La ricarica fallisce nel 25-30% dei casi. Cinque i motivi principali: guasti, errori, protocolli di dialogo inaffidabili tra i soggetti coinvolti. Ora si lavora a creare un standard a livello di settore per classificare, registrare, segnalare o analizzare gli errori di ricarica e le cause comuni di guasto. E costruire un curriculum per formare i tecnici alla riparazione e alla manutenzione delle apparecchiature. E’ la missione di SAE è la più antica e più grande società tecnica per ingegneri nel settore automobilistico.
SAE International ha istituito una nuova unità aziendale chiamata Sustainable Mobility Solutions per aiutare a guidare le industrie verso un futuro a zero emissioni nette per i trasporti.
SAE International lavora a uno standard di affidabilità
«L’affidabilità, o meglio, l‘inaffidabilità, delle stazioni di ricarica pubbliche per veicoli elettrici non è altro che uno scandalo e sta frenando l’adozione dei veicoli elettrici» sostiene Frank Menchaca, Presidente di Sustainable Mobility Solutions di SAE International, in un’intervista al sito americano Charged.
Secondo Menchaca le responsabilità sono equamente condivise tra case automobilistiche, produttori di caricabatterie, operatori di rete, servizi elettrici e spesso molti altri. Ciascuno finora si è mosso per proprio conto, ingorando gli effetti sull’efficienza del sistema nel suo insieme. Occorrono quindi standard tecnici per consentire ai fornitori di servizi di ricarica di documentare, diagnosticare e riparare i problemi di ricarica in modo uniforme.
Cinque le cause principali, molti i responsabili
Per prima cosa Sustainable Mobility Solutions ha pubblicato “Electric Vehicle Charging Data Performance & Reporting “, uno studio dettagliato dei guasti di ricarica e una serie di proposte per valutare tali guasti e trovare soluzioni. SAE definisce il nuovo studio «la revisione tecnica più completa delle prestazioni del sistema di ricarica dei veicoli elettrici, del reporting dei dati e dell’affidabilità fino ad oggi».
SAE ha anche collaborato con la ChargerHelp società americana nata per la manutanzine e il monitoraggio delle reti di ricarica. Il reclutamento di personale da formare coinvolgerebbe persone provenienti da settori in crisi o in ricoversione come meccanici automobilistici tradizionali e lavoratori del nucleare, carbone e petrolio.
In un anno di attività la divisione ha convocato tutti i protagonisti della mabilità elettrica per redigere un report sull’efficienza del servizio. Ne è risultato che la ricarica pubblica fallisce circa dal 25% al 30% delle volte. Le ragioni di ciò non sono particolarmente note. «C’è un intero insieme di cose che interagiscono nella ricarica. C’è quello che succede tra il veicolo e il caricabatterie, c’è la comunicazione tra il veicolo e l’OEM, le utility e così via. Quindi, quando qualcosa fallisce, ricevi molti codici di errore, ma quei codici di errore non sono classificati. Non sono denominati in modo coerente, non esiste un’ontologia standard e non esiste una pratica standard per analizzare il fallimento».
Il primo rapporto tecnico di 50 pagine, Charging System Performance Reporting, prende in esame i fallimenti più comuni, creando una procedura per l’analisi dei guasti. Le principali cause sono cinque.
A volte l’utente non è sicuro che la spina sia inserita. Altre il sistema di ricarica non comunica con il veicolo. Un’altra area importante è il pagamento, perché ci sono molti metodi di pagamento diversi e talvolta il pagamento non va a buon fine. E poi molte volte ci sono danni alla stazione. A volte la stazione non funziona correttamente a causa di condizioni meteorologiche o allagamenti. Altre volte i problemi derivano dalle condizioni delle batterie, che infatti l’Unione Europea vorrebbe dotare di un “passaporto” che dia trasparenza sui materiali, le prestazioni, lo stato di salute.
Critico è infine il software che gestisce l’interoperabilità fra i diversi operatori, su quale influiscono anche i sistemi di telecomunicazione.
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Sarò un caso particolare, anche perchè sarò andato solo una decina di volte in tutto alle fast, ma a me hanno sempre funzionato, una volta sola mi è capitato di trovarla occupata.
