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Quando il doping è nella bici/2 I furbetti

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TORNA A: Quando il doping è nella bici

Campioni senza gloria

Quei campioni colti sul fatto: la storia di Hesjedal, i sospetti su Cancellara. Ma anche i cicloamatori pescati con le mani nella “marmellata elettrica”

Nonostante le presunte inadempienze dell’Uci, casi di doping meccanico conclamato ci sono stati. L’ultimo in ordine cronologico riguarda una gara per cicloamatori a Bedizzole in provincia di Brescia alla fine di luglio. In palio, scandisce la locandina che pubblicizza l’evento, ci sono il «trofeo Bar Sport più un cesto alimentare», eppure Alessandro Andreoli, 53 anni, imprenditore di Rovato, tesserato per la Tookens-Bettoni, squadra amatoriale di Costa Volpino, aveva installato nella sua bici l’Argon 18, il fantomatico motorino. La bici in questione è canadese, ha un prezzo che può superare i 4mila euro a seconda del modello. il Gallium Pro, ad esempio, è quello scelto per questa stagione da Fabio Aru e dall’Astana. Ma auspicabilmente non “motorizzato”.

Una spia tele-termica
A scovare la truffa del cinquantenne bresciano è stata una telecamera termica e non il tablet di cui abbiamo parlato, anche perché in gare come queste l’Uci non c’entra. L’altro caso di doping meccanico è invece particolarmente pesante per l’organismo internazionale. Risale al 30 gennaio 2016 quando, ai Mondiali di ciclocross di Zolder in Belgio, la diciannovenne ciclista belga Femke Van Den Driessche è stata trovata in possesso di una bici effettivamente dotata di un vero e proprio motore elettrico. Femke Van Den Driessche diventa così la prima ciclista a subire una condanna per il nuovo illecito di frode tecnologica ed è stata squalificata per sei anni.

Le furbate di Cancellara
Su YouTube esistono diversi video che secondo alcuni provano l’uso di biciclette truccate. Già nel 2010 fece molto discutere un video che mostrava delle improvvise accelerazioni in alcune corse del ciclista svizzero Fabian Cancellara, ma anche in quel caso non c’erano abbastanza elementi per dire se era Cancellara a essere particolarmente forte o se era la sua bicicletta a essere truccata.

Cosa combini, Ryder?
Un altro momento che ha lasciato molti interdetti riguarda il ciclista canadese Ryder Hesjedal, vincitore del Giro 2012. Siamo alla settima tappa della Vuelta 2014, Hesjedal cade in una curva a sinistra, scivola per qualche metro sul fianco sinistro con il pedale destro agganciato. Poi, quando è praticamente fermo, si sgancia e appena la ruota posteriore tocca terra la bici riprende repentinamente velocità. Compie un giro di 180° con la leva del freno sinistro a terra che fa da perno, quello che i motociclisti chiamano “burnout”, bloccato dall’impatto contro la moto di un cameraman che gli passa sopra mentre il canadese cerca goffamente di riacciuffare la sua bici.

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