Romano Prodi pensa che l’auto elettrica sia una delle “Caravelle” sulle quali i cinesi andranno alla conquista della nuova America, cioè il mercato globale. Suo figlio Giorgio, professore associato di Economia a Ferrara, già animatore, con Alberto Forchielli, dell’Osservatorio Cina e ora ricercatore presso l’Istituto torinese di studi sulla Cina T.wai, concorda.
Ma non è del tutto convinto che la sconfitta dell’industria automobilistica occidentale sia già acquisita e comunque pensa che la vera guerra, se ci sarà, comincerà solo tra una ventina d’anni, quando il mercato interno cinese dell’auto a zero emissioni sarà saturo. Certo, ragiona, da molti anni le autorità di Pechino hanno pianificato la sostituzione dei motori endotermici con quelli elettrici, sia per le auto, sia, ancora più massicciamente, per scooter, mezzi leggeri, autobus e biciclette.
Pur essendo già oggi i maggiori produttori al mondo di veicoli diesel e benzina, infatti, i cinesi non sono mai riusciti ad uscire dai loro confini. “Un po’ perché i produttori più importanti sono in realtà controllati da marchi occidentali che si limitano a riversare in Cina la tecnologie sviluppate altrove, un po’ perché il mercato è frantumato tra un centinaio di aziende, nessuna delle quali ha la massa critica per sviluppare innovazione”.
Completamente diverso è invece il panorama dell’auto elettrica. “I grandi sono meno di una decina _ spiega Giorgio Prodi _ sono aziende giovani che partono alla pari rispetto ai concorrenti europei e americani e che spesso hanno radici nella tecnologia delle batterie e nell’elettronica, dove la Cina è ormai una realtà di assoluta avanguardia. Infine hanno il vantaggio di crescere rapidamente sui grandi numeri del mercato interno, conseguendo grandi economie di scala”.
Dunque quel che sarebbe improponibile per le auto diesel e benzina cinesi _ l’esportazione sui mercati “ricchi” _ diventa più che plausibile per le e-car. Ciò che del resto è già avvenuto per ciclomotori, scooter ed e-bikes. Ma Prodi avverte: “L’auto è un ambiente più complesso, con cicli di innovazione molto più lenti. Poi il sistema Cina comincia ad essere molto indebitato e forse gli incentivi a pioggia non saranno sostenibili a lungo. Quindi non è scontato che i produttori cinesi di auto elettriche riescano a far valere i loro vantaggi competitivi sui mercati globali. E quando saranno pronti a farlo, tra dieci o vent’anni, troveranno i grandi costruttori molto più attrezzati a contrastarli”. Potrebbero scegliere un’opzione B: comprare qualche importante “griffe” occidentale dell’auto, pilotandone la conversione all’elettrico, come già accaduto nel caso della Geely che ha appena rilevato la Lotus.