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Proposta autarchica contro il caro-ricarica

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Proposta autarchica contro il caro-ricarica: Loris propone che chi può renda disponibile ad altri automobilisti la wall-box di casa, a prezzi bassi. Vaielettrico risponde. Ricordiamo che i vostri quesiti vanno inviati a info@vaielettrico.it

proposta autarchicaProposta autarchica: se mettessimo a disposizione le ricariche personali, a prezzi…

“Da quasi 4 anni possiedo un’auto elettrica, una Kona 64 kWh. Ho letto, e notato nella pratica, che i prezzi delle ricariche alle colonnine sono aumentati e nel contempo sono praticamente spariti i vari abbonamenti a prezzi agevolati. Per fortuna ricarico per il 90% da casa e l’impatto economico, per quanto mi riguarda, è relativo. 
Detto questo, sto pensando, più per provocazione che per un’effettiva possibilità pratica: e se i privati mettessero a disposizione punti di ricarica presso le loro proprietà? Che siano case, piuttosto che aziende, condomini, ristoranti e alberghi, con una maggiorazione sul prezzo effettivo? Ma sicuramente con una notevole differenza sul prezzo applicato alle colonnine? Certo la velocità di ricarica potrebbe essere contenuta rispetto alle colonnine, in particolare alle fast. Ma con una wallbox si arriverebbe vicino alle colonnine a corrente alternata. 
Come dicevo, è più una provocazione che altro. Ma quantomeno si potrebbe ricordare che, rispetto ai combustibili fossili, l’energia elettrica ognuno di noi la può avere a disposizione presso la propria abitazione/azienda. E, in alcuni casi, anche produrre. Pensate ci possa essere la possibilità di creare un network?“. Loris Mancini, Rimini

proposta autarchica

(Credit foto: Eonenergy.com)

Buona idea, e qualcuno ci ha già pensato. Spark-e per esempio…

Risposta- Dopo i recenti giri di vite messi in atto dai principali gestori sul costo delle ricariche, è in atto una vera e propria mobilitazione da parte dei lettori. C’è chi propone di ricorrere all’Antitrust, paventando l’esistenza di un cartello tra le aziende proprietarie delle colonnine. E chi invece, come Loris, le sta pensando tutte per trovare alternative ai network di ricarica più diffusi. Questo proposta di una rete di privati che ospitano in garage altri automobilisti che vogliono ricaricare a prezzi umani è decisamente intrigante.Un annetto fa scrivemmo di una app, Spark-e, creata da due studenti, Alessandro MontanariAmaury Cronenberg, proprio con questo scopo. Ovvero mettere in collegamento con gli utenti persone o locali pubblici che vogliono condividere con altri le loro ricariche private. Ci sono problemi pratici da affrontare, a partire dalla fatturazione, che se non ricordiamo male è obbligatoria nella somministrazione di energia.Ma siamo certi che in futuro questa sarà una strada da battere. E in fin dai conti le stesse Comunità Energetiche Rinnovabili costituiscono un passo in questa direzione.

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17 COMMENTI

  1. Anche se non facilissime da realizzare, le “comunità energetiche”, recentemente regolamentate possono eliminare il problema della rivendita. Chi aderisce ad una comunità energetica preleva energia anche fovoltaica da uno più impianti, è pertanto in un certo senso è come se ricaricasse “da casa” anche se gli impianti sono situati altrove e non sono di proprietà. Occorre solo un punto di prelievo che faccia capo.al proprio contatore, per cui chi abita in condominio è svantaggiato, a meno che non possa allacciare all’abitazione una presa del suo garage.
    Ripeto, non é un gioco da ragazzi, potrebbero esserci impedimenti legali, sarebbero comunque situazioni da esaminare singolarmente

  2. A mio avviso l’idea e il proposito sono buoni ma non semplici da realizzare. Il vero problema è capire perché le molte colonnine che un tempo erano convenienti ora non lo sono più. I gestori vedranno ridursi il loro utilizzo e relative entrate? Se sarà così come faranno a rientrare dagli investimenti già fatti? E intanto i supermercati che ti fanno ricaricare gratis durante la spesa faranno il tutto esaurito e per questo poi cominceranno a fare pagare pure loro le ricariche…

  3. Buongiorno. So che sto parlando di lotta ai mulini a vento, e sia chiaro che ben vengano le iniziative degli utenti (frustrati). La battaglia secondo me dovrebbe essere fatta all’economia malata di cui siamo vittime. I ‘governanti’ (Italiani o Europei) dovrebbero legiferare in modo che non vi siano più situazioni in cui il privato possa fare quello che vuole sulle tariffe selvagge, praticando prezzi assurdi con relativi utili astronomici. Sui beni primari (energia, acqua, ecc.) dovrebbe essere fissato un tetto massimo di guadagno. Esempio: non puoi applicare più del 20% di ricarico dal prezzo all’ingrosso dell’autorità dell’energia. Forse dovremmo pretendere di non essere più in balia di ladri legalizzati che possono strozzare gli utenti sui beni primari.

