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Allarme rinnovabili, l’Italia avanza al passo del gambero

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Il Politecnico di Milano lancia l’allarme: la crescita delle rinnovabili si è arrestata e l’Italia, andando avanti così, non riuscirà a centrare gli obietti fissati per il 2030 nemmeno utilizzando i fondi del Recovery Plan. E’, in sintesi, quello che sostiene il rapporto redatto dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano  presentato oggi.

Siamo il fanalino di coda in Europa

A livello globale il mercato delle rinnovabili è in grandissima espansione, con una crescita che non si è arrestata nemmeno con il Covid: l’Europa ha “festeggiato” nel 2020 lo sfondamento di quota 650 GW di potenza complessivamente installata, con il fotovoltaico e l’eolico che hanno superato la soglia rispettivamente dei 160 e 200 GW in poco più di un decennio.

La marcia verso la completa decarbonizzazione, che l’Europa si è posta come obiettivo per il 2050, è dunque avviata e sta catalizzando l’interesse del mondo industriale e finanziario.

Purtroppo, lo stesso non si può dire dell’Italia, che ha mostrato nel decennio una capacità di crescita decisamente inferiore a quanto fatto registrare dall’Europa, con uno stallo che è cominciato già nel 2018 e quindi ben prima della pandemia. Stando ai risultati del settimo Rapporto sulle energie rinnovabili in Italia di Energy&Strategy,  la nuova potenza da rinnovabili installata nel nostro Paese nel 2020 è stata di 784 MW, il 35,4% in meno (427 MW) rispetto al 2019, a causa soprattutto del calo dei nuovi impianti eolici, precipitati del 79% dai 413 MW del 2019 agli appena 85 MW del 2020.

Impianti eolici, il nuovo va a picco

Lo scorso anno è stato ancora il fotovoltaico a guidare la classifica delle installazioni con 625 MW. L’idroelettrico si è fermato a 66 MW e le biomasse a 8 MW.

Davide Chiaroni

I 5,9 miliardi che il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza mette a disposizione del comparto delle rinnovabili, nell’orizzonte 2021-2026, potranno fare la differenza? «No – risponde deciso Davide Chiaroni, Vicedirettore dell’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano – se non si parte dall’assunto che la transizione ecologica è frutto di una precisa scelta politica legata alla necessità non più derogabile di mitigare l’effetto dannoso sul clima delle emissioni di gas, e non si disegna un percorso politico di concreto sviluppo, sfruttando al massimo l’enorme potenziale impiantistico, industriale e commerciale che abbiamo costruito in oltre un decennio. È da un mix integrato e coerente di provvedimenti normativi, così come da un mix integrato e coerente (per taglia e fonte) di impianti da rinnovabili, nuovi e ammodernati, che dipende il futuro del comparto in Italia».

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Allarme rinnovabili, non è colpa del Covid

Dunque siamo in pieno allarme rinnovabili. Continua Chiaroni: «Nello stallo delle rinnovabili un ruolo importante l’ha giocato il Covid19, con l’impossibilità per diversi mesi di procedere nelle attività sul campo e l’oggettivo clima di incertezza economica, ma non possiamo attribuire alla pandemia tutte le responsabilità: il calo del mercato nel nostro Paese è stato più forte che altrove, dimostrando le fragilità del sistema».

Con il Renewable Energy Report 2021 Chiaroni ritiene che si possano indagare le ragioni profonde della crisi e trarne ispirazione per la ripartenza.

E  anche vedere qualche segnale positivo. Per esempio la forte crescita, nonostante tutto, delle tecnologie associate alle rinnovabili. La presenza di investimenti importanti «ha permesso lo sviluppo di soluzioni più competitive sotto il profilo dei costi, in grado di abilitare mercati ‘solo’ di rinnovabili».

Eppur migliorano costi e tecnologia

Nel medio periodo si prevede di raggiungere un livello di costo dei moduli fotovoltaici inferiore a 20 cent/W. E nello stesso tempo un incremento nell’efficienza fino al 22,5%. Questo vale anche per gli impianti già esistenti, che con interventi di revamping  permetterebbero di aumentare la produzione del 50-70%.

Altri elementi, viceversa, rinforzano l’allarme sull’installazione delle rinnovabili nel nstro Paese. Continuiamo infatti a registrare dati in controtendenza rispetto al resto d’Europa, nell’ andamento delle aste per i grandi impianti.

Negli eolici e fotovoltaici, in particolare,  si assiste a un calo “drammatico” nel coefficiente di saturazione del contingente messo a disposizione. Il coefficiente è crollato infatti dal 100% del primo bando (2019) al 24% del quarto bando conclusosi da poco. Il risultato, poco lusinghiero, è di aver aumentato, anziché ridurli,  i prezzi medi di assegnazione, penalizzando le installazioni di grande taglia.

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Questi i numeri dell’allarme sulle rinnovabili

Due nodi: autorizzazioni e uso del suolo

Seondo il Rapporto sono due i “nodi” del contesto italiano, connessi al quadro normativo e regolatorio. Si tratta delle difficoltà di ottenimento del titolo autorizzativo, e  della necessità di occupazione di suolo. Quest’ultima fortemente limitata in alcune Regioni da regolamenti che impediscono l’utilizzo dei terreni a uso agricolo. Per centrare l’obiettivo target PNIEC di +30,6 GW con i soli impianti di grande taglia a terra, sarebbero necessari circa 460 km2. Si trtata di meno dello 0,5% delle aree agricole utilizzate o meno del 4% di quelle non utilizzate.

