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Motor Valley e transizione elettrica: cambiare per non morire

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transizione elettrica
La Lamborghini Terzo Millennio

La culla del 12 clilindri si prepara alla transizione elettrica. Sapendo che deve cambiare per non morire.

A rischio 3,7 miliardi e 6.100 posti

Un terzo dell’industria italiana dell’automotive e della componentistica auto si concentra nelle tre province di Bologna, Modena e Ferrara. E’ l’area di riferimento della seconda associazione territoriale di Confindustria dopo Assolombarda:  Confindustria Emilia. E’ un “giacimento industriale” che vale 16 miliardi di fatturato annuo (oltre il 10% del pil regionale) e poco meno di 24 mila posti di lavoro. Ma la rivoluzione elettrica rischia di desertificarlo.

transizione elettricaIl 43% delle produzioni attuali, infatti, sparirà del tutto con il passaggio alla mobilità elettrica e un altro 25% dovrà profondamente cambiare nel passaggio dalle motorizzazioni endotermiche a quelle a batteria. Una transizione subìta e non gestita potrebbe costare alla Motor Valley emiliana la perdita di 3,7 miliardi di ricavi e di 6.100 occupati.  L’imperativo, dunque, è cambiare per sopravvivere. O addirittura per cavalcarla e quindi crescere (le potenzialità di sviluppo sono stimate in 2,5 miliardi di fatturato aggiuntivo e 3.700 nuovi occupati al 2030). Ma come?

Confindustria Emilia gioca d’anticipo

Valter Caiumi

Il presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi vuole  giocare d’anticipo. Dal prossimo 15 settembre, a cadenza settimanale, convocherà tutte le 161 aziende dei 19 cluster produttivi, in focus group dedicati alla transizione. Per questo imponente progetto di formazione Caiumi ha voluto al suo fianco Porsche Consulting, la società che sta pilotando la conversione elettrica del Gruppo Volkswagen. «Vogliamo stimolare il territori ad approfondire un tematica che non ci deve spaventare _ dice Caiumi _. La conversione è alla nostra portata, quindi è un’opportunità».

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Il primo passo di un progetto che non ha precedenti in Italia è già stato compiuto. E’ una studio di oltre 150 pagine che fotografa lo stato dell’arte presente e futuro. E indica, produzione per produzione, componente per componente, lo scenario che si determinerà fra dieci o vent’anni. Oggi la filiera della Motor Valley emiliana è fragile, sbilanciata com’è sui veicoli leggeri termici e relativa componentistica. Nel 2030 rappresenteranno solo il 50% del mercato europeo. Tuttavia è presente anche nei veicoli pesanti, in quelli da lavoro e nei servizi, che impatteranno di meno con la transizione elettrica.

Le occasioni della Nuova Mobilità

Presentando il documento  Giulio Busoni, partner di Porsche Consulting, preferisce  parlare di “Nuova Mobilità”, anzichè di semplice transizione elettrica. Siamo di fronte infatti a una rivluzione a più facce, che non riguarda solo il prodotto veicolo, ma ogni modalità di spostamento e l’insieme dei servizi di mobilità. Una puntualizzazione importante poichè a tante produzioni legate al veicolo in sè, che inevitabilmente cesseranno d’esistere (si pensi alla meccanica dei motori, alle trasmissioni, ai cambi) ne corrisponderanno altre del tutto nuove (connettività, analisi dei big data, servizi di mobilità integrata e  condivisa). In gran parte legate alla mobilità urbana sostenibile, un realtà in fortissima espansione.

Ciò fa dire all’assessore allo Sviluppo della Regione Emilia-Romanga Vincenzo Colla (leggi anche) che «non ha più senso parlare di filiere dell’automotive, ma dovremo ragionare in termi  di piattaforme della mobilità». Rispetto alle  quali diventa cruciale, secondo Caiumi e Busoni, il ruolo della Pubblica amministrazione nel creare le infrastrutture e le competenze.

