Home Scenari Più rinnovabili e voli sostenibili: va in porto “Fit for 55”

Più rinnovabili e voli sostenibili: va in porto “Fit for 55”

23
fit for 55

Il Consiglio europeo ha dato il definitivo via libera agli ultimi due capitoli del pacchetto “Fit for 55”. Si tratta delle Direttiva energie rinnovabili (RED)  e di quella per la decarbonizzazione del trasporto aereo ReFuelEU. Arriva al traguardo così uno dei pilastri fondamentali del Green Deal Europeo lanciato a fine 2019 dal Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Per ogni tipo di trasporto, una traiettoria “net zero”

fit for 55

Nella versione approvata ieri dai 27, la direttiva RED alza di due punti e mezzo l’obiettivo inziale, portando dal 42,5 al 45% la quota di energia da fonti rinnovabili da raggiungere entro il 2030.

Bruxelles calcola che l’insieme dei provvedimenti del pacchetto “Fit for 55”, di cui fa parte anche il bando alle auto termiche nel 2035, ridurrà le emissioni di CO2 del Vecchio Contienente del 57% già a fine decennio. Con step successivi al 2040 e 2050 si raggiungerà a metà secolo la cosiddetta “neutralità del carbonio“. Vale a dire il saldo zero fra nuova CO2 prodotta e CO2 assorbita dall’ecosistema terrestre.

«L’UE ha ora obiettivi climatici giuridicamente vincolanti che coprono tutti i settori chiave dell’economia» si legge in un comunicato  della Commissione Ue.

Per von der Leyen è un messaggio ai partner globali

Il pacchetto di misure approvato definitivamente ieri xarà la base del documento che l’Europa porterà alla Cop28 di Dubai, in dicembre, dove tutti i Paesi dovranno presentarsi con una piano di decarbonizzazione e impegni precisi per rispettarlo.

compromesso 2035
La presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen.

Ursula von der Leyen: “E’ un messaggio ai nostri partner globali: la transizione si può fare”

«L’Europa sta mantenendo le sue promesse _ ha commentato la von der Leyen _. Questo è un segnale importante per l’Europa e per i nostri partner globali che la transizione verde è possibile».

Guarda il VIDEO Quanto ci costerà salvare il Pianeta? I conti di Carlo Cottarelli

Ma sulle Case Green anche l’Italia punta i piedi

Resta invece accidentato il percorso della Direttiva Ue Case Green per l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati.

Fallito la settimana scorsa un primo tentativo di trovare un accordo fra Commissione, Parlamento e Consiglio, il cosiddetto trilogo riprenderà il 12 ottobre con formula no stop.

Il tema più delicato riguarda i modi e i tempi obbligatori entro i quali ogni Paese dovrà ristrutturare il patrimonio edilizio privato e integrare obbligatoriamente in ogni edificio sistemi di produzione di energia solare. Le scadenze indicate sono il 2030 per rientrare in classe E e 2033 in classe D. da decidere anche come quesri interventi saranno incentivati.

Come per stop alle auto termiche, anche sulla Direttiva Case Green l’Italia è fra i Paesi più recalcitranti. Anche gli slogan sono praticamente gli stessi: «Provvedimento intriso di ideologia e fanatismo» lo definisce per esempio Confedilizia.

– Iscriviti  alla nostra newsletter e al nostro canale YouTube

.

Apri commenti

23 COMMENTI

  1. Posso chiedere se c’e’ una strategia per gestire meglio il mercato dell’energia, soprattutto da rinnovabili, visto che al momento sono strutturare per dare profitto certo a chi vi investe (vedo il mercato UK).

  2. Trovato l’accordo sarà un gran cosa la direttiva sulle case green.
    Perchè obbligherà i governi a sostenere le ristrutturazioni energetiche. I comuni mortali avranno l’enorme vantaggio si passare da una casa “normale” ad una con un comfort abitativo totalmente diverso e con BOLLETTE LEGGERE.