Uso sempre tessere RFID
Vado solo su colonnine recensite come ottimali in termini di funzionamento
Forse ho capito male ma al momento non esistono ancora standard obbligatori per i punti di ricarica ?
A parte questo..
/// a volte la stazione non funziona correttamente a causa di condizioni meteorologiche o allagamenti. Altre volte i problemi derivano dalle condizioni delle batterie, che infatti l’Unione Europea vorrebbe dotare di un “passaporto” che dia trasparenza sui materiali, le prestazioni, lo stato di salute \\\ Speriamo che la diffusione delle stazioni di ricarica con pensilina (solare o no) riduca l’esposizione alle intemperie e di conseguenza l’affidabilitá e/o l’usabilitá delle stesse (e non sarebbe male prevedere “protezioni” simili per le colonnine singole).
Per quanto riguarda la possibile influenza negativa delle batterie “malandate” sul processo di ricarica si potrebbe – se fattibile – impostare i BMS dei veicoli in modo da impedire la ricarica in presenza di fattori di rischio rilevati dal BMS stesso. Ovviamente tale diagnostica dovrebbe avvertire con il maggiore anticipo possibile sull’eventualitá di questo inconveniente.
Finora ho avuto problemi con BeCharge e Enelx, può forse dipendere dal software della mia auto che ha qualche problema con l’interfaccia della colonnina. Non lo so perché erano colonnine usate altre volte. La più fastidiosa è quando non ti libera la spina e devi chiamare il call center per terminare il collegamento.
Concordo che i vari gestori dovrebbero accettare tutte le forme di pagamento, tessere o app, gestendo fra loro le competenze economiche, un po’ come il POS.
Non riporto di nuovo tutte le disavventure (poche o tante a seconda dei gusti) avvenute con ENEL X, ma mi chiedo: come mai i Supercharger di Tesla funzionano sempre e non rompono le palle come sti cactus di ENEL?
Sinceramente a me in un anno e 2 mesi non sono partite 2 forse 3 ricariche. In realtà una delle tre è partita con app invece della tessera.
E le due non partite era palesemente la NON VOGLIA, di un operatore (duferco), di accettare tessere enelx. Con altri operatori non c’erano problemi. Con Enel invece dava le colonnine occupate anche quando non lo erano.
“Con Enel invece dava le colonnine occupate anche quando non lo erano.” anche questo è un disservizio, perchè se io mi fido dell’App a quella colonnina nemmeno ci vado e magari è libera.
Dal mio punto di vista (di informatico) è un fallimento anche quando l’APP non riesce a partire e devo tirare fuori una tessera o viceversa, anche se poi alla fine con 20 secondi di ritardo la ricarica la riesco a fare. Qualsiasi situazione in cui: la colonnina risulta occupata e invece è libera o risulta libera e invece è occupata, ha la presa nello standard errato, la ricarica non parte o si interrompe o parte solo con il secondo tipo di attivazione (App piuttosto che tessera, fisica o virtuale) è un fallimento. Quante volte ci è capitato di andare ad un bancomat e non riuscire a prelevare? (a parte il fatto che avesse esaurito le banconote e me lo dice prima). E allora perchè per le colonnine deve essere “normale” avere un inceppamento 1 volta su 4? Quando Tesla ha un problema ogni mai? (Mai letto di nessuno che non sia riuscito a caricare o che sia arrivato ad un Supercharger e la situazione degli stalli differisse da quanto indicato dal navigatore. Ho visto coi miei occhi che il conteggio del numero di stalli occupati è in tempo reale, vedi qualcuno che stacca il cavo e dopo 5 secondi il contatore degli stalli occupati diminuisce di uno, questo sia sul navigatore del telefono che sull’APP sul telefono). Non è fantascienza, è solo l’applicazione dello standard internazionale (dovrebbe essere la CEI EN 61851-1 che è del 2012…)
giusto.
e aggiungo che se “imponi” una tecnologia ma non regolamenti tutto il contorno, inevitabilmente ci saranno dei problemi. esempio banale: l’interoperabilità dovrebbe essere obbligatoria, a mio parere