Bonfiglioli: “Siamo a un giro di boa”

«Non sarà una correzione di rotta, ma un giro di boa» incalza Sonia Bonfiglioli, bandiera della meccanica emiliana con il suo Bonfiglioli Group, sollecitando i colleghi imprenditori ad accelerare la transizione elettrica. «Non c’è più tempo _ aggiunge _: smettiamo di ragionare sul mondo che si chiude e prepariamoci ad entrare in quello che si apre». C’è già entrata in pieno Reflexallen, gruppo modenese con 14 stabilimenti nel mondo, che produce sistemi di trasferimento di energia elettrica, pneumatica e idraulica per l’automotive. «Fornivamo prodotti, oggi forniamo consulenza, progettiamo e realizziamo sistemi integrati» racconta il fondatore Renzo Gibellini. E aggiunge: «Ci siamo svincolati dalla filiera. Ora siamo parte di un network trasversale che comprende ogni tipo di trasferimento di energia per tutti i settori».

L’Ad di Lamborghini Stefano Domenicali

Domenicali: “E’ il tempo dell’integrazione”

Ma il numero uno di Lamborghini Stefano Domenicali, presidente della filiera automotive di Confindustria Emilia,  frena: «Il processo di elettrificazione è complesso e non avverrà dall’oggi al domani. Quindi nell’industria dell’automotive elettrico e termico conviveranno ancora a lungo. Per le aziende della filiera sarà fondamentale l’integrazione flessibile fra le due tecnologie».

LEGGI ANCHE: FCA entra in MOTU-E: la filiera elettrica italiana vede quotas 100 miliardi

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9 COMMENTI

  1. Io la vedo diversamente. Io credo che con l’elettrico non potranno reggere a lungo le barriere che separano i mercati con la scusa delle diverse omologazioni (a meno che la politica non si mette di traverso) perché un’auto elettrica in Cina è la stessa in Italia (a differenza delle auto a benzina: ricordate Tom Cruise in rain man con le 4 Lamborghini che non riesce ad omologare negli USA?).

    Cosa significa questo: che grazie all’elettrico si potrà avere una produzione davvero globale, si produce in modo sempre più automatizzato in Cina e si spedisce nel resto del mondo e anche pagando dazi e iva i prezzi crolleranno. E’ quello che è successo con i cellulari dove i vari ZTE, Xiaomi, Huawei, Realme si sono sostituiti ai produttori occidentali. Parentesi: lo Xiaomi Mi 10 Ultra è costruito in una fabbrica completamente automatizzata, cosa che non è riuscita ad Apple che pure c’ha investito tanto.

    Questo obbligherà i big ad inseguire le new entry sul fronte prezzi, con ricarichi che non potranno essere eccessivi. E se non adotteranno uno spirito da start-up (tradotto: capacità e velocità di innovazione) finiranno per fare la fine di Nokia e Motorola ovvero diventare un lontano ricordo.

    L’elettrico è così il grimaldello ideale per scardinare il sistema feudale che ci impedisce di approviggionarci sui mercati che vogliamo, acquistando quello che ci pare ed è una rivoluzione molto più grande di quella green a cui tutti guardano. Si andrà verso un mercato globale e universale con infiniti vantaggi: non solo la già citata riduzione dei prezzi (o meglio: un eccezionale rapporto prezzo/contenuti) ma anche un ventaglio più ampio di offerte, coprendo quelle nicchie che oggi in molti paesi non sono neanche coperte.

    Io vedo in Xiaopeng (Xpeng) solo la punta dell’iceberg di un mondo nuovo che finalmente spazzerà via i costi esorbitanti a cui siamo abituati oggi per avere un’auto decente.

  2. Questa è la dimostrazione che il futuro è a Modena, al Maserati Lab dove è esposta la monoscocca modulare carbon fiber della MC20 con un assale posteriore bimotore a flusso assiale a 800 volt e i due inverters Silicon Carbide integrati, terzo motore sull’assale anteriore per avere la massima aderenza su ogni fondo stradale.

    Uno spettacolo tecnologico di essenzialità e compattezza. Ovviamente c’è lo zampino di Dallara insieme a Davide Danesin.