    Perchè non ci dimentichiamo che se per scaldare un appartamento di 100mq ci vogliono 1000 m3 di gas, poi li devi pagare quei 1000 m3 non te li regala nessuno.
    Quindi quelli contro mi dovrebbero spiegare se i soldi per le bollette crescono sugli alberi, a differenza di quelli per la ristrutturazione energetica.

    • L’idea ovviamente è sacrosanta.
      Il problema sono i costi e i tempi di realizzazione.
      Per quanto riguarda i primi primi, facendo uno sforzo decisamente importante, si potrebbe anche trovare una quadra. Non facile, ma non impossibile.
      Sui secondi, se davvero si parte dal presupposto di riqualificare milioni di immobili entro il 2030 o anche il 2033, come ho già detto più volte l’unico che potrebbe farcela si chiama Harry Potter.
      Ma non per cattiva volontà; per questioni di oggettiva impossibilità materiale.

      • Ciao Alessandro, sono d’accordo che è un’impresa titanica, specie se si continua a fare i lavori di riqualificazione in maniera artigianale.
        Se però si pensasse ad industrializzare le cose cambierebbero. Mi spiego. Per il cappotto invece di attaccare pannelli, intonacare e poi montare le finestre potrebbero essere predisposte pareti preventivate finite (compresi gli infissi) e poi montarle in loco. Non è fantascienza ma come hanno fatto in Olanda (se non erro) dove l’equivalente del nostro 110% è stato dato solo alle case delle famiglie meno ricche. Lì hanno predisposto delle fabbriche che costruivano le pareti (previo sopralluogo per avere le misure) e li montavano in una giornata. Costi dimezzati +/- e tempi ridotti all’osso.
        Tra parentesi tutto questo è stato possibile solo perché ci sono aziende italiane che hanno venduto i macchinari per costruire le pareti.
        Dove la casa dovrebbe essere demolita la cosa più veloce è adottare la stessa tecnica con pareti prefabbricate dice però sarebbe possibile aggiungere anche impiantistica elettrica, idraulica ecc…
        Insomma siamo pronti per questo salto? Oppure i soliti ignoti frenano perché per i loro finirebbe la pacchia con cui fare utili?
        È un po’ come il cambio ICE BEV. Cambia l’efficienza.

        • No stai propio parlando di fantascienza.
          Ma dove vivi? in italia non c’è un palazzo che sia uno uguale all’altro.
          Come fai a industrializzare (o fare un lavoro standard) per tutti?
          Demolire case? Magari abitate?
          Ma hai la minima idea di cosa significa riqualificare (per davvero) una struttura?
          Vai a farti una lettura dello standard casa clima e capirai che nella maggioranza dei casi non è possibile.
          Se poi quello che interessa è una riqualificazione solo sulla carta, solo a livello teorico, è un altra cosa…

          • Si parla di passaggio alle classi E e poi D in dieci anni. Il cappotto non è indispensabile: basta sostutuire le caldaia a gas con pompa di calore, sostituire gli infissi ed eliminare i ponti termici critici. Molti di questi interventi, in dieci anni, sarebbero comunque necessari. Dunque, non facciamoci su una tragedia per favore.

          • -Vabbè-

            Magari cari mio… magari… 🤷‍♂️
            Partendo da certe situazioni ti va bene se arrivi a vedere la C.
            Per esempio: e il tetto? 🙄
            E se sei in un condominio con riscaldamento autonomo e la pompa di calore è un disastro da mettere?
            Eccetera.
            Te l’ho detto: fidati, non è così automatico. È un vero rompicapo.
            Che non vuol dire che non si può fare.
            Ma con ogni probabilità bisognerà venire a patti con la realtà, e magari, fra le tante cose, accettare che per far andare tanti edifici più sù della E costa meno demolirli e rifarli da capo. Oppure farsene una ragione e per esempio arrivare alla realistica conclusione che una E è sempre e comunque meglio di una G.
            Mercoledì dovrei essere a pranzo con l’amico mio che fa le certificazioni energetiche… Magari provo a chiedergli qualcosina in merito all’ultima osservazione che mi hai fatto.