  4. sono andato sul sito spark-e, volevo vedere le tariffe di questi privati che si offrono di aiutare gli utenti elettrici , ho visto un solo punto ‘offerta’, 70 centesimi a kWh (‘casa leccio vicino Firenze) a 4 kW di potenza
    ho terminato la visione del sito
    🙂
    sembra che chi ‘offre’ il proprio punto di ricarica non abbia ben compreso l’intento degli ideatori spark-e , chiedere più di una colonnina tesla per 4 kW di potenza è ridicolo, se ti offri chiedi il prezzo al kWh del tuo fornitore energia, non di più, almeno secondo me, io farei così

  5. Così su 2 piedi (non sono un esperto in materia) credo che serva un buon commercialista e soprattutto un buon avvocato.

    Il commercialista per poter definire bene la propria posizione e i propri obblighi verso l’agenzia delle entrate e lo stato: l’idea di “confondere” la ricarica col parcheggio è un po’ rischiosa perché se dalla documentazione lo stato determina che l’attività principale è la ricarica (e quindi non si tratta di attività occasionale, mentre è occasionale l’auto che parcheggia SENZA ricaricare) si potrebbe contestare l’esercizio di un’altra attività (quella degli MSP) senza aver dichiarato la stessa. Non solo: l’introduzione della normativa sui punti di ricarica nuovi che prevede da Aprile necessariamente l’utilizzo di un pos (in caso di ricarica a pagamento) renderebbe borderline le soluzioni casalinghe, a partire dai destination charge di Tesla che sono infatti una soluzione concepita per il mondo business dove, come acclarato ormai, il servizio di ricarica è considerato un servizio accessorio ammesso offerto da b&b, hotel, strutture ricettive.

    L’avvocato per dirimere un contratto a prova di bomba. A titolo di esempio: se una persona parcheggia l’auto e inizia la ricarica e poi non viene a ritirare il veicolo (perché l’hanno arrestato, perché è scappato, perché ha avuto un infarto, etc.), dovendo far rimuovere il veicolo, dove lo si fa consegnare dal carro attrezzi? Chi copre le spese e garantisce il ricovero in caso di danni? Il foro competente è generalmente quello del consumatore: se l’utente arrivato a Pordenone lamenta un problema all’auto che – secondo lui – si è verificato durante il ricovero presso la vostra struttura, voi dovrete recarvi presso il tribunale di Pordenone.

    Insomma non è proprio come bere un bicchier d’acqua …

  6. Come scritto da qualcuno, il problema amministrativo è aggirabile, va detto però che essendo quelle domestiche perlopiù ricariche lente possono subentrare problemi di logistica, etc. Insomma: può non andare bene per tutti ma sicuramente lo sharing dei posti auto privati con ricarica è una possibilità. Mi preoccupa di più a livello normativo la responsabilità in caso di furti/guast/manomissioni etc… Sarebbe comunque qualcosa da fare mettendo sempre due righe nero su bianco e/o con un contratto condiviso che tuteli tutte le parti

  7. E’ una buona idea, ma ritengo che se prendesse piede e diventasse “pericolosa” i nostri governanti provvederebbero immediatamente a renderla innocua con un decreto contenente una scusa qualunque.

  8. Per la normativa è facile,
    Spark-e non vende ricariche, quelle sono omaggio.
    Cio che gli utenti condividono è il parcheggio.

    Praticamente io offro un posto auto, la ricarica è un omaggio addizionale, così come può essere un sistema di videosorveglianza, una recensione privata, l’ombra o quant’altro.

  9. Oltre agli aspetti logistici, e a quelli amministrativi (fatturazione etc) ci sono rischi di tipo legale (messa a norma dell’impianto, rimborso di eventuali danni ad ambo le parti…)
    Se si arrivasse a regolamentare magari nell’ambito delle comunità energetiche un tale servizio, diventerebbe sicuramente più fattibile

  10. Capisco il senso “ribellista” della proposta, ma anch’io la trovo poco realizzabile nella pratica, con una possibile eccezione.

    Pensiamo a uno che abbia una wallbox nel proprio garage:
    • È vero che la wallbox è inutilizzata per il 90-95% del tempo, ma è anche vero che, di solito, il garage è tenuto chiuso a chiave perché tipicamente contiene altri beni personali (biciclette, ecc.): occorre quindi che un membro della famiglia sia disponibile per dare accesso al garage.
    • Pur con un contratto da 6 kWh di potenza in bifase (la tipologia di fornitura di energia elettrica tipica del 99% delle abitazioni e dei condomini), una ricarica diurna non potrebbe mai avvenire impegnando tutti i 6 kW, perché una casa di giorno ha un suo consumo e anche parecchio variabile.
    • Anche arrivando a 6 kW, il tempo di ricarica in pratica raddoppierebbe in confronto alle colonnine, impegnando il garage per circa 3 ore per ricaricare 100 km.

