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Fresco di stampa: “Auto elettriche come il gas russo”

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In media nei 9 Paesi europei più importanti le auto elettriche nel ciclo di vita emettono il 63% di CO2 in meno.

Abbiamo letto anche questo:  che le auto elettriche sono peggio del gas russo. Dopo “Piazza Pulita” sulle 52 ore del viaggio Roma-Reggio Calabria (leggi) e lo sfogo della giornalista fiorentina ecco un altro esempio, l’ennesimo, del pressapochismo con cui la stampa italiana affronta i temi della transizione energetica e della mobilità sostenibile.

Dalla padella russa alla brace cinese

Tutta Europa si chiede come affrancarsi dalla dipendenza del gas russo, grazie al quale oggi riscaldiamo le nostre case, produciamo circa un terzo dell’energia elettrica e diamo energia ad alcuni dei settori portanti della nostra economia. Ma questo è ancora niente se paragonato a un nuovo e ben più drammatico rischio legato alla transizione dall’auto a pistoni a quella elettrica.

Significherebbe «passare dalla padella degli idrocarburi russi alla brace dell’automotive cinese» ammoniscono infatti i tre quotidiani del Gruppo Monti-Riffeser (Il Giorno, il Resto del Carlino e La Nazione) in un’inchiesta apparsa a pagina 9 dell’edizione di domenica 24 aprile.

Tabarelli-Bonometti, i giudizi imparziali

Per dimostrare la tesi dell’ardito titolo a tutta pagina («Auto elettriche come il gas russo») l’articolista chiama a supporto fonti “terze” ed imparziali. Tipo il guru dei petrolhead Davide Tabarelli e  il consigliere di Confindustria Marco Bonometti, titolare di Officine Maccaniche Rezzatesi, azienda specializzata nella produzione di componenti motore e trasmissione in alluminio e ghisa per l’automotive.

Ai due è affidata la riproposizione di sconvolgenti “verità”. Bonometti, per esempio, ci svela che «in Italia mancano le materie prime per le batterie, cioè litio e nichel, che arrivano dall’Asia». Ma: in Italia mancano tutte le materie prime, compresi i metalli che Bonometti utilizza nella sua azienda; il litio proviene suprattutto dall’Australia e dal Sud America; il nichel si estrae in tutti i continenti, dall’Africa, dall’Australia, dal Nord America.

La Cina, rincara la dose l’articolista, produce metà del totale delle auto elettriche vendute oggi nel mondo e metà dei 12 milioni e rotti stimati per il 2028. Ma: la Cina produce soprattutto per i suoi 1,2 miliardi di abitanti, che infatti rappresentano metà del mercato mondiale delle BEV;  la Cina domina già il mercato auto in generale con oltre il 30% della quota globale e l’Asia nel suo complesso arriva oltre il 65%; le vendite di auto cinesi in Occidente, elettriche o termiche, sono pari a zero virgola.

Ciononostante Tabarelli è convinto che con le fonti rinnovabili e le auto elettriche «ci diamo la zappa sui piedi». La sua ricetta? «Ricerca sull’efficienza del diesel». Insomma, quello che l’industria dell’auto sta cercando di fare da vent’anni, senza cavare un ragno dal buco.

Tuttavia questi sono pareri. Discutibilissimi, ma legittimi. Ancora più sconcertanti sono però i titoletti a corredo della pagina.

28 mila colonnine: se vi sembran poche…

Dove si svela, per esempio, che i punti di ricarica pubblici per auto elettriche in Italia sono «solo 28 mila». Pochi o tanti? L’articolista non lo dice. Rapportiamoli però alle auto elettriche circolanti, che sono meno di 200 mila. Per 38 milioni di auto termiche, invece, sono disponibili in Italia meno di 20 mila distributori di carburante; numero per di più in rapida riduzione, mentre i punti di ricarica per auto elettriche negli ultimi tre mesi sono aumentati del 7% (ritmo al quale ce ne troveremo il 28% in più a fine anno). E senza dimenticare che i possessori di auto elettrica ricaricano per il 90% nel garage di casa…

E sulle emissioni? Numeri a casaccio

Un secondo titoletto recita: «Le vetture cinesi inquinano di più». Lo «dimostra», leggiamo, uno studio della Fondazione Caracciolo (centro studi dell’Aci) in collaborazione con il  centro ricerche sull’automotive dell’Università Guglielmo Marconi.  Pur senza spiegarne il motivo, il breve articolo, 20 righe in tutto, sostiene che le auto cinesi emettono il 35% in più «di carbonio» (anidride carbonica, in realtà) di quelle europee. Peraltro nella premessa si dice che «dalla fabbricazione alla rottamazione un’auto elettrica produce emissioni fino a 29 volte più basse rispetto a un veicolo endotermico». Alzi la mano chi ci capisce qualcosa.

 

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