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T-Carica si presenta: c’è aria nuova (e pulita) nella ricarica

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Debutta con la sua “colonnina numero uno” T-Carica (qui il sito), start up veneta della ricarica per veicoli elettrici. Vaielettrico l’ha intercettata quando il primo caricatore è ancora in fase di installazione a Loreggia (Padova). Ma il fondatore Rodolfo Bigolin ha le idee chiare, le spalle robuste e corre veloce.

Veneto, 37 anni appena, Bigolin ha già un curriculum imprenditoriale lungo 15 anni e mezza dozzina di aziende. Tutte  fondate e rivendute a grandi player del settore delle energie rinnovabili. L’ultima in ordine di tempo si chiama Innovo Group, piattaforma integrata di sviluppo di impianti fotovoltaici, eolici e di stoccaggio a batteria. Ha un portafoglio di progetti di circa 6 GW in una mezza dozzina di Paesi europei.  In Italia opera attraverso la Icube Renewables, joint venture con il colosso spagnolo dell’energia green Iberdrola.

L’anno scorso Bigolin ha aperto l’azionariato ai dipendenti (15% del capitale) e alla società di asset management del gigante assicurativo Aviva, con 30%. E accarezza l’idea di portare Innova Group Spa in Borsa nel giro di tre anni. Forse anche per questo ha deciso di impreziosirla con un nuovo business: la ricarica dei veicoli elettrici. Lo ritiene «molto promettente se impostato con i criteri del “tailor made” che applicheremo a T-Carica». 

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La colonnina numero uno di T-Carica. E’ nel parcheggio del negozio Expert di Loreggia (Padova)

Dalla colonnina “numero uno” a quota mille entro due anni e mezzo

L’idea è installare 1.000 colonnine nel giro di 2 anni e mezzo, ognuna tarata su misura della location e preceduta da una certosina valutazione del potenziale commerciale. Nel mirino ci sono le aree di parcheggio delle grandi reti commerciali, della ristorazione, alberghiere e di operatori della logistica dell’ultimo miglio.  Seguiranno le pubbliche amministrazioni e perfino i grandi condominii.

Il primo accordo è con la rete di negozi DGgroup, piattaforma logistica dei 220 punti vendita con insegna Expert ed Expert City. 

«Non ci interessa piantare bandierine. Vogliamo creare un network efficiente e redditizio, disegnato  sartorialmente per raggiungere rapidamente alti tassi di occupazione. Di conseguenza, ammortizzare velocemente l’investimento e generare immediatamente cassa» esordisce il fondatore.

La ricarica a un bivio: oligopolio o aggregazioni e vera concorrenza?

Il settore della ricarica sta per affrontare una rivoluzione: finita la fase pioneristica e un pò selvaggia delle installazioni a pioggia, ragiona Bigolin, seguirà una fase di consolidamento. «Quel giorno T-Carica sarà una rete appetibile per chi vorrà sfidare i player oggi dominanti, Enel X e Be Charge, aggregando le reti di ricarica medio-piccole».

Il suo piano industriale è chiaro: «Stiamo chiudendo un primo round di finanziamento a supporto delle prime 30-40 stazioni di ricarica già contrattualizzate con DGgroup, e di altre che stiamo progettando, soprattutto qui in Veneto. A fine anno ne lanceremo un secondo con l’obiettivo di raccogliere i 15-30 milioni che serviranno a completare il piano delle 1.000 installazioni».

 

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“Ogni colonnina conta: T-Carica la curerà come un abito di sartoria”

T-Carica  nasce leggera e flessibile. Con un piccolo team dedicato e il supporto di 40 fra ingegneri e sviluppatori già in carico a Innovo Group per progettazione, installazione e gestione.

Saranno invece esternalizzate progettazione esecutiva e realizzazione dei manufatti, assistenza clienti, piattaforma roaming e fatturazione (in altre parole l’app di gestione, che sarà Electriease). I contratti con i partner per l’occupazione delle aree sono standardizzati ed essenziali, con una quota fissa e una variabile garantite. I tempi di messa in opera-attivazione, brevi e certi.

Le stazioni di ricarica sono fornite dalla cinese Autel. Disporranno di un mix “su misura” di quick in AC, fast e ultrafast in DC (fino a 350 kW), tutte però scalabili. Dice Bigolin: «Alla prima installazione le sottodimensioneremo: se per esempio stimiamo un potenziale di 6 punti di ricarica, inizieremo con 4. Ma, monitorandole quotidianamente, saremo sempre pronti a implementarle». 

E le tariffe? «Stiamo ancora valutando come posizionarci. Di certo posso dire che venderemo solo energia da fonte rinnovabile». Si è mai visto, del resto, un abito “tailor made” a prezzo fisso, già definito prima dell’ultima prova e della consegna?

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12 COMMENTI

  1. Speriamo sviluppi anche un software anti-furbetti che parcheggiano puzzolenti macinini a motore termico negli stalli di ricarica

  2. pianate ovunque le colonnine sarebbe solo caos , se uno proprio ci tiene se la mette in casa .

  3. Ma chissenefrega del taylor-made? E soprattutto della parte commerciale taylor-made, che a noi utenti non porta alcun beneficio.
    Bene che ci sia qualcun altro che installa le proprie colonnine, ma tutta la pompa magna trionfale d’accompagnamento poteva essere risparmiata.
    Da imprenditore riconosco facilmente il fumo dall’arrosto: quando si vuole far passare per stupefacente la patata lessa c’è sempre qualche fregatura…
    Spero di sbagliarmi, ma il cliché dell’imprenditore italiano è questo: venditori di fumo.

