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Sindrome cinese

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Governo Cinese

Un piano di incentivi pubblici che non ha uguali al mondo, eccettuando forse la Norvegia, ha fatto della Cina il primo produttore e il primo “consumatore” di veicoli elettrici sul Pianeta. Dal 2013, anno in cui è entrato in vigore l’ultimo piano Nev (New Energy Vehicle) le immatricolazioni annue di auto a zero emissioni sono salite da 15.000 a 257 mila.

Le colonnine di ricarica sono passate da 0 a 141 mila, e oggi quasi pareggiano quelle installate nel resto del mondo (187 mila). Calcolando anche l’autonomia delle batterie delle auto vendute si è passati in Cina da una percorrenza teorica di 1 milione di chilometri a 63 milioni, 30 volte di più. Nel resto del mondo, nel 2016 si è arrivati a 140 milioni di chilometri, solo quattro volte più di tre anni prima. E nonostante il ridimensionamento degli incentivi scattato il 1° gennaio 2017, nel secondo trimestre di quest’anno i cinesi hanno accelerato ancora, producendo 115 mila auto elettriche, cioè il 44% dell’intera produzione mondiale mentre nelle auto a motore termico la loro quota è ferma al 6%. Tuttavia gli obiettivi del governo sono ancora più ambiziosi. Per il 2018 i veicoli a zero emissioni dovrebbero toccare l’8% dell’intero mercato (oggi sono l’1%), per il 2019 il 10% e per il 2020 il 12%.

Governo CineseEcco perché sono scattate le pressioni delle altre grandi case automobilistiche mondiali per convincere Pechino a sospendere il piano. Ai ritmi attuali di crescita, infatti, i produttori cinesi rischiano di acquisire una supremazia industriale e tecnologica incolmabile sul resto della concorrenza. Pochi giorni fa il governo cinese ha accolto parzialmente la richiesta cancellando l’obiettivo per il 2018, confermandolo però per gli anni successivi. Se c’è una qualità sicura che i cinesi hanno è quella della lungimiranza. Qualsiasi cosa l’amministrazione del Paese faccia non è per ottenere risultati nell’immediato bensì per generarli nel futuro. È così che ragionano i cinesi.

Governo CineseMa come si è arrivati all’attuale boom? Fino alla morte di Mao Zedong (1976) la Cina combatteva contro se stessa, contro le sue vecchie tradizioni e contro il pericolo di divenire essa stessa uno stato capitalista inseguendo lo sviluppo più che il progresso. Dal 1976 al 1989 ha vissuto un intermezzo fatto di strade smarrite, quadri del Partito corrotti, espulsioni, repressione. Dagli anni ’90 venne trovata una sorta di “soluzione” che avrebbe dovuto far diventare la Cina la più grande potenza economica del mondo (facendo leva sulla sua imponente forza lavoro) senza per questo abbandonare i più deboli. Diventare capitalisti senza abbandonare la via socialista era l’obiettivo.

Ecco perché il sogno dell’elettrico, resosi necessario a causa dell’inquinamento prodotto dalla rapida industrializzazione, non poteva farsi attendere. Tuttavia il governo sa benissimo che anche se tutte la macchine del Paese divenissero elettriche in un battibaleno l’inquinamento dell’aria calerebbe soltanto del 19%. Ciò perché per produrre elettricità la Cina utilizza il carbone al 75%. Quindi se un’auto elettrica in Francia, grazie al massiccio ricorso all’energia nucleare, genera appena 8 grammi di gas serra (CO2) al chilometro, in Cina ne genera 120 grammi.

CONTINUA CON: Sindrome cinese/2 Gli incentivi

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