          • OK, sarebbe interessante capirci qualcosa (e spiegare qualcosa). Chiaro che la discriminante è il cappotto.

          • Confermo quel che dice Massimo, stiamo facendo i lavori a casa mia in questi mesi: sistema FTV + accumulo, sostituzione di tutti i serramenti, inbottitura del tetto, e due pompe di calore su impianto a radiatori classico (la casa ha originariamente due secoli di vita, ristrutturata l’ultima volta negli anni ’80 del secolo scorso).
            Calcoli del termotecnico: passeremo da classe G a classe C/B, accedendo quindi al Superbonus (90% e senza cessioni nel nostro caso). E il tutto senza il cappotto, per motivi di budget e logistici (muri da mezzo metro, tante soglie da rifare, e altro). Lo aggiungeremo forse in un secondo momento, magari quando le tecnologie come aerogel costeranno meno e ci eviteranno di mettere imballi da 20cm appiccicati ai muri.

            La pdc è termicamente più efficiente di una caldaia a gas anche a parità di casa. Perchè ad esempio non obbligare da ora in poi che ogni sostituzione di caldaia avvenga con una pdc, e non con l’equivalente inutile dell’auto ibrida che è la caldaia a condensazione? O fermare la vendita di nuove stufe a legna e pellet?

          • Interessante Luca. Qualche informazione in più: casa singola o condominio? Costo dei diversi interventi? Burocrazia da affrontare?

          • Niente informazioni su prezzi e costi, mi spiace.

            Posso fare alcune considerazioni aggiuntive:
            – paesaggistica: io tutto questo problema che leggo in altri commenti, qui e su diversi siti, onestamente non l’ho trovato. Il progetto ovviamente era già ben fatto prima di sottometterlo, anche grazie a riunioni preliminari con l’ufficio tecnico comunale. In un mese dalla sottomissione è stato approvato senza nessuna modifica richiesta. Magari siamo stati un caso fortunato noi?

            – nogas: abbiamo un termotecnico molto scrupoloso e preparato, ma abbiamo dovuto perdere un mese abbondante per convincerlo a non mettere una caldaia ibrida. Abbiamo sentito i soliti commenti come “eh ma quando farà tanto freddo? e ma però le bollette elettriche?” e via dicendo. Come le fake news sulle auto elettriche, perchè alla fine sono meri calcoli matematici, tante calorie servono per scaldare casa, tante ne devo produrre. Che lo si faccia col gas, l’elettricità, la legna, o altro, teoricamente poco importa. Ovviamente come committenti ci siamo imposti, e useremo due pdc ad alta temperatura, ma diversi progettisti fanno ancora fatica a staccarsi da convinzioni obsolete ma radicate.

            – preventivi: l’aspetto forse più piacevole della fine del 110. Invece di prendere il primo preventivo che capitava, tanto pagava tutto lo Stato, abbiamo chiesto 2, 3 anche 4 preventivi per le parti più importanti, potendo confrontare offerte sia dal punto di vista tecnico che economico. Un bel ritorno alla normalità in questo senso. E rispetto a offerte 110 che avevamo avuto due anni fa i prezzi sono quasi dimezzati.

        • Quello che dice non è così facile, specie su molti immobili italiani, ma non è nemmeno impossibile.

          Il problema è che il “mostro” è enorme da aggredire.
          Anche lavorando su scala industriale.