    • Forse ho riportato troppo sinteticamente il ragionamento di Rodolfo Bigolin. Mi spiego meglio: in Italia troviamo colonnine perennemente deserte perchè collocate in siti sbagliati e altre, poche in verità, con indici di saturazione del 30-40%, quindi redditizie. In media le reti dei grandi operatori stanno largamente sotto la soglia della sostenibilità economica (2% circa di occupazione), il che li costringe a mantenere tariffe elevate. Bigolin è convinto che selezionando la location delle sue colonnine con metodo sartoriale, potrà ottenere un tasso di occupazione elevato e ammortizzare l’investimento in massimo due anni. Dunque nessuna “fregatura”, ma una scommessa imprenditoriale abbastanza azzardata.

      • Ho capito. E forse è un po’ troppo azzardata.
        Anche i grandi operatori hanno fatto un minimo di ricerca di mercato prima di piazzare le colonnine, non hanno scelto lanciando coriandoli sulla mappa.
        La ricerca di mercato, da sola, non è sufficiente, in quanto le esigenze sono estremamente liquide in questa fase “iniziale”: ad oggi può sembrare una buona idea piazzare una colonnina in un posto X con occupazione prevista al 30%, domani, a 500 m di distanza, potrebbe sorgere un altro posto che avrebbe occupazione al 45%.
        E per quanto l’occupazione sia importante, quello che incide enormemente di più è il margine netto sul kwh. Non so come funziona, ma credo che se non sei uno dei “Big” l’energia a prezzo di PUN te la scordi… e quindi margine insignificante.
        In più c’è il costo dell’infrastruttura, oltre che della colonnina in sé, i costi di gestione, i permessi, la manutenzione, l’assicurazione…
        In sintesi: non vedo modo di fare margine sufficiente anche solo a rifondere i costi, nel breve-medio termine. E anche se hai modo di investire e sopportare di ripagare l’investimento in 10 anni è comunque un grosso rischio.
        Spero siano più bravi e ottimisti di me.
        Un in bocca al lupo!

        • Legga questo articolo Il futuro della ricarica: Arera lo immagina così e se ha tempo segua anche la video intervista dove è ben spiegato, tra l’altro, quali sono le voci che compongono la tariffa. Per una buona parte sono costi fissi (installazione e gestione) che si ammortizzano solo con un indice di occupazione superiore al 10%.

          • Letto e visto la video-intervista. Molto interessante, soprattutto la parte sul V2G.
            Tuttavia, conferma quanto da me ipotizzato: i costi fissi (e iniziali – ndr) sono una compontente “predominante”, anche se non maggioritaria, del prezzo finale di ricarica.
            E’ ovvio che più la colonnina è occupata, prima rientro sui costi fissi, che pago comunque, e su quelli iniziali, che ho già pagato, ma non fa menzione del 10% di occupazione (per ripagare poi l’investimento in quanto tempo?).
            In conclusione, rimango della mia idea, ossia che è economicamente svantaggioso nel breve-medio termine (5 anni) l’investimento in colonnine e che concentrarsi sulla ricerca di mercato finalizzata alla massima occupazione è solo un’illusione – che non può e non deve permettersi una startup o un’azienda a capitale ridotto.
            Io non ci investirei un centesimo.
            Al contrario, investirei in uno spinoff ben capitalizzato che punta ad installare almeno 20.000 colonnine in 5 anni e che può permettersi restare in perdita per 10 anni prima di dichiarare bancarotta.
            Di nuovo, auguri e in bocca al lupo. Che la fortuna li assista, perché le probabilità sono tutte contro di loro…

          • Grazie Michele: le sua analisi è perfetta. Dati ufficiali non ce ne sono, ma circolano queste cifre: il tasso di saturazione globale della rete italiana è imbarazzante, il 2%. Quello medio europeo è dell’8% ed è considerato dagli operatori della ricarica la soglia minima per coprire costi fissi e ammortamento in dieci anni. Ma ci sono alcune colonnine (poche) che superano il 40-50%. La scommessa è tutta su queste.

  4. questi non hanno ancora capito che servono colonnine a bassa potenza ma piantate ovunque… e a prezzi competitivi…

    • ‘colonnine a bassa potenza’ piacerebbero tanto anche a me, facciamo eroganti 20 kW massimo, sarebbe bello poter ricaricare in corrente continua tanti tipi di mezzi elettrici con potenze richieste moderate penso a piccoli mezzi per le consegne o quadricicli eccetera, dico corrente continua anche per la diffusione sempre maggiore del fotovoltaico così evitiamo andirivieni spreconi dc-ac-dc, ma in Italia pare proprio che nessuno compreso questi di T-Carica ci pensi, in Italia non ho notizie di colonnine dc che accettino veicoli con tensione batteria sotto i 150V … in Polonia le colonnine Greenway accettano da 50V,, ma è proprio così impossibile usare un converter più ampio ? sono andato anche a vedere il supercharger tesla v4 che da una foto in USA pareva 0-1000V , qui è 200-1000

      quanti mezzi piccoli si potrebbero usare in una città come Roma ? non sarebbe bello poterli ricaricare in modo efficiente in pochi minuti invece di doverli attaccare per forza ad una presa domestica ?

    • tanto per dire se io fossi l’AD Poste Italiane o spedizioniere decente copro con fotovoltaico tutto quello che ho aggiungo adeguato accumulo e tutti i miei mezzi per consegne ‘neighborhood’ li voglio elettrici SENZA inutili costosi pesanti inefficienti charger a bordo e alimentati direttamente in corrente continua da me prodotta-accumulata

      se io fossi …. ma non lo sono
      🙂

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