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Il caso Atari docet? No, Tesla non farà la stessa fine

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Il caso Atari
C'è spazio per la Tesla nel futuro dell'auto? O rischia di ripetersi un caso Atari?

Il caso Atari docet e Tesla non farà la stessa fine. Lo assicura in una interessante analisi il sito Cleantechnica.(clicca qui). Spiegando perché a tremare dovrebbero essere soprattutto i marchi storici dell’automotive.

Il caso Atari spesso accostato a Musk, ma…

L’analisi parte da una premessa: predire il futuro, in affari, è quanto di più difficile esista. Vent’anni fa a Wall Street il titolo Amazon faceva ridere i polli, con le sue croniche perdite di bilancio. Gli investitori, invece, erano innamorati di Pets.com, che arrivò ad acquistare i costosissimi spot televisivi nella finale del Super Bowl. Roba da milioni di dollari per pochi secondi. Peccato che, di lì a un anno, Pets.com saltò, mentre ora è Amazon a ridere di chi la sfotteva. Ma il caso che più spesso viene richiamato come azienda dall’impatto “disruptive” al suo apparire, e quindi accostato a Tesla, è quello di Atari.

AtariFondata nel 1972, di fatto inventò il business dei video-games, prima nelle sale-giochi e poi nel mercato-home con l’Atari 2600 (1977). Tutto andò a gonfie vele fino al 1983, quando il business entrò in crisi.

La storia: arrivò Nintendo con un’offerta

Proprio in quei mesi una start-up giapponese chiamata Nintendo chiese di incontrare il management di Atari. Aveva messo a punto un video-gioco chiamato Famicom. E lo offriva agli americani temendo che il nome Nintendo non avrebbe detto nulla ai ragazzini di tutto il mondo. Atari rifiutò. Aveva già pronta una nuova console, la 7800, e Nintendo provò a lanciare da sola il suo Entertainment System (NES). La fine è nota: dopo avere venduto 25 milioni di pezzi del VCS/2600, Atari scese a circa un milione con la console 7800, arrivata in ritardo.  Della NES, invece, Nintendo vendette 61,91 milioni di pezzi. logo atariAtari tentò con una nuova console, denominata Jaguar, ma ormai eravamo nel patetico: se ne vendettero 250 mila. E dopo lunghe peripezie il marchio fu venduto ad Hasbro Interactive per $5 milioni. Spiccioli, per un’azienda che sembrava avere il futuro nelle mani. Da allora Atari ha fatto notizie soprattutto per i depositi acquistati nel New Mexico per stivare i prodotti invenduti (leggi qui), tra cui milioni di cartucce. Ma l’autore dell’articolo,  (pseudonimo di un noto business-man) ritiene che gli Atari di oggi siano i marchi storici dell’automotive, molto più di Tesla.

A tremare sono soprattutto i competitor

La transizione all’elettrico, appena iniziata, rischia di costringere le Case tradizionali ad un’attraversata costellata da anni difficili. Con la necessità di vendere con forti sconti, se non sottocosto, le auto tradizionali (cosa che spesso sta già succedendo). E con il valore dell’usato che continua a calare. Un dato anche questo che impatta sui bilanci, dato che molte vendite sono effettuate con noleggi a 3-4 anni, con ritiro dell’auto a fine contratto. E con la necessità, infine, di convertire molti stabilimenti a nuove produzioni nell’elettrico.

Tesla death anniversary
CleanTechnica, con azzeccata ironia, ogni anno festeggia l’anniversario della più volte pronosticata, prematura morte di Tesla. Mai avvenuta, ovviamente.

Insomma, la storia di Atari sembra più attagliarsi ai competitors di Tesla che non all’azienda di Elon Musk. Allora ci fu incapacità di rinnovare i prodotti e di capire dove stava andando il mercato. Ora Tesla continua a lanciare nuovi modelli (tra cui, a ore, il pick-up). E soprattutto a costruire un mondo di servizi attorno alla sua offerta. Il caso Atari (e anche la storia di Kodak, con tutto quel che avvenne con l’avvento del digitale e dei telefonini) sembrano insegnare molto. A Tesla, certo, ma molto di più alle marche che hanno fatto la storia dell’auto.

— Leggi anche: 5 motivi per dire che Tesla è fuori dal tunnel

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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4 COMMENTI

  1. Egrogio dottore, purtroppo non ho ancora visto una risposta alla mia considerazione che si trova nel link sopra citato. Cordialmente,

  2. Credo che in BMW, Mercedes e company stiano tremando dalla paura. Avevo smesso di comprare Quattroruote quando il direttore era Tedeschini. Ora, all’improvviso, mi ricordo il perchè. Come ho già detto qui https://www.vaielettrico.it/5-motivi-per-dire-che-tesla-e-fuori-dal-tunnel/#comment-4374 tesla non ha un vero vantaggio strategico sui suoi concorrenti, ed ammettere in una lettera mandata ad un cliente scontento che “Non ci si può aspettare da Tesla lo stesso livello qualitativo dei concorrenti” non mi pare unbuon viatico.

    • Beh, Paolo, aveva smesso i comprare Quattroruote quando il direttore era il sottoscritto. Poi ci ritroviamo qui: non è buffa la vita?

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