa (Peugeot-Citroen-Opel-DS) da 5 anni, dopo espereize in Renault e Nissan.

Diciamolo subito: FCA-Fiat Chrysler sull’elettrico è in ritardo. Lo è anche sull’ultimo piano industriale firmato a giugno 2018 da Sergio Marchionne, che pure aveva esitato parecchio prima di imboccare questa strada. Il motivo adesso è evidente. Torino non voleva impegnare miliardi in piattaforme e modelli che presto sarebbero diventati doppioni di quel che avrebbe trovato nel partner che stava cercando. Ci ha provato con Renault, trovando però dall’altra parte un azionista, lo Stato francese, che poneva una condizione ben precisa: essere lui a comandare. E ci riprova ora con PSA (Peugeot-Citroen-DS-Opel), un gruppo di cui  pure è azionista il governo di Parigi, ma con una presa meno forte rispetto alla Renault. Governo che ci penserà bene prima di far saltare anche queste nozze FCA-Peugeot. Nel comunicato ufficiale messo in rete giovedì 31 ottobre dai due partner, questo è il passaggio relativo all’elettrico:In un settore in rapida evoluzione, con nuove sfide in termini di mobilità connessa, elettrificata, condivisa e autonoma, la società risultante dalla fusione farà leva sulla sua forza nella ricerca e sviluppo e sul suo ecosistema globale per accelerare l’innovazione e affrontare queste sfide con agilità ed efficienza negli investimenti“.

FCA-Peugeot, il complicato addio al diesel

Il primo problema per tutti i costruttori, come si diceva, è l’addio al diesel, che comporta complicate riconversioni produttive e il taglio di molti posti di lavoro. Anche in Italia. Una puntuale fotografia della situazione l’ha scattata Il Sole 24 Ore, parlando non solo dei problemi di FCA, ma di 240 imprese e 25 mila lavoratori a rischio: “Nella fabbrica Fiat Chrysler di Pratola Serra nel primo semestre del 2019 sono stati prodotti 150mila motori diesel, il 30% in meno rispetto al 2018” scrive il quotidiano economico. Un crollo per arginare il quale allo stabilimento campano è stata assegnata la produzione di una nuova gamma di diesel Euro6D per il Ducato. Ammesso che basti.

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La crisi del diesel sembra irreversibile e mette a rischio migliaia di posti di lavoro.

Ma la crisi è arrivata anche all’indotto. Il Sole segnala per esempio l’addio della Mahle, con la chiusura dei due stabilimenti in Piemonte specializzati nella produzione di pistoni per motori diesel. Il pericolo ora è che, con un’eventuale fusione, siano gli stabilimenti italiani i più colpiti dall’addio a questa tecnologia. Addio che per le auto di FCA, peraltro, era già previsto per fine 2021. Il motivo? Il governo francese è molto più attento ed efficace nell’imporre le proprie condizioni e tutelare i suoi lavoratori. Il nostro troppo impegnato nel fronteggiare un’eterna instabilità, rincorrendo un voto dopo l’altro. Salvo poi aprire dolenti tavoli di crisi quando i buoi sono già scappati. “E’ un’operazione di mercato. Stiamo osservando quello che accade. Credo che in questo momento sia corretto non rilasciare dichiarazioni su questo tema“. Così il ministro per lo Sviluppo economico, Stefano Patuanelli.

Le sinergie sull’elettrico, dalla 500 alla Maserati: il polo dell’elettrico a Mirafiori

E poi c’è l’elettrico, che è quello che interessa a noi più da vicino. I francesi, in questo, sono più avanti. Hanno fatto esperienza con le due macchinette prese dalla Mitsubishi, la C-Zero e la iOn, e con un giocattolone come le e-Mehari. E poi hanno sviluppato una vera piattaforma, propria con cui hanno lanciato prima la DS 3 Crossback E-Tense (clicca qui) e ora la Peugeot e-208 e la Opel Corsa-e. Su questa base tecnica, se l’accordo FCA-Peugeot andrà in porto, si potranno costruire nuovi modelli non solo per Fiat e Alfa, ma anche per la Jeep.

DS3 Corssback e-tense
La DS 3 Crossback e-Tense, una delle elettriche di nuova generazione del Gruppo Psa.

