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Krzanowski si racconta: dal progetto Honda 3R-C al Made in China

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Il design industriale ha una relazione di lungo corso con il mondo dei trasporti. Difatti sono innumerevoli gli esperimenti che hanno cercato di indagare i meccanismi sociali e psicologici legati al concetto di mobilità. Tra questi vi è sicuramente Il concept Honda 3R-C presentato in occasione del Salone di Ginevra 2010 e mestamente caduto nell’oblio. L’autore di quest’originale mezzo a tre ruote elettrificato, Matteo Krzanowski, ne ha narrato la storia, spiegando poi l’evoluzione del proprio percorso professionale.

La matrice della bellezza

Matteo, partiamo dalle origini del suo cammino lavorativo. Di cosa si è occupato prima di arrivare a ideare Honda 3R-C?

Direi che tutto è iniziato da Firenze. Dalla mia città d’origine e dalla mia famiglia (è figlio d’arte, n.d.r.) ho assorbito quasi spontaneamente il gusto per la bellezza e l’armonia delle proporzioni. Grazie a questo retroterra mi sono dapprima dedicato agli studi di Architettura e, in seguito, mi sono avvicinato al Transportation Design. Ho compiuto questo passo per seguire la mia passione viscerale per l’automobile e le forme della velocità, coniugando una formazione analitica e creativa.Tra i lavori svolti durante il periodo universitario vorrei segnalare il concept Speedlite, elaborato per il Peugeot Design Contest, e beON, prototipo lanciato al Salone di Ginevra 2007.

Devo però aggiungere che, fortunatamente, già durante il percorso accademico ho avuto modo di vivere esperienze lavorative molto significative. Ho infatti collaborato con il team di Formula 1 Minardi, lavorando sotto la supervisione dell’allora Direttore Tecnico Gabriele Tredozi. Ciò mi ha permesso non solo di ampliare il mio bagaglio di conoscenze oltre il design industriale, ma anche di realizzare un sogno che cullavo fin da bambino. In seguito ho sviluppato progetti per conto della carrozzeria torinese Stola. C’è stata poi l’opportunità di entrare a far parte del Centro di Advanced Design Honda a Milano. Da qui ho cominciato la mia avventura professionale a tempo pieno.

L’esperienza nell’atelier Honda

Com’è stato l’impatto con un’azienda di caratura internazionale come Honda?

Credo che sia stato molto positivo. Ho avuto fin da subito l’opportunità di mettermi in gioco, ricevendo incarichi variegati e con forte responsabilità. All’epoca del mio ingresso il centro stile milanese rappresentava un piccolo studio satellite per Honda, in stretta relazione con le unità di ricerca dislocate a Roma e Offenbach, in Germania. Aveva però una grande importanza strategica per la casa giapponese, poiché era considerato l’avamposto per catturare le novità di stile e le ultime tendenze nella capitale del Design.

 

La maggior parte dei progetti riguardava le automobili, ma sono spesso capitate anche richieste per moto, aerei e perfino robot. Ricordo un forte spirito di collaborazione con i colleghi giapponesi e un’atmosfera di grande libertà creativa. La specialità dell’Advanced Design a Milano era la definizione degli esterni, ma, in realtà, venivano affrontate tutte le fasi di ricerca e sviluppo, fino alla modellazione in CAS e ai prototipi fisici. Questo vivace contesto ha quindi permesso la genesi di Honda 3R-C.

Honda 3R-C, metà auto metà scooter

Da dove è nata l’idea di questo concept?

L’ispirazione è giunta cercando d’individuare un veicolo capace di unire la stabilità e la sicurezza di un’automobile con la compattezza e il divertimento di guida di uno scooter. L’intento di Honda 3R-C (acronimo di “tre ruote cabrio”) era proporsi come un moderno e pratico city commuter, in grado di raccogliere la clientela dal mondo delle due e delle quattro ruote. Il mezzo era stato concepito in origine con un’alimentazione full electric. In caso di commercializzazione, però, sarebbe stato disponibile come ibrido, con motore a combustione interna derivato dall’Honda SH-300 e due propulsori elettrici.

Lo studio era rivolto al mercato europeo, ma implementava elementi morfologici e stilistici della cultura robotica giapponese, soprattutto per quanto riguarda la trasformabilità. In particolare, il parabrezza era avvolgente e poteva chiudersi a guscio in caso di parcheggio, salvaguardando l’abitacolo dalle intemperie o dagli atti vandalici. Ho cercato di enfatizzare la sensazione di protezione offerta al guidatore anche attraverso il disegno delle fiancate e i materiali selezionati per l’ambiente interno. Inoltre, pur avendo un dimensionamento contenuto (lunghezza 2.500 mm e larghezza inferiore a 1.000 mm), Honda 3R-C aveva un bagagliaio anteriore capiente, ideale per l’utilizzo urbano.

L’idea sempre fresca dell’ Honda 3R-C

Per quale motivo non è stato commercializzato?

Penso che la ragione dietro l’arresto del progetto sia stata una congiuntura economica poco favorevole. Vorrei infatti sottolineare che il concept venne svelato a un salone automobilistico come manifesto per una nuova modalità trasporto rispetto alle tradizionali macchine. Lo stesso CEO di Honda Takanobu Ito aveva manifestato pubblicamente l’interesse di voler proseguire lo sviluppo del prototipo. Dopo la rassegna di Ginevra del 2010, posso dire che era in lavorazione un modello 3R-C marciante. Era stato definito pure un accordo di collaborazione con un importante marchio d’abbigliamento italiano, in modo da creare speciali tessuti di rivestimento per l’interno. Per non parlare dei numerosi disegni preparati per l’ufficio brevetti e marchi.

