Roma elettricona con 411 e-bus di Iveco in arrivo entro il 2026, di cui 110 già quest’anno. Il contratto, del valore di oltre 300 milioni, firmato dall’ATAC.
Roma elettricona: contratto da 300 milioni con mezzi da 12 e 15 metri
Per Iveco Bus è il più importante contratto mai firmato in Italia. L’assessore ai trasporti Eugenio Patané ha dettagliato su LinkedIn la composizione della fornitura. Si tratta di 202 autobus da 12 metri per le rimesse di Trastevere, Portonaccio e Tor Sapienza. Di 194 bus, sempre da 12 metri, per Grottarossa e Tuscolana. E di 15 autobus da 18 metri destinati all’autorimessa di Grottarossa. L’accordo prevede anche la manutenzione completa dei mezzi per 10 anni. “L’arrivo dei bus elettrici ci consentirà di compiere un grande passo in avanti sulla strada del rinnovamento radicale della flotta Atac. Sarà più ecologica, moderna e confortevole“, sottolinea Patané. “Avremo una flotta con l’età media tra le più basse in Europa, 5 anni a fronte dei 10 del valore medio nell’Unione Europea. E con sistemi avanzati come il Tap&Go, che sta continuando ad avere un grande successo“. Dopo i tanti casi di vecchi bus andati a fuoco nella capitale, c’era bisogno di una sterzata, anche di immagine.
Milano al lavoro per sostituire l’intera flotta
Festeggia anche Iveco Bus: “Questo importante investimento dimostra il riconoscimento da parte di Roma della capacità di Iveco Bus di offrire soluzioni valide, in quanto uno dei fornitori di fiducia di Atac“, commenta Domenico Nucera, president della Bus Business Unit del gruppo. “Siamo estremamente orgogliosi di contribuire in modo significativo alla transizione di Roma verso una mobilità più verde ed efficiente. La nostra offerta nel settore del trasporto passeggeri elettrico è sempre più forte, viene riconosciuta in tutto il mercato italiano e anche a livello internazionale. E conferma la nostra posizione come partner leader“. A dicembre Iveco Bus aveva annunciato la firma di un accordo per fornire ad ATM Milano 143 bus elettrici. Il capoluogo lombardo vuole sostituire l’intera flotta di 1.200 bus con mezzi a batterie e conta di arrivare a metà strada entro il 2026.
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Se poi si cominciasse a dotar le strade urbane della ricarica induttiva sotto l’asfalto (che stan testando in varie parti del mondo, in Italia l’anello di prova con anche un autobus è accanto allla BreBeMi) potremmo arrivare ad avere veicoli che “girano” in città senza scaricarsi troppo …
Considerando i costi sociali dell’inquinamento … nelle metropoli potrebbero anche “offrire” la corrente gratis … oppure dare un abbonamento a prezzo calmierato per chi entra nelle zone di ricarica con auto a carica induttiva… che poi possono parcheggiare dove trovano, esattamente come le ICE .. senza creare così inconvenienti di “maleducazione da wallbox pubblica”.
Per i trasporto-merci … le aziende più coinvolte (p.es. Amazon) già si stanno attrezzando con furgoni elettrici … Le nostre aziende devono solo informarsi, far due conti sugli spostamenti effettivi dei loro furgoni … e trovare un’offerta “appetibile” con i nuovi allestimenti in arrivo.
È una tecnologia troppo immatura.
Troppe dispersioni e troppi costi.
Tra n-anni chi lo sa? Ma ce ne vorranno parecchi
Ottimo, partiamo infatti dai mezzi pubblici che sono in giro tutto il giorno ore e ore e consumano e inquinano in modo considerevole piuttosto che crociffiggere automobilisti che usano l’auto casa-ufficio-casa per esigenza e in assenza di ragionevoli alternative.
Mettiamoci poi camion, furgoni, mezzi agricoli ed industriali ed anche i riscaldamenti a gasolio.
Ce ne sono di cose da cambiare prima della sola auto elettrica.
Però da qualche parte si deve pure iniziare! Se non si inizia mai non si va avanti…
-Però da qualche parte si deve pure iniziare!-
guarda caso hanno posto il limite al 2035 per il 25% rappresentato dal trasporto, mentre al 2050 per il 25% rappresentato dall’industria.
come mai?
forse che se avessero imposto il 2035 alle industrie ci sarebbe stata una crisi infinita (mentre il popolo mugugna mugugna e basta)?
come ben diceva enzo è stato tutto legiferato “alla carlona”, senza dare nessuna indicazione su cosa, come, dove e perché (quello che si PRETENDE dal governo italiano ma su cui si sorvola se promulgato dalla UE).
quelli che nominano la “fit for 55” in continuazione devono ancora spiegare le motivazioni vere di queste disparità..
Il settore industriale europeo ha dimezzato le proprie emissioni di CO2 rispetto al 1990 pur con produzione e Pil superiori del 30%. Però alcuni settori super energivori definiti “hard tu abate” come siderurgia, cemento, alimentare non dispongono ancora di tecnologie alternative a zero emissioni. Si lavora sull’idrogeno verde e i bio fuel. Il trasporto su strada ha aumentato le emissioni rispetto al 1990. Questa è la logica del “Fit for 55” che continua a sfuggirle
notevole..e avranno fatto anche valutazioni un probabile risparmio nella gestione dei mezzi