Allo stesso tempo, le marche francesi potranno giovarsi della piattaforma costruita per la 500 elettrica. E costruire le sostitute delle macchinette di cui sopra, ormai giunte a fine corsa. È probabile che l’azionista italiano candidi Mirafiori a base produttiva per le piccole auto elettriche del gruppo. Anche alla luce della recente decisione di creare nella grande fabbrica torinese un centro d’eccellenza per le batterie, con assemblaggio e ricerca. E po c’è il segmento delle auto di lusso, che arriva fino all’Alfa e alla Maserati e, per il francesi, alla DS. Per la marca modenese era già previsto il lancio di un modello elettrico in due declinazioni,Gran Turismo e Gran Cabrio. Anche questi da costruire a Mirafiori, ma con investimenti sempre rinviati in attesa del partner.

Maserati
La Maserati Gran Turismo elettrica finalmente dovrebbe vedere la luce, costruita a Mirafiori.

Ora che il partner c’è, tutto dovrebbe finalmente sbloccarsi. Spalmando gli investimenti su un gruppo di dimensioni enormi. FCA-Peugeot sarebbe il quarto al mondo per macchine veicoli, 8,7 milioni. In grado di fronteggiare anche sull’elettrico la forza d’urto messa in campo da Volkswagen Group, ora alleato anche con Ford.

Molto interesse, ancora pochi acquisti

Il problema ora, per tutti questi colossi, è capire con quanta rapidità la svolta verso l’elettrico diventerà un fenomeno di massa, non più di nicchia. L’ultimo rapporto di uno dei più accreditati centri di analisi, AlixPartners, segnala che il fenomeno è irreversibile. Ma anche che per ora l’interesse dei consumatori verso l’elettrico fatica a trasformarsi in scelte d’acquisto.

Fiat 500e
La nuova 500e uscirà l’anno prossima. La prima serie (foto) è stata venduta solo negli Usa.

Nel survey pubblicato il 9 ottobre sono stati intervistati 7.600 automobilisti in 7 grandi mercati. Risposta: il 50% è interessato all’elettrico e il 28% dice che la sua prossima auto sarà a batterie. Ma, numeri alla mano, la quota di mercato attuale è del 2,4% (in Italia siamo ancora sotto all’1%). I freni sono i soliti tre: prezzi alti, ansia da ricarica e rete di colonnine considerata ancora insufficiente. Quest’ultima, secondo l’Associazione continentale dei produttori di auto,, ACEA, conta attualmente su 144 mila punti di ricarica. Ma ne servirebbero addirittura venti volte tante, anche perché il 76% di queste colonnine è concentrato in quattro paesi: Olanda, Germania, Francia e Regno Unito. C’è poi un quarto aspetto, poco considerato ma secondo noi altrettanto importante: l‘offerta ancora limitata di modelli. Al momento sono poco più di una ventina (guarda il listino).

Cambia tutto anche per concessionari e officine

L’unica cosa certa è che siamo nel pieno di una rivoluzione, che non colpisce solo i grandi gruppi e le fabbriche. Il Global Automotive Outlook di AlixPartners conferma che la rivoluzione dell’auto elettrica avrà un forte impatto anche sui concessionari e sulle officine di riparazione. Dovranno affrontare un calo fino al 20% dei ricavi e una riduzione del 20% del margine lordo. Il motivo? “Il 35% della manutenzione programmata per i veicoli odierni (con motori diesel o a benzina) scomparirà nel medio e lungo termine con la progressiva elettrificazione del parco circolante“. Al fine di mantenere la redditività, sottolinea lo studio, i concessionari dovranno esaminare criticamente la loro struttura dei costi attuali. E cercare nuove fonti di reddito. Oltre a vivere una fase di tagli e fusioni esattamente come i costruttori. Insomma, la morale per tutti è: chi guarda in faccia al futuro e cerca di cavalcarlo, potrà sopravvivere. Chi si ostinerà a guardare indietro verrà spazzato via. In Italia, purtroppo, è questo secondo lo sport il più praticato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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3 COMMENTI

  1. Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, FIAT, Jeep, Lancia, Maserati, Mopar, RAM, SRT, Peugeot, Citroën, DS, Opel e Vauxhall, mancano solo Simca e Talbot.

    Sembra una cantilena rap.

    Tanti brand, stessi componenti, l’illusione di immagini diverse, di caratteristiche distintive per reclutare, Alfisti, Jeepster Hipster, Lancisti, 500 Family, Peugeottisti, Citroënisti e così sia.