Purtroppo la coda lunga della crisi finanziaria del 2008 ha comportato una revisione dei piani d’investimento aziendali, portando alla chiusura del centro di Advanced Design a Milano. Ad ogni modo, credo che il triciclo sia concettualmente ancora moderno. Ricordo che nello studio avevamo ipotizzato un servizio di sharing per una potenziale flotta di 3R-C, con specifiche aree di sosta. Nonostante sia trascorso quasi un decennio dal lancio del veicolo, mi capita spesso di essere contattato online da appassionati desiderosi di ricevere aggiornamenti sul progetto. Oltre a farmi piacere, ritengo che questo interesse duraturo verso il prototipo ne testimoni in un certo modo la validità.

Il design occidentale al servizio della Cina

Successivamente è entrato a far parte della squadra di creativi del marchio cinese Changan, a Torino. Quali differenze strutturali e operative ha riscontrato rispetto a Honda?

Innanzitutto partirei dalle dimensioni. Il centro stile Honda era uno studio satellite della casa madre con pochi collaboratori. Al contrario, il polo di ricerca e sviluppo Changan in Italia (fondato nel 2006) è il più importante hub di design del marchio al di fuori della Cina. Attualmente accoglie oltre 170 dipendenti, con livelli d’esperienza lavorativa e cultura decisamente eterogenei. Il numero di risorse è elevato per consentire una gestione corretta e veloce delle numerose commesse che arrivano dalla sede centrale.

Penso che i ritmi lavorativi per la definizione di proposte siano molto più alti rispetto a quanto ho sperimentato in Honda o alle case automobilistiche occidentali. Ciò accade con una costante attenzione verso l’alta qualità esecutiva e la professionalità, contrariamente a quanto si associa spesso alla manifattura cinese. Il centro stile si occupa di tutti i processi di design fino alla preproduzione dei modelli in serie. Viene inoltre seguito l’intero sviluppo delle concept car che vengono solitamente spedite in Cina per l’anteprima mondiale. Devo ammettere che la rapidità nel cambiamento dei gusti e delle esigenze del mercato in Estremo Oriente sono molto difficili da comprendere e prevedere.

L’auto come dispositivo hi-tech

Com’è considerata l’automobile in Cina? L’elettrificazione che tipo di cambiamenti comporterà nel design?

Uno status symbol. Fino a pochi anni fa la predilezione era per le berline a tre volumi, mentre lo scenario contemporaneo vede un grande successo dei SUV, seguendo quanto avvenuto in Europa. Il Vecchio Continente è ritenuto il riferimento principale nel design. Per questo motivo un marchio come Changan ha deciso d’investire fortemente nel Belpaese e nel Regno Unito. Ci sono però anche realtà cinesi che invece hanno puntato ad attirare capitale umano europeo direttamente presso i propri centri di ricerca. Credo che l’elemento più rilevante del prodotto auto agli occhi dei cinesi sia la tecnologia. L’attenzione progettuale rivolta alle interfacce e al design esperienziale è cruciale per il successo di qualunque modello. L’automobile è considerata una piattaforma digitale e interconnessa prima ancora di un mezzo di locomozione. Un altro aspetto su cui desidero soffermarmi è proprio l’elettrificazione.

Nel mondo occidentale ha una stretta correlazione con il tema della sostenibilità ambientale (leggi qui) e della trasmutazione d’immagine delle storiche firme automotive. In Cina, al contrario, l’alimentazione elettrica rappresenta il futuro, l’essere all’avanguardia, l’ultima novità. Ha quindi un fondamento diverso. Parlando dell’evoluzione del design, credo che il mercato cinese proseguirà ad assimilare le tendenze europee. Ci sarà una grande espansione di piattaforme e di accumulatori modulari, in grado di essere declinati su tanti modelli differenti. Cambieranno le proporzioni e i volumi, mentre l’abitacolo sarà teatro di rivoluzioni radicali, avvicinandosi a un ambiente architettonico con l’aiuto della guida autonoma. Il prototipo Oushang ben sintetizza quanto ho appena affermato. La ricerca e la tecnologia contribuiranno a rendere possibili tali modifiche progressive nella morfologia dell’automobile. Muterà anche il rapporto tra questo prodotto e le persone, specialmente mediante la diffusione della mobilità condivisa. Il tutto sarà legato all’ottimizzazione dei costi.

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3 COMMENTI

  1. Confermo che gli articoli di Giovanniedoardo sono sempre interessanti e mettono curiosità. Non ero a conoscenza di questo prodotto e devo dire che è un peccato che sia stato aggiunto alla grande lista dei mezzi “nuovi” nati imbalsamati. …e complimenti al designer!

  2. Complimenti al Dott. Chiesa, troppo interessanti gli argomenti trattati nei Suoi articoli.

    Questo sull’3R-C Honda e Krzanowski risulta inferiore solo a questo: https://www.vaielettrico.it/fiat-centoventi-e-le-sue-sette-sorelle-una-storia-elettrica-iniziata-nel-1972/

    Visto che a Ginevra arriverà la 500 Elettra, non resta che aspettarci un’intervista al suo papà: Roberto Giolito. Magari con qualche scoop: avrà la piattaforma a batterie modulari Add-a-Pack sistem della Centoventi?

    • Grazie Alberto per l’apprezzamento e per la costante partecipazione all’interno del sito.

      La 500 elettrica sarà certamente un progetto da seguire con cura, sperando che si possa ritagliare uno spazio primario in questo 2020 sul portale, e non solo.

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