Site icon Vaielettrico

Batterie o idrogeno? Comunque, la rivoluzione viaggia in Taxi

taxi

A Parigi in arrivo una flotta di 600 taxi a idrogeno

I Taxi sono tra i veicoli più adatti alla conversione alle “emissioni zero”. Alcune città italiane hanno già aperto a piccole flotte di Taxi a batteria, ma siamo ancora agli inizi. Nel resto d’ Europa, invece, la rivoluzione accelera.  Con un mix ottimale fra veicoli elettrici puri e veicoli elettrici a idrogeno. Ecco come e perchè

Timidi tentativi a Firenze e Milano

di Alessandro Abbotto∗

Dapprima saranno i taxi. Quando si parla di innovazione nelle abitudini di guida degli autoveicoli, spesso si può partire da quello che succede nel mondo dei taxi e dei tassisti, ovvero nelle abitudini di coloro che guidano per molte ore un’automobile per lavoro.
Quando ancora le automobili ibride erano sconosciute o considerate di nicchia, le Toyota ibride, in alcune città come Milano, sono state la scelta di molti tassisti. Poi è stata la volta dell’elettrico, con città come Firenze, dove il Comune ha incentivato il passaggio alle BEV (battery electric vehicle). Nel 2018 Firenze ha raggiunto l’obiettivo di avere in servizio  70 taxi elettrici. E oggi esiste addirittura una società di radiotaxi la cui flotta è completamente elettrica. Dovremo quindi attenderci in questo settore la prossima rivoluzione?

Gennaro Borrelli, tassista Tesla di Modena.

In Europa decollano anche i taxi FCEV

La risposta è si, e questa volta sarà il turno delle FCEV (fuel cell electric vehicle), le automobili elettriche ad idrogeno. Andando a spulciare qua e là nei piani di sviluppo europei e nazionali si scopre quello che possiamo attenderci nei prossimi anni.
A livello europeo si prevede, proprio per i taxi, la più grande quota di mercato rispetto al totale parco circolante, con oltre il 15% entro la fine del decennio e la maggioranza degli autoveicoli pubblici (almeno 55%) a più lungo termine (scenario 2050).

Oslo, Taxi Ice al bando dal 2023

L’Olanda, sempre molta attenta alle problematiche legate alla sostenibilità e spesso in prima linea anche con scelte innovative, ha messo a punto un piano nazionale che prevede di ridurre del 50% le emissioni climalteranti entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Questo ambizioso piano comporta entro il 2030 che tutti i nuovi autoveicoli venduti dovranno essere ad emissione zero e per il 2025 che il 50% di tutta la flotta dei taxi circolanti sia ad emissioni zero. L’obiettivo è mettere su strada 15.000 taxi FCEV entro il 2025 e ben 300.000 (!) entro il 2030. La Corea del Sud pianifica 80.000 taxi FCEV entro il 2040.

La Toyota Mirai a idrogeno, una delle maggiori attrazioni nella carovana del Giro d’Italia 2019.

Anche nell’elettrico a batteria i taxi apriranno la via alle nuove tecnologie. La città di Oslo ha sviluppato un piano per diventare la prima città al mondo ad installare le stazioni di ricarica wireless per le flotte dei taxi opportunamente ingegnerizzate, piano che si aggiunge a quello di raggiungere (sarà la prima nazione) il 100% dell’intera flotta di taxi ad emissione zero entro i prossimi 2-3 anni anni.

Taxi a idrogeno, tutto è più easy

Ma perché partire proprio dai taxi? La risposta è nella complementarità della tecnologie FCEV, rispetto a quella BEV, che viene particolarmente sfruttata in alcuni ambiti. I taxi (ma anche tutti i servizi analoghi come NCC) hanno bisogno di grandi autonomie e tempi di rifornimento veloci. E qui vi sono due alternative, rimanere sui combustibili fossili (alternativa che spero nessuno appoggi e, tanto meno, incoraggi con incentivi) o passare alle FCEV. Le FCEV già oggi consentono autonomie fino a 800 km e tempi di rifornimento che sono fino a 10-15 volte più veloci delle BEV (considerando per quest’ultime la ricarica “fast”), consentendo un pieno in meno di 5 minuti anziché, nel migliore dei casi, 1 ora.

Una stazione per il rifornimento dell’idrogeno.

Come detto più volte, tutti questi discorsi diventano inutili se non si sviluppa allo stesso tempo una infrastruttura efficiente per il trasporto e uso dell’idrogeno. In particolare, è necessario sempre più sviluppare l’idrogeno “verde” o da elettricità rinnovabile, ad esempio sfruttando il surplus prodotto in alcuni periodi (variabilità stagionale), o direttamente da sole e acqua nei nuovi processi di fotosintesi artificiale. E poi bisogna aumentare significativamente il numero di stazioni di rifornimento, come detto più volte. In particolare, per i taxi questo sarebbe particolarmente conveniente. Se infatti, per fare il pieno, ogni taxi richiedesse 10-15 volte meno tempo rispetto ad uno elettrico, questo significherebbe anche poter sviluppare stazioni più piccole e diffuse in tutta l’area metropolitana a parità di numero di taxi da rifornire.

Taxi BEV e FCEV, questione di mix

Purtroppo, in tutto questo l’Italia spesso si trova a rincorrere, anziché anticipare, le scelte degli altri paesi. A quando una decisione politica che a) proibisca la vendita di automobili a combustibili fossili al più presto, b) fissi dei limiti temporali precisi per il raggiungimento dell’emissione zero a livello di immatricolazioni e c) proponga piani coraggiosi come quello basato su una intera flotta di taxi a zero emissioni, con un mix equilibrato di BEV e FCEV a seconda delle esigenze? Si tratta di un sogno? No, tutta realtà, ma per ora solo in altri paesi. Anche qui, basta copiare e magari fare, con un po’ di coraggio e soprattutto visione, qualche passo in più per non rimanere sempre all’inseguimento.

Direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano – Bicocca

—— Vuoi far parte della nostra community e restare sempre informato? Iscriviti gratuitamente alla nostra newsletter e al nostro canale YouTube ——

Exit mobile version