    Altro che piattaforme condivise.

    È il caos calmo.

    Stessi componenti per costruire vetture completamente diverse.

    Ma è possibile?

    Apparentemente, basta farlo credere.

    Ci crederanno?

    Forse si, forse no.

    Consumatori sempre meno illusi che aspettano l’avvento della rivoluzione elettrica e il prossimo calo del costo delle batterie che allineerà i prezzi.

    Poi cosa faranno?

    Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, FIAT, Jeep, Lancia, Maserati, Mopar, RAM, SRT, Peugeot, Citroën, DS, Opel, Vauxhall, Simca, Talbot o semplicemente Tesla?

    • se Tesla raggiungerà la massa critica di 1 milione di vetture vendute l’anno e trovasse le risorse per una segmento C da 25000 euro gli altri sono fottuti

      • Sono assolutamente d’accordo, manca per il mercato europeo la Tesla Model 1 da 30.000 euro, ma dubito che Tesla la riesca a realizzare a quel prezzo. L’avrebbe già fatta prima ancora della Model Y.

        Nell’immediato ritengo che PSA+FCA ne faranno delle belle, sia elettriche che ibride. Dai SUV, ai CUV e Crossover, fino alle Hot Hatch, sulla stessa multipiattaforma “multi-energia” EMP2 e EMP1.

        L’attuazione della strategia Push To Pass:
        Common Modular Platform (Piattaforma CMP) o EMP1 è disponibile con alimentazione termica o full elettrico BEV;
        Piattaforma modulare efficiente (EMP2) è disponibile con alimentazione termica o ibrida PHEV.
        EMP1 per 500, A112, Centoventi, Punto e Mito in versioni Crossover e Hot Hatch.
        EMP2 per il Tonale e la Compass hybrid.

        Rien ne va plus, les jeux sont faits.

        A lungo periodo, il risultato sarà un’unica piattaforma tecnologica elettrica, ovviamente predisposta per la guida autonoma.

        Le sinergie e le economie di scala sono possibili solo quando le aziende si alleano accomunate da una visione strategica e un obiettivo comuni.

        È evidente che sarà prima di tutto il design a diversificare i brand, poi le sensazioni di guida, l’handling e i diversi ronzii elettrici comunicati dal software attraverso l’hardware della vettura.

        Il risultato sarà un’unica piattaforma tecnologica elettrica, ovviamente predisposta per la guida autonoma.

        Le sinergie e le economie di scala sono possibili solo quando le aziende si alleano accomunate da una visione strategica e un obiettivo comuni. E qui ci siamo in pieno.

        È evidente che sarà prima di tutto il design esteriore a diversificare i brand, poi le sensazioni di guida e i diversi ronzii elettrici comunicati dal software attraverso l’hardware vettura.

        Per i molti che non vogliono aspettare e nell’incertezza di capire come si evolverà il mercato futuro dei mezzi e dei servizi di mobilità c’è una sola valida alternativa: non comprate più automobili.
        Decisione praticabile nelle città dove oltre ai mezzi pubblici si può ricorrere ai servizi di sharing mobility.

        Fuori città, per chi fa un uso medio (10-20 mila chilometri all’anno) conviene il noleggio a lungo termine: spendi a canone sicuro e decorsi gli anni del contratto l’auto la restituisci, qualsiasi sia il suo valore reale.

        In pratica: l’auto usa e getta.

        Ragion per cui, sarà ricercato anche un servizio di mobilità personale indipendente dalle imposizioni d’uso di un noleggio a lungo termine.
        Un servizio on demand: sfiori l’icona di una app ed ecco arrivare un veicolo a guida totalmente autonoma e 100% elettrico progettato per il trasporto di persone nel massimo comfort, secondo un nuovo concetto di viabilità e trasporto interattivi, gestiti globalmente.
        Ti sprofondi su un comodo divano con poggiapiedi e poggiatesta mentre un sistema di guida totalmente autonoma di livello 5 che utilizza telecamere, sensori laser di tipo LIDAR e potenti computer ti porterà in tutta sicurezza da un punto all’altro della città, nel più breve tempo possibile, evitando ingorghi e incolonnamenti. Anche se Steve Wozniak, pare non abbia molta fiducia nella guida autonoma di livello 5 a breve.

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