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Posso guidarla un’elettrica? 5 cose da sapere prima

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Posso guidarla un’elettrica? Dopo le prime due puntate (dedicate a sfatare i soliti pregiudizi e ai motivi per scegliere un’auto a batterie), prosegue la serie dedicata ai principianti dell’elettrico. Con una domandi che tanti si pongono.

Diciamo che sono arrivato al punto di considerare un’auto elettrica come potenziale prossima auto. Perché la desidero green e ne ho provata una e mi piace. Perché ho capito che potrebbe addirittura farmi risparmiare del denaro… o per qualsiasi altro motivo. È consigliabile che a questo punto io capisca se posso davvero fare questa scelta. Devo capire se garantirebbe i benefici sperati, senza compromessi insostenibili nell’utilizzo o nei costi di gestione. Perché l’elettrica non è adatta a chiunque, almeno oggi.

Posso guidarla solo se certe condizioni sono rispettate

1. Disponibilità di un posteggio riservato (con wall-box) a casa e/o al lavoro

Ad oggi la cosa più sensata è sfruttare per la ricarica i momenti in cui l’auto sarebbe comunque parcheggiata. E non pensare di portare l’auto fino alla colonnina (nemmeno a quelle fast)i come se si trattasse di una pompa di benzina. Certo, in alcuni casi potrebbe essere fattibile gestire l’auto elettrica come fosse un’auto benzina o diesel. Ma questo ci costringerebbe a un comportamento di certo innaturale. Immaginiamo di possedere una Skoda Citigo elettrica, di usarla solo in città. Immaginiamo di necessitare di una ricarica ogni circa dieci giorni, di non disporre di una wallbox a casa e di aver programmato di recarci alla più vicina stazione fast per ricaricare.

Dovremmo tenere a mente questo appuntamento fisso monitorando in continuazione lo stato di carica della batteria. Sperando di trovare lo stallo sempre libero o prepararci ad attendere il nostro turno oltre poi al tempo necessario per la ricarica. Anche nel caso di colonnine Fast e di non voler caricare fino all’80%, dovremmo  programmare una sosta di almeno 10 o 15 minuti per rendere sensato il tutto. Conciliando questi tempi con quelli della nostra quotidianità. Finiremmo probabilmente per pentirci della nostra scelta, e per confessare a noi stessi che l’auto elettrica non è così cool come pensavamo. Ma forse non considereremmo che si tratta di una forzatura e che l’auto non è stata progettata per essere utilizzata in questo modo.

Posso guidarla solo se…mi so un minimo programmare

2. Bisogna usare i tempi in cui l’auto è posteggiata

I momenti in cui l’auto è posteggiata che consentono il ripristino di un’autonomia sufficiente alla copertura delle nostre esigenze giornaliere. Senza che l’attesa del completamento della ricarica influenzi le nostre abitudini di mobilità. Ovvero: il rifornimento effettuato mentre l’auto sarebbe in ogni caso posteggiata deve coprire tutte le nostre esigenze di spostamenti. È l’auto che aspetta noi. Non siamo noi a dover aspettare l’auto (se non nei casi di spostamenti a lungo raggio, dei quali parleremo in uno dei prossimi appuntamenti). Posso davvero cambiare questa mia abitudine?

Posso guidarla se familiarizzo con kW e kWh

3. La batteria è il serbatoio, ma parla un’altra lingua

Quello che nelle auto a benzina o a gasolio è il serbatoio, è concettualmente rappresentato nell’auto elettrica dalla batteria. E se la capacità del serbatoio la esprimiamo in litri, quella della batteria si esprime in kWh. Attenzione alla lettera “h” dopo kW. Se c’è la lettera h, stiamo appunto parlando della quantità di energia,  esprimendo quanti kWh possono essere stoccati o sono stoccati in questo momento nella batteria. Se invece parliamo di kW (senza “h”) stiamo parlando di potenza. Ad esempio utilizziamo i kW per capire quanta potenza ha la colonnina in cui ricarichiamo.