    Velocità di ricarica a 300 kW per ricaricare la MC20 Folgore all’80% in 20 minuti o s3 preferite 5 minuti per 130 km di autonomia.

    Batteria centrale posteriore dove adesso c’è il V6 Nettuno Mahle da 80 o 100 kWh da 450 kg.

    La Folgore integrale sconvolge i collaudatori, al momento si fionda nello 0-100 km/h in 2,8 sec. e i 320 km/h in un lampo, anzi in una folgore. Poi si vedrà.

    Debutto previsto tra due anni.

    E adesso? Chi mai acquisterà la MC20 Nettuno dopo aver visto la MC20 Folgore?

  3. ho particolarmente apprezzato l’esempio di quando piantare un albero. Ma ricordo che proprio una ventina e più anni fa la Toyota tentò di mettere una fabbrica per la Yaris in Italia e noi l’abbiamo liquidata con un no, grazie. La fabbrica fu aperta in Francia. Qualche anno prima a Chieti se non erro non consentimmo di montare le moto giapponesi, mettendo dazi sui pezzi importati. Oggi dinnanzi al nostro vistoso declino invitiamo con veemenza il ns. ministro degli esteri a prendere la valigetta 24 ore e far visita in America alla Tesla, in Corea del Sud, in Giappone, in Germania per portare fabbriche in Italia. Rammento che quasi tutti i marchi inglesi sono stati venduti ma le fabbriche sono rimaste come in Svezia. In Spagna ci sono (credo) 8 marchi di auto e 12/13 fabbriche. Come mai noi che eravamo i migliori meccanici d’Europa siamo ridotti al lumicino con le fabbriche di auto???

    • Ad Atessa (Chieti) Honda ha il più grande stabilimento produttivo d’Europa. Oggi l’Italia è il secondo produttore automotive d’Europa dopo la Germania. Non siamo affatto al lumicino, come dice lei. Il problema è evitare di arrivarci quando auto e moto non saranno più quelle di oggi, ma saranno elettriche. Continuare a dire “piove governo ladro” non è una gran soluzione. Confindustria Emilia l’ha capito.

  4. Temo che sia già troppo tardi per pensare di trasformare l’autotrazione alimentata da combustibili fossili in elettrica. È mancato il coraggio di investire sul nuovo che inesorabilmente sarebbe arrivato. Si doveva puntare su macchine agricole, macchine per servizi come raccolta rifiuti e giardinaggio, ecc ecc. Abbiamo un cattivo esempio di Fiat che ha rimpinguato gli azionisti ed ora è alla ricerca di chi se la compra. Ma pare che questo non sia servito a comprendere cosa ci riserva l’immediato futuro.

    • Tutto molto vero, quello che dici, comunque mi piace sempre ricordare questo “pensiero”..

      “Quando è il momento migliore per piantare un albero? vent’anni fa, che oggi ne raccoglieremmo i frutti e riposeremmo all’ombra.. ehh, però nisba..
      Quale è il SECONDO momento migliore? OGGI”

      La morale è: Inutile piangere sul latte versato, qui si tratta di cominciare a correre.. prima che sia “ancora piùù” tardi..

      Rimane ottima l’idea di fare “esperienza” seria sulla conversione della filiera delle macchine da lavoro alla tecnologia elettrica!

  5. Molto interessante questo articolo, vivendo io al centro di Bologna, Modena e Ferrara e lavorando come tecnico! 🙂

    Siamo proprio al giro di boa, come dice Bonfiglioli.. sembra che ne siano diventati non solo consapevoli ma anche “alfieri”! il cambiamento non si subisce ma si adotta.. sperem!

    Mi(vi) domando se questo studio di 150 pagine è “pubblico” perché già la sintesi è “dirompente”, magari ci sono anche tanti altri indizi/opportunità da esplorare! 🙂

    • Grazie Andrea. Lo studio è a disposizione degli associati a Confindustria Emilia e servirà da “testo” per i prossimi focus group. Tuttavia abbiamo chiesto a Porsche Consulting di poterlo consultare e speriamo presto di poterne dar conto.

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