Home Aziende A2A investe nel fotovoltaico in Veneto

A2A investe nel fotovoltaico in Veneto

7
Un impianto fotovoltaico di Juwi, a Viterbo Grotte (foto dal sito di Juwi).

A2A investe nel fotovoltaico, acquistando le autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio di due impianti a Boara Pisani (Padova) e Porto Viro (Rovigo).

Renato Mazzoncini, n.1 di A2A.

A2A investe nel fotovoltaico: due impianti da 25 GWh annui

Continuano ad arrivare buone notizie sul fronte dell’energia pulita. Terna pochi giorni fa ha annunciato che in giugno c’è stato un significativo sorpasso: “La richiesta di energia elettrica è stata soddisfatta per il 43,0% dalla produzione da Fonti Energetiche Non Rinnovabili, per il 44,3% da Fonti Energetiche Rinnovabili“. E ora un grande player come A2A annuncia l’ennesimo investimento nel “solare”. firmando un accordo per l’acquisto da parte di A2A Rinnovabili del 100% di Juwi Development 12 e di Juwi Development 13. Queste due società hanno ottenuto le autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio dei due impianti solari nel Padovano e nel Polesine. Gli impianti avranno una capacità installata pari a circa 17,5 MWp e produrranno oltre 25 GWh annui in grado di soddisfare il fabbisogno di energia elettrica di circa 9.000 famiglie. L’operazione è in linea con il piano industriale di A2A, che prevede investimenti per 11 miliardi di euro al 2030 per la transizione energetica.

a2a investe nel fotovoltaicoL’ad Mazzoncini: “Potenziale enorme, 5 volte la capacità installata odierna”

Juwi è uno dei principali player nel settore delle rinnovabili e ad oggi ha implementato oltre 1.200 impianti eolici e circa 1.850 fotovoltaici. Grazie alla realizzazione di queste nuove infrastrutture, sarà possibile ridurre il consumo di gas naturale di circa 5 milioni di metri cubi all’anno. Ed evitare l’emissione in atmosfera di 10.500 tonnellate di CO2. “L’Italia è il 23esimo Paese europeo nell’indice di autonomia energetica ma è il secondo per disponibilità di fonti rinnovabili”, spiega Renato Mazzoncini, ad di A2A. “Acqua, sole, vento e rifiuti possono consentirci di triplicare il nostro livello di indipendenza dall’approvvigionamento estero. Il potenziale di sviluppo è di circa 105 GW addizionali legati solo al fotovoltaico, quasi 5 volte la capacità installata odierna. La transizione energetica è una strada obbligata. Non solo per gli effetti evidenti del climate change, ma per lo sviluppo sostenibile del Paese, su cui A2A investe con convinzione“.

Leggi anche / Rinnovabili a palla e “net zero” più vicino. Già finita l’era del petrolio?

 

Webinar
Apri commenti

7 COMMENTI

    • ci sono rifiuti e rifiuti

      bruciare la plastica riciclabile è FOLLE , equivale a bruciare idrocarburi
      bruciare sterpaglie ,cippato fatto con potature è un’altra storia

      imho ,il motore a scoppio , avrà ancora un suo ruolo come coogeneratore
      anzi , il biogas ,prodotto con :
      i liquami delle fogne,
      rifiuti dell’umido urbano ,
      scarti dell’industria alimentare ,
      scarti degli allevamenti ,
      scarti dell’agricoltura

      potrebbe essere una delle fonti green che aiuterà il fotovoltaico nei mesi peggiori
      si potrebbe accubulare biometano d’estate per consumarlo d’inverno

      my 2 cent di ammirazzione per l’Ingegner Mario Palazzetti inventore del TOTEM

    • Io la ho capita così:

      – per centrare gli obiettivi climatici dovremo velocemente ridurre le emissioni di circa 80%,
      per riportarci ai livelli del 1950, poi si può discutere su quanto andare oltre (90%, etc);
      questo dovrebbe limitare il riscaldamento climatico a meno di +2° (oggi siamo a circa +1.1°)

      – si dice che dobbiamo andare a emissioni 0, ma è una semplificazione mediatica ed è anche un po’ ansiogena, più difficile da realizzare, mentre arrivare a -80% (ma anche -90%) ci si arriva più facilmente senza bisogno di fare troppe capriole carpiate, e i piani previsti ora vannò bene

      – quindi si può tenere nel mix energetico una piccola quota di combustibili da “bruciare”, con relativa emissione di Co2, almeno come situazione transitoria nei prossimi 20-30 anni;
      l’importante è scendere il più possibile (-80% ) velocemente ( i prossimi 20 anni)

      Questa quota di combustibili, essendo energia disponibile e comando e velocemente modulabile in potenza, tornano utili per bilanciare in modo economico (senza dover per esempio triplicare i sistemi di accumulo, che pure saranno presenti) eventuali momenti durante l’anno in cui il mix delle rinnovabili avesse una intermittenza che non copre i consumi istantanei

      Cioè si può immaginare un mix (numeri a spanne, solo per capirsi):

      – 80 % rinnovabili
      – 5-10% accumuli stagionali / giornalieri (quota crescente poi negli anni)
      – 10-15% metano/altri carburanti (quota poi decrescente negli anni)

      A parte l’idrogeno, una fonte fossile “banale” che emette relativamente poco CO2 in combustine a parità di kwh generato sarebbe il metano, specie se bruciato in centrali a ciclio combinato ad alta efficenza (60-63%) e se con cogenerazione di calore (sino a 80-85%); probabilmente nei prossimi 20-30 anni terremo una piccola quota di metano

      Però anche il metano prodotto da scarti come dice Nello, e volendo anche bruciare direttamente alcuni tipi di rifiuti (vegetali o altro) in centrali termiche (rendimento nella generazione elettrica 47-50%)