Qualche calcolo semplice (non come nella lavagna…)

posso guidarla

Se nelle auto diesel o benzina il consumo si esprime in litri/ 100 km, il consumo nella auto elettriche si esprime in kWh/100 km. Se ad esempio la nostra auto elettrica dispone di una batteria da 64 kWh e consuma in media 14 kWh/100 km, questo significa che con una carica completa, sarà possibile percorrere:

  • 64 diviso 14 uguale 4,57
  • 4,57 per 100 uguale:
  • 457 km di autonomia

Se nelle auto diesel o benzina il tempo di rifornimento è assolutamente trascurabile e nessuno ne parla, nelle auto elettriche è determinante conoscerlo. Per calcolare questo tempo è necessario innanzitutto distinguere tra ricarica in corrente alternata e in corrente continua. La prima (AC in sigla) è quella che è possibile effettuare con la wall-box casalinga o presso le colonnine pubbliche Type 2). La seconda (DC in sigla) è quella che è possibile effettuare presso le colonnine pubbliche dotate di Fastcharge.

Posso guidarla? I colli di bottiglia sono anche nell’auto…

4. La velocità di ricarica non dipende solo dalla colonnina

Nelle ricariche in AC, la massima potenza (e velocità di riempimento della batteria) non è determinata solo dalla potenza di erogazione della wallbox o della colonnina. Ma anche da quanto l’auto è in grado di ricevere. La tua macchina, infatti, trasforma a bordo la corrente alternata che arriva dalla rete in corrente continua, che va a caricare la batteria dell’auto. Se colleghiamo un’auto in grado di ricevere un massimo di 11 kW di potenza a una colonnina Type 2 che ne eroga 22, la nostra auto si ricaricherà comunque a 11 kW di potenza. Mentre se colleghiamo la stessa auto a una wall-box privata che eroga un massimo di 3,7 kW, l’auto si ricaricherà ovviamente a questa potenza. Meglio saperlo prima, per capire se posso guidarla un’elettrica.

…e questo vale anche per le colonnine super-rapide

posso guidarla
Le nuove colonnine Ionity, le HPC, fino a 350 kW di potenza

Quando invece colleghiamo l’auto a una colonnina Fastcharge (lo standard più diffuso in questo caso è il CCS) la colonnina fornisce già corrente continua. Che va quindi direttamente alla batteria dell’auto. Anche in questo caso però vanno tenute presenti le relative potenze di erogazione e possibile ricezione. La maggior parte delle colonnine Fast attualmente presenti in Italia erogano 50 kW di potenza. Solo pochi impianti sono in grado di raggiungere fino a 350 KW di potenza. Fino a poco tempo fa’ 50 kW era la potenza massima accettata dalla maggior parte dei veicoli elettrici. Oggi non sono rare auto che possono ricaricare in corrente continua alla potenza di 100, 125 o anche 150 kW e oltre. Per stimare i tempi necessari a ricaricare i kWh per le nostre percorrenze, sarà quindi sufficiente, perlomeno per la ricarica in corrente alternata, dividere i kWh per la potenza di ricarica. In realtà la curva di ricarica non è propriamente lineare. Lo vedremo quando parleremo dei viaggi a lunga percorrenza e delle ricariche fast, dove questo è ancora più evidente.  Ma, con buona approssimazione possiamo dire che questo calcolo ci da un’indicazione abbastanza precisa di ciò che è possibile fare.

Facciamo un esempio: se faccio 100 km al giorno…

posso guidarla

5. Quanto ore mi servono per ricaricare a casa

La nostra auto “dichiara” una batteria da 31,5 kWh, ma attenzione: verifichiamo la capacità realmente fruibile e non la totale. Molti costruttori bloccano la ricarica massima e lo stato di ricarica minima a una certa percentuale via software. Questo per evitare il caricamento e lo scaricamento totale della batteria, che nel lungo termine ne determina un deterioramento. Quindi esiste una capacità lorda e una capacità netta. Noi dobbiamo considerare la netta. Poniamo che  l’auto accetti ricariche in corrente alternata di massimo 7,4 kW di potenza. E che io ho la possibilità di ricaricare a casa a una potenza di 3,7 kW. Quindi, se la mia auto ha un consumo medio in autostrada di 18 kWh/100 km e per andare al lavoro devo percorrere 100 km di autostrada, il mio consumo sarà di 18 kWh. La domanda che mi devo porre è: nel tempo in cui l’auto è parcheggiata sotto casa in carica),  riesco a garantirmi giornalmente un tempo sufficiente per caricare 18 kWh?

  • 18 kWh diviso 3,7 kW
  • Uguale 4,86 ore

Significa che, se non voglio avere problemi, dovrò garantirmi che l’auto sia sempre parcheggiata a casa e in carica per almeno 5 ore. Questo se considero il caso peggiore, cioè quello in cui l’auto sia completamente scarica quando la allaccio.