Tante richieste, pochi i via libera

Quanto alle richieste di Autorizzazione Unica sono cresciute notevolmente, da meno di 100 MW nel 2016 a circa 7,9 GW nel 2020 per l’eolico e 13 GW per il fotovoltaico. Tuttavia, le effettive installazioni sono state molte meno, perché il forte incremento delle domande non si è tradotto in un aumento del tasso di rilascio. Lo scorso anno hanno superato a malapena i 500 MW. Oltre a rallentare lo sviluppo del mercato, questo andamento delle autorizzazioni ha un impatto di costo non trascurabile. Le lungaggini autorizzative spingono ad avere meno impianti concorrenti nelle aste, e porta con sé difficoltà di pianificazione, valutazione e monitoraggio.

Nel corso dell’ultimo anno sono stati introdotti alcuni provvedimenti. Dalla semplificazione dell’iter per l’ammodernamento di impianti esistenti alla possibilità di accesso ai meccanismi di incentivazione del Decreto FER 1. Dall’introduzione delle Energy Community nel quadro normativo nazionale all’istituzione del nuovo Ministero della Transizione ecologica. Tuttavia la strada intrapresa non è abbastanza coraggiosa, sostiene il Rapporto.

Il Pnrr non basterà: ci vuole più coraggio

Il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza mette a disposizione del comparto delle rinnovabili, nel quinquennio 2021-2026, 5,9 miliardi di euro.  I fondi sono così suddivisi: 1,1 miliardi per lo sviluppo agro-voltaico, 2,2 per la promozione di rinnovabili per le Comunità energetiche e l’autoconsumo, 0,68 per la promozione di impianti innovativi e 1,92 per lo sviluppo del biometano.

Sono sufficienti queste risorse a far rientrare l’allarme per le rinnovabili? Se si dovesse procedere con l’attuale tasso di installazione, assolutamente no. Prendendo come riferimento i nuovi impianti di fotovoltaico ed eolico dell’ultimo triennio si raggiungerebbe al 2030 un parco installato di circa 41,7 GW (27,5 GW di fotovoltaico e 14,2 GW di eolico). Salirebbero a 43,2 GW – appena il 61% dell’obiettivo PNIEC – con l’entrata in esercizio degli impianti che hanno partecipato con successo alle aste del Decreto FER-1. L’effetto di rallentamento della pandemia c’è stato ma è quantificabile in poco più di 1,5 GW di potenza installata al 2030, dunque non determinante.

Il quadro dunque non è molto confortante, soprattutto se si considera che per l’obiettivo di completa decarbonizzazione sarebbe necessario per l’Italia soddisfare un fabbisogno di 650 TWh. La generazione rinnovabile dovrebbe salire al 95-100%, soprattutto fotovoltaico (circa 200 GW) ed eolico (circa 50 GW).

LEGGI ANCHE: Terna guarda al 2025: Ecco i conti dell’Italia Green

Allarme rinnovabili: nuove regole e sostegni

Per avvicinarsi agli obiettivi PNIEC è necessario dunque mirare a uno “scenario auspicabile” che prevede innanzitutto lo sblocco del tema autorizzativo. In secondo luogo sono indispensabili misure di sostegno come  il prolungamento di meccanismi di supporto in continuità con quelli previsti dal FER 1. In terzo luogo vanno introdotti obiettivi suddivisi tra le Regioni, coerenti con gli obiettivi nazionali e l’avanzamento delle sperimentazioni sull’apertura del Mercato dei servizi di dispacciamento.

Il sistema elettrico, così. risulterà decisamente diverso da quello attuale. Ma cambierà gradualmente in trent’anni, conclude il Rapporto, dando modo ai diversi attori coinvolti di adeguarvisi progressivamente.

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10 COMMENTI

  1. vabbé i forum sono pieni di pro-nucleare
    e idrogeno ionizzati ..

    Cipputi che monta semplicemente ,campi fotovoltaici lungo autostrade e ferrovie è malvisto qui da noi ..

  2. Ho chiesto pure per aderire al superbonus, ma avendo la mio immobile due unità abitative (entrambe di mia proprietà) è escluso.

    Ho chiesto per quali motivi all’agenzia delle entrate e ad un tecnico ma nessuno mi ha saputo rispondere.

  3. E siamo pure uno dei paesi europei con maggior irraggiamento solare.

    Ma anche quello con il maggior numero di politici, imprenditori e “scienziati” clientelari.

      • io sono notav in val di susa ,
        ma contenporaneamente si tap

        sono no ponte , o meglio , in una lista di opere infrastrutturali da fare URGENTEMENTE entro 30 anni il ponte sullo stretto sta negli ultimi posti dei prossimi 100

        questo paese ha perso il senso del rapporto COSTO/EFFICACIA

        le opere faraoniche hanno sottratto capitali immensi alla opere NECESSARIE

        a cominciare dalle rinnovabili e le soprattutto telecomunicazioni , che con il risparmio energetico centrano parecchio ,smartworking e videoconfereze in primis
        soprattutto queste ultime , hanno mostrato l’arretratezza del paese durante la pandemia

        io faccio l’informatico
        vedo ancora aziende con centinaia di dipendenti , prive di fibra e senza copertura 3g
        a ROMA !

        • Appunto: si può essere sì qualcosa e no qualcos’altro se i giudizi si basano su conoscenza dei problemi e razionalità. Questa è anche la conidzione per discuterne e a cambiar pure opinione. Le ossessioni e il partito preso sono tutt’altro atteggiamento; purtroppo molto diffuso in Italia.

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