          Si calcola a grandissime linee che nel nostro paese ci sia un totale di soli immobili in classe G pari a 12 milioni circa.
          Una mostruosità.
          Chiaro che su quella cifra, le troviamo almeno 250.000 situazioni dove la sua idea “olandese” è applicabile.
          Quindi come vede un “perchè no” ci sta tutto.
          Il disastro è dato dalla quota restante.
          Ipotizziamo all’ingrosso (ma veramente all’ingrosso) che i 12 milioni di cui sopra possano essere ridotti a solo la metà a suon di deroghe.
          Che saranno “dolorosamente” necessarie, non foss’altro perchè molti immobili “storici” certe categorie energetiche non potrebbero raggiungerle senza snaturarli in maniera infattibile (e non mi dilungo su effetti e sui perchè).

          Rimane una platea di circa 6 milioni di immobili. Comunque mostruosa, materialmente ingestibile nel giro di così pochi anni.
          Per raffronto partiamo dal dato empirico: circola il dato che con il 110% si sia intervenuto su circa 370.000 immobili nel giro di un paio d’anni.
          La situazione a livello di materiali, manodopera e strumentazioni accessorie per quei 24 mesi è stata semplicemente critica.
          Non si trovavano più ponteggi, non si trovavano più imprese libere, non si trovava più niente.
          Che per l’amor del cielo, in sè non è un male, ma è indice del fatto che il “sistema” era arrivato diciamo a saturazione.

          Ora immaginiamo (sempre decisamente a spanne) che si voglia procedere, ci siano i soldi e la volontà politica. Va tutto bene, il cielo è blu e gli unicorni alati pascolano nei parchi.
          Partiamo per comodità di calcolo il 1/1/2024.
          L’idea è che per X anni l’edilizia si occupa prevalentemente di quello (cosa che però ridimensionerebbe non poco il “nuovo”) e che tutto possa filare a grandi linee liscio.

          Potremmo ipotizzare con un certo ottimismo che il comparto possa “processare” circa 200k abitazioni per i primi 3/5 anni, nel frattempo siamo ancora più ottimisti (ma siamo a livello delle favole, la avviso) e buttiamo sul piatto anche l’ipotesi che il settore sia in grado di aumentare le sue potenzialità (nuove assunzioni, maggior produzione di materiali, investimenti vari) e nel giro di 5 anni si possa raggiungere le 300k abitazioni anno.
          A quel punto difficile espandersi oltre (oggi parliamo già di circa 2.000.000 di occupati nel comparto, il rischio di “gonfiare” troppo il settore è sempre dietro l’angolo) e teniamo le 300k riqualigficazioni anno come andamento standard fino al 2033. Mi creda: tanta roba.

          Quindi ottimismo estremo manco stessimo giocando a Sim City “senza disastri”: 600k nei primi 3 anni (tutto 2024 fino a tutto il 2026) e 2.100.000 negli anni seguenti (da 1/1/2027 fino a 31/12/2033).

          Totale: 2.700.000.
          Arrotondiamo a 3 mijoni? Arrotondiamo a 3 mijoni e crepi l’avarizia.

          E siamo solamente alla metà dei 6 di cui sopra, che già erano la metà del tutto riferito solamente alla classe G.
          Ma anche le classi E/F richiederanno interventi.

          E tutto questo avendo ipotizzato uno scenario irrealistico, dove tutto va bene, tutto parte sotto i migliori auspici e procede a gonfie vele e senza intoppi.

          Inquadriamo meglio il problema adesso?
          Non è cattiva volontà o fare il “no green”. 😉
          E’ che davvero ci vuole Harry Potter se i tempi prospettati sono quelli.

          • Ti è sfuggito un particolare: entro il 2030 bisognerà portare gli edifici in classe E, entro il 2033 in classe D. Tu stai ragionando invece come se in sei anni tutti gli edifici dovessoro essere certificati casa clima.