Considerazione finale: certe cose o le impari strada facendo o…

Questa valutazione, il tempo di ricarica domestica, è forse la più importante per capire se posso guidarla un’elettrica. Mi consente di comprendere se dovrò scendere a compromessi nell’utilizzo dell’auto e se posso davvero fare questo salto. Potrebbe anche essere che io decida comunque di fare questa scelta, anche se dovrò affrontare dei compromessi. Ma è importante che io ne sia consapevole prima di effettuarla. Come degli altri 4 punti indicati sopra. Ma saperlo prima significa risparmiare tempo, denaro e, soprattutto, arrabbiature.

— Leggi anche: Comprare un’auto elettrica? 10 cose da sapere. — E qui: Maddi goes electric”, la serie di Fully Charged  per principianti.

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22 COMMENTI

    • Anche io appoggio il pensiero di Alessandro ed Emanuele, un’altra cosa che non ho mai sopportato e sopporto ancora meno oggi è l’uso dei CV, che poi non ho capito se le auto inglesi o americane usino gli HP. Purtroppo ho studiato elettrotecnica e lavoro nel capo elettrico quindi, mi è estremamente semplice capire l’ordine di grandezza, ad esempio di 100 kW, meno dell’equivalente in CV o HP. E poi è ora di finirla di esprimere la potenza del motore di un’auto elettrica (sarebbe un sogno anche per le restanti ma facciamo un passo alla volta) in CV tanto mento quello della batteria di servizio in Ah. il SI dice W e Wh, e sia, usiamo quelli, chi non comprende si adeguerà.

  1. Assolutamente Emanuele! Grazie ancora per il suo contributo.
    A me comunque piace pensare che una percentuale ben più elevata del 28% comprenda ciò che scriviamo. Se così non fosse, vi invito a farlo presente e cercheremo di porre rimedio.
    Grazie per l’attenzione.

  2. Tuttavia, Emanuele, sono piuttosto convinto che il refuso, al quale era comunque corretto porre rimedio (e la ringrazio nuovamente per averlo notificato) non avrebbe comunque dato adito a malintesi tra i lettori. Scrivendo KW invece che kW, non sarebbero mai stati scambiati kW per gradi kelvin (K), vista la diversa abbreviazione e visto che di tutt’altro argomento si tratta qui.

    • Sono convinto anche io, ma non mi fa piacere. Purtroppo alcuni studi dicono che il lettore italiano sembrerebbe molto “sciatto”: 28 su 100 (47 su 100 in studi più vecchi) non capirebbero veramente quello che leggono. Mi verrebbe da dire, figuriamoci se distinguono le maiuscole dalle minuscole.

      Si, il contesto aiuta, ma abbiate pietà di quelli che rilevano le differenze. Grazie! Soprattutto sul web, “paolo mariano” potrebbe essere accettabile, ma immagino non le faccia piacere vederlo, come non farebbe piacere a me. Eppure si capisce benissimo che mi riferisco a lei.

  3. Emanuele, il motivo per il quale spiego la differenza tra kW e kWh e non tra W e Wh, è che la capacità del pacco batteria di un’auto elettrica si trova espressa in kWh e non in Wh e la potenza del motore elettrico in kW, e non in W.

    • Immaginavo e sono d’accordo con la scelta. È lo stesso motivo per cui sui powerbank scrivono la capacità in mAh, benché da anni le capacità abbiano ampiamente superato 1 Ah (1000 mAh).

  4. Chiedo scusa per l’imprecisione.
    Si tratta di un semplice refuso.
    Farò certamente più attenzione in futuro.

    • Segnaláto, in passato, più volte l’errore marchiano, in commento a vari articoli, ma pare che VaiElettrico.it non riesca a fare pace con il Sistema internazionale di unità di misura.

      Però capisco l’esclamazione: qui Paolo Mariano ha raggiunto l’apoteosi, perché, nel meritorio tentativo di spiegare la differenza tra kW e kWh (ma perché non tra W e Wh?), parla di kelvin (K), lasciando il dubbio che non sospetti neppure di una correlazione tra kilo-grammo, kilo-metro, kilo-watt, kilo-hertz, … o che subodori che ci sia dietro qualche misterioso complotto. 🙂

      A difesa di Paolo, va però detto che quasi certamente in casa non ha termometri con la scala in kelvin e quindi K deve sembragli “praticamente uguale” a k. Persino alcuni produttori o commercianti di batterie, che uno suppone dovrebbero sapere di che cosa parlano, scrivono spesso, ad esempio, “12v 100ah”, oppure “12V 100AH” (entrambe sbagliate).

