Dalla Trabant alla ID.3. C’è una fabbrica, a Zwickau, che fa la storia. Lì nasceva la mitica utilitaria della DDR e lì la Volkswagen costruirà “l’elettrica del popolo”.
Da qui usciva il mitico “cartone viaggiante”
Per la Germania comunista la Trabant era davvero la machina del popolo. L’unica acquistabile, di fatto. La sua avventura iniziò nei primi anni ’50 e durò fino al 1991 quando, con l’unificazione, il governo di Bonn ne decretò la fine. Troppo antiquata per un Paese moderno. Eppure per quattro decenni era stata per i tedeschi dell’Est quello che il Maggiolino prima e la Golf poi erano state per i tedeschi dell’Ovest: l’auto di tutti, il modello in cui si riconosceva la memoria collettiva.

Poi quella fabbrica, in Sassonia, è stata rilevata dalla Volkswagen e ora un altro pezzo di storia si accinge a passare sotto quelle volte. Ovvero la costruzione della prima auto elettrica di massa della marca, quella ID.3 che la Volkswagen definisce “non per milionari, ma per milioni di clienti“. Con l’ambizione di diventare una fabbrica modello, a emissioni zero nella somma dell’intero processo produttivo. Proprio là dove c’era l’antica, super-inquinante, fabbrica della Trabant.
330 mila elettriche all’anno, anche Audi e Seat
Dalla Trabant alla ID.3, come si diceva, il salto è lungo. E l’ultima trasformazione del nevralgico impianto di Zwickau viene raccontato in un dettagliato report sul sito Volkswagen Newsroom. Uno stabilimento definito “la prima, la più grande, più performante e sostenibile e-fabbrica d’Europa“, dove la ID.3 è già in pre-produzione (leggi). Quid al 1990 in poi, la marca tedesca ha costruito 5 milioni e mezzo di auto, soprattutto Golf e Passat. E qui a regime verranno costruiti 6 modelli per complessive 330 mila unità all’anno, non solo per la Volkswagen, ma anche per Audi e Seat.
Con un investimento di 1,2 miliardi di euro e un organico invariato. Nonostante che, sottolinea l’azienda, “le auto elettriche siano molto più semplici da costruire”. La superficie occupata, a forza di ingrandimenti, è arrivata a 1,8 milioni di mq, l’equivalente di 252 campi di calcio.
Una fabbrica “CO2-free” in 6 mosse
L’obiettivo più ambizioso è rendere la fabbrica CO2-free. Con questi progetti:
- Elettricità green: l’impianto di Zwickau dall’aprile 2017 è rifornito al 50% da una società del gruppo, Volkswagen Kraftwerks, che vende energia da rinnovabili (idroelettrico, solare, eolico). Il prezzo è un po’ più alto della media di mercato, ma consente di risparmiare l’emissione di 106 tonnellate di CO2 all’anno
- Cogenerazione con gas naturale. Il restante 50% è prodotto in loco con un impianto a gas naturale, usato anche per il riscaldamento della fabbrica.
Ingolf Keller, responsabile dei consumi energetici di Zwickau. - Tutti i padiglioni, nuovi e vecchi, sono in linea con le più recenti ordinanze del governo tedesco sul risparmio energetico (isolamento, finestre, caratteristiche del tetto…). Questo minimizza il consumo di elettricità, acqua e riscaldamento. Una volta al mese nei vari reparti si discute di come ridurre i consumi. E nel week end le centrali idrauliche restano chiuse.
- Anche il consumo di gas in produzione (per esempio nel fissaggio post-verniciatura) è stato ottimizzato per evitare sprechi ed emissioni inutili.
- I nuovi sistemi sono dotati di ventole e pompe frequency-regulated, più costosi dei vecchi motori tristi-fase, ma più precisi nel regolare la quantità di energia.
- E infine i compressori ad aria: sono numerosi in produzione e anch’essi sono stati energy-optimized per ridurre le emissioni di CO2.
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La sala di controllo dell’impianto a gas che produce energia e fornisce il riscaldamento.
Rispetto per la mitica Trabant, ha venduto più 3,1 milioni di macchine, giusto riparlarne quando la ID.3 sarà arrivata lì.