          • Temo che tu abbia letto un po’ alla svelta (e ci sta anche…)

            -entro il 2030 bisognerà portare gli edifici in classe E, entro il 2033 in classe D.-

            Ok. Vero.
            Rimane che nessuno sano di mente apre un cantiere per passare da G a E e poi tre anni dopo ne apre un altro per passare da E a D.
            Se lo fai, fai tutto assieme.
            Il decalage tra E e D è pensato per gli edifici che già sono in classe E (quindi già meno “climalteranti”) a cui per passare alla D viene dato un po’ più di tempo.
            Se però parti dalla G, o uno è veramente scemo o i lavori li fa già per arrivare alla D.
            Ammesso (e non sempre concesso) che la cosa sia tecnicamente fattibile a costi minori rispetto a buttar giù la casa e rifarla, in ogni caso al netto della spesa si tratta in ogni caso di un intervento veramente importate che riguarda la totalità dell’edificio. Non bastano due pannelli e una pompa di calore. Ohimè.

            -Tu stai ragionando invece come se in sei anni tutti gli edifici dovessoro essere certificati casa clima.-

            No, mi spiace, io ho fatto un ragionamento ipotizzando che di qui al 2033 la metà delle case censite in G (quindi ipotizzando un enorme 50% di deroghe) facciano lavori per passare alla classe D.
            Un salto di tre classi per inciso, manco due come per il 110%.
            Il che, come più o meno dimostrato, sarà semplicemente impossibile nei tempi proposti.

            Te li ho già fatti i conti: lavorando alacremente e con serietà (il che non è scontato, anzi…) per avere in Italia una buona parte di edifici che da G passano a D ci vogliono l’un per l’altro 25 anni da quando si comincia. Banalmente perchè non basteranno le mani per farlo.
            E fidati ogni tanto. 😉

            C’è di buono che fin dal tempo dei romani si accetta che “Ad impossibilia nemo tenetur” e quindi prevedo una ricalibrazione di fronte alla realtà delle cose e sicuramente un robusto piano di incentivi.
            Altrimenti, non per cattiva volontà, ma la montagna partorirà un topolino.

          • Tu parli di cappotto, che è l’intervento più complesso, costoso e non sempre realizzabile. Ma è indispensabile il cappotto per arrivare in classe D? Non sono del settore, quindi sono qui a chiedere. Parto dai dati che avevo in testa e sono confermati da Enea: il 74% delle abitazioni italiane, cioè 11 milioni, apparterrebbero a classi energetiche inferiori alla D, nello specifico il 34% in G, 23,8% in F e 15,9% E. In base alla direttiva Ue “case green” gli edifici che dovranno essere ristrutturati in Italia entro il 2033 perché non rientranti nelle regole sono almeno due milioni.

          • Okay Alessandro,
            Faccio una domanda da uno che non è del settore.
            Visto che in ogni caso lo stato italiano sta finanziando le riqualificazioni energetiche e antisismiche (che in alcuni casi ha portato a demolizione e ricostruzione) sarebbe stato possibile imporre tecnologie prefabbricate per accedere ai finanziamenti in tutti questi palazzi non storici? Perché il lievitare dei prezzi è una semplice regola di mercato (poca manodopera e di materiali). Ad oggi l’edilizia italiana è quanto di più artigianale che esista (a meno di grandi opere) e come tale è molto costosa. Nulla da togliere agli artigiani, ma se ai nostri giorni le auto fossero state costruite dagli artigiani solo in pochissimi se lo sarebbero potuti permettere.

          • -imporre tecnologie prefabbricate per accedere ai finanziamenti in tutti questi palazzi non storici?-

            Entro certi limiti sì, peraltro un po’ stretti.
            Il problema è che le case non sono fatte “con lo stampino”, palazzi compresi.
            Ogni edificio è davvero una storia a sè.
            Già così come si fa, si è già cercato di arrivare ad un certo grado di “standardizzazione” degli interventi.

            Per assurdo sarebbe mille volte più facile standardizzare il tutto (efficientamenti compresi) in fase di costruzione.
            C’è un piccolo particolare non a tutti gradito: l’effetto finale sarebbe molto “germania est”, dove esiste un grosso partimonio immobiliare fatto da varianti più o meno spinte di cinque o sei “modelli base” replicati a piacere.