      Per finire, anche sugli smartphone, tablet e power bank più costosi, quante volte vediamo scritto “2800mAh”, o “5000mAh”, che uno studente delle medie non scriverebbe in un compito di scienze, per prendere un brutto voto.

      • Non ho mai capito perché per indicare la “capienza energetica” dei piccoli dispositivi, utilizzino il mAh (che non è un’unità di misura dell’energia) anziché il comodissimo e correttissimo Wh. Fose perché danno per scontato i 3.7 V delle batterie? E’ comunque una complicazione che costringe a fare almeno una moltiplicazione.

        • Si, sottintendono 3.7 V, che è la tipica tensione nominale delle cella a ioni di litio presente dell’apparcchio. Si tratta solitamente di celle in formato 18650 (quelle dei laptop, delle e-bike e delle Tesla Model S e X), nei powerbank massicci, oppure “pouch”, in quelli più sottili.

          Tuttavia mi è capitato una volta di assistere a una spiegazione in cui una persona conosceva perfettamente la formula, ma era stata fuorviata dall’indicazione sull’uscita del powerbank “5 V 1 A”, ottenendo così valori di capacità molto maggiori di quelli reali (usando cioè 5 anziché 3.7 nella moltiplicazione).

          Me lo sono chiesto anche io, ma penso il motivo dell’inerzia sia prettamente commerciale, proprio come il fatto che i “2800mAh”, o “5000mAh”, non vengano scritti rispettivamente “2.8 Ah”, o “5 Ah”. Spiazzerebbero gli acquirenti che sono abituati a ragionare in modo lineare: più il numero è grande, più è “potente” (intendendo “capiente”). Quello che segue è “irrilevante” per l’utente occasionale.

          Credo sia lo stesso motivo per cui Paolo Mariano usa kW e kWh per spiegare la differenza tra i due, anziché usare le unità di misura senza moltiplicatori. Sulla bolletta, sul depliant dell’auto ci sono scritti “kW qualcosa” e a quelli è necessario fare riferimento in un articolo meritoriamente divulgativo come questo.

          • Capisco la correzione sulla k minuscola/maiuscola, però quella sui mAh è del tutto inutile e gratuita.
            Anche nei medicinali si usano i mg … pure quando arrivano a mille (ad es. Paracetamolo 1000 mg).
            Non vedo l’errore nello scrivere 1000 mAh così come mi sembra corretto scrivere 10 mm invece di 1 cm.

          • Infatti parlavamo di batterie, non di medicinali.

            Il personale medico, data la quantità di sostanza in gioco nel trattamento dei pazienti, è abituato ad avere come riferimento il mg e, per evitare errori dovuti alle eventuali moltiplicazioni (tipo quella citata da Faber, per altro aspetto, mentre qui sarebbe solo di scala), le scatole e le boccette indicano 1000 mg, 1000 ml per indicare rispettivamente 1 grammo e un litro. Ma qui non c’entra il SI, bensì l’ergonomia, la valutazione del rischio (che il personale medico, preso dall’urgenza, scambi un numero per un altro).

            Non vede – Carlo – l’errore nello scrivere 1000 mAh anziché 1 Ah, perché non c’è errore. Il SI mette a disposizione i moltiplicatori per facilitare la rappresentazione corretta e compatta dei valori e delle loro unità di misura. Se altri motivi, più o meno nobili, sconsigliano la “compattazione” usando o omettendo il moltiplicatore, nessuno lo vieta.

            Nel caso dei medicinali, il motivo è nobile: evitare che, se il medico dice all’infermiere di dare 1000 mg al paziente della sostanza X, l’infermiere prenda mille confezioni da 1 g, perché non si è accorto che manca il moltiplicatore m=1/1000. Qui siamo nel campo della leggibilità dell’informazione, dell’usabilità, dell’ergonomia.

            Nel caso delle batterie, apra il cofano della sua automobile e provi a guardare l’etichetta della batteria di servizio. Ci sarà scritto qualcosa come “12 V 40 Ah”, oppure “12 V 100 Ah”. Perché non scrivono “12 V 40 000 mAh”, oppure “12 V 100 000 mAh”? Sugli smartphone, table e i powerbank, tutto e cominciato con pochi mAh e poi si è continuato usando quella scala. Non è vietato usarla, ma, se uno appena prende dimestichezza con elettricità, energia e batterie si rende conto che si tratta di motivi di puro marketing: l’utente ignaro, o inesperto guarda il puro numero quando deve decidere che cosa comperare, non l’unità di misura o la sua scala. Quindi si continua con quello.