    La possibile eccezione che vedo è la ricarica notturna, per la quale un garage può essere disponibile diverse notti alla settimana.
    In questo caso, rimanendo nell’ambito del vicinato, potrebbe essere possibile mettere in condivisione il proprio garage: considerando le 8 ore (minime) di tempo a disposizione e la casa di notte al minimo dei consumi, anche con una fornitura da 3 kWh sarebbe possibile ricaricare una buona quantità di energia, e ancor più con una fornitura da 6 kWh – io, ad esempio, ho impostato la wallbox per ricaricare a circa 5 kWh (220 V e 24 A), che, per la mia Zoe con batteria da 52 kWh, significa circa il 10% ogni ora.
    È vero che si rimarrebbe solo nell’ambito del vicinato, quindi con un impatto molto limitato. Però potrebbe rappresentare una soluzione temporanea in attesa delle soluzioni quali le “city plug” a bassa potenza, i lampioni con ricarica, ecc.

    • Da mesi mi balla in testa l’idea di scrivere due righe in merito all’utilizzo di parte dei circa 600.000 negozi sfitti in italia (e che nessuno prevede possano essere a breve utilizzati vista la crisi del commercio di prossimità) come piccoli hub di ricarica.
      Chiaro che non si potrebbe applicare a tutti, ma anche su una percentuale di solo il 10% sarebbe un potenziale di 60.000 “luoghi” dove mettere una o due wallbox pubbliche, per ovvi motivi del tutto integrate nel tessito urbano.
      Purtroppo non ho mai molto tempo per dar seguito alle idee, ma i numeri statisticamente forse potrebbero essere interessanti.

      • Non credo sia fattibile come cosa… Sostanzialmente la tua idea sarebbe trasformare i negozi sfitti (che sono di privati) in hub di ricarica, ma tutti i lavori sarebbero a carico dei proprietari degli immobili, lo stato non centrerebbe nulla con questa idea (e quindi ci sarebbero tutti i costi di ammortamento delle colonnine, le assicurazioni su possibili guasti o forti o danneggiamenti, creazione di un portone, cambio di finalità d’uso dell’immobile e passo carrabile)

        Assolutamente non fattibile in un contesto urbano, e ne economicamente ne praticamente

        • -tutti i lavori sarebbero a carico dei proprietari degli immobili-

          Ma no, perchè? Il proprietario dell’immobile affitta il bene ad una compagnia/ente/ società che gestisce la cosa e che si occupa di fare i lavori necessari alla specifica attività esattamente come accade per qualsiasi altro tipo di negozio.

          – lo stato non centrerebbe nulla con questa idea-

          Visti gli attuali risultati mi vien da dire “menomale”… 😂

          -creazione di un portone… passo carrabile-

          Questo sì, ed è quello che mi porta a dire a spanne che a naso solo uno su dieci potrebbe essere adatto

          -cambio di finalità d’uso dell’immobile-

          Oddio: sempre C/1 “commerciale” rimane…

          So perfettamente che l’idea ha dei limiti e delle oggettive difficoltà, ma lavorandoci io in mezzo agli immobili, pur con tutte le oggettive difficoltà le posso assicurare che la cosa potrebbe essere meno incredibile di quello che sembra guardandola dal di fuori.

          Il resto lo fa la legge dei grandi numeri: se la questione in Italia riguardasse qualche migliaio di negozi sfitti, allora va da sé che staremmo parlando del nulla.

          Ma siccome il numero di 600 mila unità che ho fornito sopra potrebbe anche essere “conservativo”, le confermo l’impressione che anche sfoltendo il dato con il machete c’è il rischio che la cosa possa ritenersi anche solo pensabile in qualche decina di migliaia di situazioni. Che poche non sono.

          • La società si accollerebbe i costi e per rientrarvi farebbe pagare il kWh come le colonnine.

          • Quello di sicuro, lo scopo dell’idea è quello di creare opportunità di ricarica nei centri urbani sfruttando spazi esistenti ma oramai inutilizzati. Due piccioni con una fava insomma. La questione di un eventuale “risparmio”, ammetto, non era contemplata. Partivo dal presupposto che comunque la cosa sarebbe stata fatta a prezzi di mercato. Che poi il mercato in questo momento sia folle, quello è un altro discorso. Purtroppo

  11. So che a Medicina (BO) c’è una comunità solare che mette a disposizione delle colonnine per la ricarica a prezzi agevolati

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