            Idea non stupida di per sè, dico sul serio.
            Davvero per molti versi lavorare inquel modo ha un suo senso.

            Ma poi, anche perdendo parecchio tempo per avere una resa estetica “non alienante”, veramente si arriva comunque ad estremi dove si hanno interi quartieri sostanzialmente identici da una città all’altra
            (il link di wikipedia alla voce Plattenbau, tipico “caso scuola” di quanto stiamo discutendo: https://it.wikipedia.org/wiki/Plattenbau)

            Non vedo tanti altri modi per portare la “scala indistriale” nel contesto dell’edilizia.

          • -Ma è indispensabile il cappotto per arrivare in classe D?-

            Se parti dalla G e vuoi arrivare alla D è praticamente obbligatorio.
            Che sia esterno o che sia interno (e anche qui sorgono altri problemi che ti risparmio, ma se vuoi ne parliamo)

            -non rientranti nelle regole sono almeno due milioni.-

            Per quello che sono le mie info, i quasi due milioni che citi sono i “peggio edifici” della classe G, quelli su cui bisognerà intervenire prioritariamente.
            Poi ci sono i G messi un po’ meglio (magari coi serramenti nuovi o recenti tanto per dire…)
            Poi ci sono tutti gli altri che riporti in percentuale.
            Purtroppo i numeri, come vedi, sono quelli.

          • Vabbè, allora se fai il cappotto, metti la pompa di calore, togli in gas e sostituisci tutti gli infissi vai dritto in classe A. Qualcosa non quadra.

      • Inutile scaldarsi. Tanto il prossimo anno ci sarà il ribaltone sia in UE che in USA. Non si partirà nemmeno.

        • Interessante come la destra riesca ad attirare a se quale parte di popolazione che più ha da perderci. Mi spiego, una destra liberare con un pizzico di socialismo (ovvero che guardi al benessere della popolazione limitando l’ingordigia verso il soldo) potrebbe migliorare le cose in Italia come lo potrebbe fare una sinistra con un pizzico di liberalismo.
          I due estremi hanno solo creato grandi danni. Con riduzione delle libertà, una società con un forte controllo sulle azioni dei singoli ed un arricchimento di una certa classe sociale (nei governi di dx) ed un’agiatezza sociale in quello di sx.
          Quindi se veramente si voterà questa destra è mia opinione che non farà bene all’Italia in primis visto che l’Europa può andare avanti da sola anche senza di noi.
          Comunque ognuno è libero di scegliere, però prima di farlo sarebbe bello che le persone ripassassero un po’ di storia (non solo quella recente) visto che è vero che la storia difficilmente si ripete ma è altrettanto vero che ci va vicino visto che i vizi degli uomini sono rimasti immutati nei secoli (ingordigia per il soldo, fanatismo religioso e ideali utopici).
          Per quello che mi riguarda il parlamento europeo ha fatto delle scelte che condivido, visto che l’obiettivo è il benessere della maggioranza. Ora però occorre trovare la quadra e questo potrebbe essere fatto mettendo obblighi per chi soldi ne ha a sufficienza e contributi per chi non ne ha).
          Poi per chi è di dx il mercato liberarle troverà un equilibrio. In ogni caso IVA non superiore al 10% per la maggioranza e al 4% per chi è più povero o esenzione totale potrebbe aiutare. Considerare le spese di ristrutturazione con materiali NON di lusso detraibile al 100% in 10/20 anni (senza cessione del credito), come si fa con gli immobili delle imprese (il così detto ammortamento di un immobile) potrebbe essere un’altro passo.
          INSOMMA trattiamo queste spese come nel mondo aziendale. Poi le persone si regoleranno. Ma il tutto deve essere normato in maniera precisa senza variazioni per garantire che le persone possano avere un piano finanziario sostenibile.

Rispondi