            Però evidentemente si fa un disservizio all’utente, perché, se non è in grado autonomamente di capire che 5 Ah sono 5000 mAh, tantomeno sarà capace di collegare la capacità, in termini di energia del suo bellissimo smartphone, con quella della batteria di servizio dell’auto, con la capacità della batteria della BED del suo amico, o del PowerWall2 nella casa di montagna di suo zio.

            D’altronde, le aziende devono vendere i powerbank, non educarci e renderci più consapevoli.

            In ogni caso, Carlo, domani proverò ad andare dal salumiere e gli chiederò 300 000 mg di prosciutto cotto.

          • Ma vede, come dice lei, i motivi sono storici e non “truffaldini”.
            Veniamo storicamente da capacità energetiche piccole e ancora molte batterie di dispositivi portatili e/o indossabili si differenziano per pochi mAh per cui non vedo nulla di strano nell’utilizzare (ad esempio in un iPhone) 2652 mAh invece di 2,652 Ah.

            La batteria della macchina non ha bisogno di queste finezze di risoluzione quindi va benissimo 40 Ah.

            Se poi lei pensa che un utente medio non capisca che 1000 mAh sono 1 Ah allora forse lo stesso utente non capisce neanche che 100 cm sono 1 metro o che 1000 mg sono un grammo… ma qui si va sull’analfabetismo funzionale serio e spero non sia così diffuso. Almeno me lo auguro.

          • Il mio “truffaldini” era in senso culturale, linguistico, analogamente al cenno ai “cavalli vapore” di Marco P. in altro commento a questo articolo.

            In Italia, ad esempio, chiamiamo “bollo” la tassa di possesso dei veicoli. Se chiedo a una persona a caso “che cosa paga” con il bollo, dice “il bollo dell’auto”… C’è chiaramente un motivo storico nel nome “bollo”, ma è evidentemente a monte c’è una mancanza dello Stato italiano nel correggere la descrizione, la rappresentazione popolare di quella tassa.

            Analogamente per i CV, gli HP, i mAh. Come dice lei, non fanno male a nessuno, non danno noia a nessuno, come l’inerzia purtroppo.

        • Faber, ho omesso di precisare che l’indicazione della capacità come voltaggio (V) più ampere-ora (Ah), anziché del più pratico (per noi utenti finali) watt-ora (Wh) è perché la capacità delle batterie dipende dalla corrente di carica/scarica e con quella scrittura ci si riferisce alla carica/scarica cosiddetta “1C”, ovvero se una batteria ha una capacità (massima) di “x Ah”, sarà completamente scarica se genera una corrente di intensità “x A” per 1 ora. La ricerca è volta nella direzione di garantire “capacità simili” a correnti marcatamente diverse (2x, 3x, …).

          Se controlli il documento di specifica del produttore di una cella a ioni di litio (almeno di quelli seri che pubblicano tale documento), vedrai che di solito sono indicati anche i limiti di carica/scarica in termini o di corrente o di “C” (C-rate). Ne ho sotto occhio uno di una cella LFP da 3.2 V 700 Ah (vedi link), dove il produttore dichiara che la massima corrente di scarica è 7000 A, cioè 10C, quella massima di carica è 2100 A, cioè 3C, mentre quella ideale per entrambe le operazioni è 350 A, cioè C/2.

          Un motivo per cui le EV, fino ad ora, non hanno potuto ricaricare a correnti elevatissime, o “andare a tavoletta”, ossia scaricare a correnti elevatissime le batterie è proprio questo. Le correnti massime di carica e scarica infatti possono essere usate solo per 4-5 secondi (“burst”) senza danneggiare la cella. Le limitazioni di carica vengono imposte in fase di progetto del caricatore di bordo, mentre quelle di scarica vengono garantite dal firmware che controlla gli inverter che alimentano il motore.

      • Comunque ero ben consapevole che non è sbagliato scrivere 1000 mAh … era proprio quello il senso del mio intervento.
        È lei, poco sopra, ad aver scritto che uno studente delle medie prenderebbe un brutto voto.
        Io non credo, soprattutto se la risoluzione richiesta dovesse scendere alle unità o alle decine di mAh.
        Per cui, ripeto, capisco che i gradi Kelvin moltiplicati per i Watt possano generare un “mostro energetico”, ma i mAh non danno noia a nessuno.

        • Nel caso della precisione, mi trova completamente d’accordo.

          È quel “non danno noia a nessuno” che mi lascia perplesso, ma saranno gusti personali. 🙂

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