      Anche i cogeneratori sono un’opzione (come i derivati del TOTEM), hai un motore termico che brucia carburanti per produrre elettricità, con efficenza magari 30% , ma magari recupera un altro 40% dal calore di scarto, usabile per riscaldare

      Poi in prospettiva, questi carburanti utilizzabili come sistemi di accumulo/back-up nel mix energetico, potrebbero essere un po’ alla volta sostituiti da hidrogeno/ammoniaca/metano ottenuti per sintesi chimica da acqua e Co2 catturata dall’atmosfera (volendo puoi arrivare a sintetizzare anche e-fuels, magari utili per il settore degli aerei a lunghe tratte, non elettrificabili) usando un eccesso di energia rinnovabile (es fotovoltaica in estate), quando esisterà la relativa filiera; è un processo poco efficente a livello energetico stocare energia sotto forma per es. di idrogeno (ricavato da aqua di mare dissalata), ma se hai un esubero di energia elettrica si può fare

      Un ‘altrapossibità, quando ci sarà esubero di energie rinnovabili, potrebbe essere il fare cattura di Co2 dall’atmosfera (o dagli scarichi delle centrali termiceh residue) su scala industriale, per provare a invertire il processo del cambiamento climatico

      • Con la riforestazione sa fa cattura di CO2. Amazzonia e Africa sono immensi polmoni da ripristinare e potenzialre.

      • Senza contare che il Biometano non bruciato
        è peggio della CO2 come gas serra ,
        quindi va recuperato e usato

        c’è stato un dossier della trasmissione Report o Presadiretta non ricordo ,
        che denunciava quando le perdite di metano nella rete di distribuzione , fosse inquinante

        io auspico chei coogeneratori , con teleriscaldamento
        accanto agli impianti del trattamento dell’umido urbano
        o della depurazione fogne

        oltre alla diffusione capilare dei coogeneratori a biogas, già presenti presso allevatori e agricoltori ,
        manca all’appello l’industria alimentare , di cui non sono a conoscenza di impianti di recupero degli scarti delle lavorazioni

      • Riposto i dati da infografiche ” emissioni Co2 sole24ore ”
        (qui sotto: dati riferiti al totale mondiale)

        Emissioni Co2 annue – attività tecnologiche umane

        + 38.000 G.tonn.Co2 nel 2022 ( nel 2024 picco 39.000, poi decrescita )
        + 24.000 G.tonn Co2 nel 2000 ( già eccessive )
        + 6.000 G.tonn.Co2 nel 1950 ( -> soglia a cui tornare )
        + 1.950 G.tonn Co2 nel 1900 ( ininfluenti )
        + 190 G.tonn Co2 nel 1950 ( ininfluenti )
        + 32 G.tonn Co2 nel 1800 ( ininfluenti )

        Assorbimento Co2 annue – contributi foreste e terreni agricoli

        – 3.800 G.tonn.Co2 annue

        e’ un assorbimento netto dovuto alla somma di:

        + 4.000 deforestazione ( margine per migliorare )
        + 900 terreni agricolo tradiz. se ampliati per conversione a biologico
        + 700 incendi
        – 8.300 assorbimento da terreni forestali ( margine se riforestiamo )
        – 1.100 assorbimento da altro

  1. Interessante
    non sapevo che una società con capitali potesse accorciare i tempi di “realizzazione” degli impianti comprando altre società più piccole che si erano già smazzate gli anni necessari in italia per avere le autorizzioni

    non so se ho capito correttamente..ma ricorda un po’ il bagarinaggio dei biglietti dei concerti.. ma se mette una pezza al nostro sistema “lento”, per non far scappare troppi investitori, ben venga anche questo

    ” 105 GW di potenziale fotovoltaico” mi sembra una stima un po’ conservativa, ci sono scenari per italia con più del doppio di questa, sfruttando minime porzioni di aree dismesse, industriali, agricole non utilizzate, coperture, etc..dell’ordine del 0,6-1% del territorio totale

    fotovoltaico comuqnue è da integrare con altre rinovabili

    tra cui.. per bilanciare il picco diurno del fotovoltaico e ridurre ulteriormente la generazione di corrente da centrali termiche, servirebbe anche una robusta quota di eolico offshore (produce circa costante sulle 24 ore, anche di notte, e con buona intensità).. che pare stia iniziando a muoversi anche da noi (ma sempre con calma diciamo).. vedremo

    – eolico l’off-shore su piloni appoggiati sui fondali (profondità sino a 60m) è già tecnologia matura ed economica, nel mare del nord europa li stanno installando più veloci che ombrelloni in spiaggia (produce corrente a circa 60e al Mwh, cioè 6 centesimi a Kwh)
    (e scende ogni anno; in Cina sono già riusciti ad arrivare a 23e al Mwh, 2,3 centesimi al kwh )

    – l’eolico “floating”, cioè su piattaforme galleggianti (profondità fondale oltre 60m) invece si sta sviluppano a livello commerciale proprio ora; al momento costicchia (un parco floating previsto in Sicilia è stato contrattato a 185e al MWh) ma dovrebbe scendere velocemente di costo standardizzando e producendo in serie le piattaforme galleggianti, uno studio europeo stima che possa arrivare a 60e al Mwh; tra l’altro, sarebbe lavoro per rilanciare la cantieristica navale

    – eolico a terra, se ho capito bene è limitato come potenzialità in italia (non moltissimi i siti molto ventosi e/o non in conflitto paesaggistico); all’opposto in Germania l’eolico anche a terra, non solo in mare, ci puntano molto, hanno fatto una legge che riserva il 2% del territorio a installare pale eoliche

Rispondi