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Una filiera europea, dalle materie prime alle batterie? Ecco come

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Una filiera europea ed italiana delle batterie totalmente  sostenibile, dalle materie prime al riciclo: ecco come. A questo indirizzo è ora possibile rivivere in video il confronto fra mondo scientifico e mondo industriale promosso da Vaielettrico il 1° marzo scorso nell’ambito di Key 2024.   

Fra gli oltre 120 convegni che hanno animato la manifestazione, il nostro Mobilità elettrica e materie prime critiche: disponibilità, estrazione sostenibile, riciclo e nuove frontiere della ricercaè stato uno dei più partecipati.

Ha svelato la consistenza reale del problema materie prime in relazione alla diffusione di massa delle auto a batteria e ha fatto il punto sulle tecnologie per il loro riciclo e riuso. Ha presentato esempi di aziende e imprenditori italiani già protagonisti globali di un business che si ritiene monopolio asiatico e ha alzato un velo su progetti innovativi europei dei quali anche l’Italia è parte attiva. Il messaggio è che la grande sfida tecnologica e industriale della mobilità sostenibile non è perduta in partenza.    

Alessandro Abbotto

Nichel e Cobalto: le auto elettriche ne utilizzano sempre di meno

Dati Iea alla mano, il professor Alessandro Abbotto, docente di Scienza dei Materiali all’Università Milano Bicocca,  ha dimostrato che l’auto elettrica impatta oggi marginalmente sulla domanda di metalli preziosi come Cobalto e Nichel.

Quest’ultimo è richiesto per il 90% dal comparto siderurgico per la produzione dell’acciaio Inox, mentre l’industria delle batterie intercetta circa il 60% della domanda mondiale di litio.

In prospettiva, con la conversione elettrica dell’intero parco auto mondiale, la richiesta di questi minerali critici potrebbe moltiplicarsi di 6-7 volte. Ma parallelamente già è aumentata l’adozione di chimiche alternative, che non li utilizzano o ne utilizzano in minori quantità. L’anno scorso, per esempio, le batterie Litio-Ferro-Fosfato (LFP) hanno coperto il 30% del mercato.

filiera europea batterie
Nicola Armaroli

Il litio? Oggi ne possiamo estrarre per 4 miliardi di veicoli. E anche in Italia…

 

Abbiamo litio a sufficienza per coprire la richiesta dei prossimi 20-30 anni? Il professor Nicola Armaroli, direttore di ricerca del CNR, ha sostenuto che le risorse mondiali stimate sono oltre 100 milioni di tonnellate. Le riserve accertate e sfruttabili sono  invece fra i 30 e i 35 milioni di tonnellate. Sono sufficienti a produrre circa 4 miliardi di veicoli elettrici, a fronte di 1,3 miliardi di vetture circolanti.

La materia prima vergine si estrae da rocce, in Australia, o da salamoia in Cile. Ma ampie riserve di litio sono presenti in Europa, negli Stati Uniti. E perfino in Centro Italia, per circa il 20% del fabbisogno nazionale futuro. «Ci garantirebbero un “buffer” per affrontare momenti di crisi nelle forniture» ha detto.

Il riciclo: un giacimento virtuale europeo

Senza contare che Litio, Cobalto, Manganese, Nichel e tutti gli altri materiali contenuti in un pacco batteria non si bruciano come avviene invece per il petrolio. Possono essere riciclati e riutilizzati infinite volte. Diventano cioè nuovi giacimenti virtuali. L’ing. Angelo Forestan che con a sua Spirit è il pioniere italiano del riciclo batterie, denuncia però il rischio che i pacchi a fine vita vengano sottratti alla filiera europea delle batterie e ne facciano incetta asiatici e americani.

In Asia, in particolare, il riciclo delle batterie è oggi molto più redditizio: manodopera a basso costo, pochi vincoli ambientali, processi più grossolani (l’impianto sviluppato da Spirit costa 4 milioni di euro, quelli cinesi appena 450 mila)  determinano un gap di competitività incolmabile.

L’Europa ci aiuti a non farcelo scippare

Perciò, denuncia Forestan, una filiera europea delle batterie può svilupparsi soltanto se l’Unione europea modificherà la direttiva appena entrata in vigore. Serve  protezione dalla concorrenza sleale, sostegno alle nuove aziende, e finanziamenti alla ricerca.

Spirit, con le sue sole forze, ha sviluppato una tecnologia rivoluzionaria che permetterà il recupero di tutti i materiali catodici già totalmente purificati e pronti per il riutilizzo.

Un business da 6,3 miliardi di euro

Camilla Testori ha presentato i risultati di uno studio di PwC Startegy& sul business potenziale del riciclo in Europa. Quantifica in 3 milioni di tonnellate annue il volume di batterie da trattare al 2050 in Europa, per un valore totale di 6,3 miliardi di euro annui. A fronte di una capacità pari, oggi, a sole 80.000 tonnellate annue, si richiederanno investimenti in nuovi impianti per 2,6 miliardi di euro.

Con i cinesi giochiamo d’anticipo

Una quota fino al 15% delle materie prime da reimmettere nell’economia circolare proviene già dagli scarti di lavorazione delle celle, ha spiegato Luca Di Silvio di Manz, uno dei fornitori leader di linee di produzione per celle batteria. Quella delle celle al litio è una tecnologia complessa e giovane, ha detto. Ed è ancora altamente inefficiente.

Nei prossimi anni le linee di produzione si affineranno, il design delle celle consentirà meno sprechi e più facilità di disassemblaggio a fine vita. L’Europa, ha concluso «non può rincorrere gli asiatici, copiando le loro soluzioni: deve anticiparli sulle soluzioni dei futuro».

Silvia Bodoardo

Nuovi orizzonti per la filiera europea delle batterie: ioni di sodio e le celle  zolfo-ossigeno

 

Di strada ne è stata fatta, ha spiegato la professoressa Silvia Bodoardo che guida numerosi progetti europei per la batterie del futuro anche nell’ambito del programma Battery Alliance 2030. Per esempio riducendo le percentuali dei tre metalli più critici nelle celle tradizionali. Nelle celle Nichel-Manganese-Cobalto (NMC) si è partiti da 33% per ciascun elemento. Oggi il Nichel da solo copre l’80% mentre gli ultimi due metalli sono scesi a meno del 10%.

«L’innovazione è velocissima – ha detto Bodoardo -. Avremo presto  batterie che sostituiscono il litio con il comunissimo e poco costoso sodio. E già stiamo sviluppando batterie zolfo-ossigeno, altrettanto economiche ma con un’altissima densità energetica. Penso che il futuro non sarà dominato da una sola chimica vincente, ma da più soluzioni, ciascuna dedicata a uno specifico utilizzo».

Il rinascimento della chimica italiana

Secondo la  ricercatrice  la filiera europea delle batterie coinvolgerà anche l’industria chimica. Quella italiana vanta gloriose tradizioni e potrebbe rinverdirle nella raffinazione delle materie prime per le batterie. Sulle dinamiche dei prezzi, infine, si è detta convinta che il trend discendente continuerà e ha rivelato che CATL è pronta a lanciare celle da 50 euro al kWh.

Il cavalier Federico Vitali

“Ho scommesso sul litio 20 anni fa. Ora costruirò la prima gigafactory italiana”

«Nel 2004 ho venduto le mie prime batterie al litio a 6.000 euro a kWh. Oggi anche i nostri sistemi più sofisticati costano un decimo»  gli ha fatto eco il cavalier Federico Vitali, socio fondatore di FIB-Famm. La sua azienda ha avviato l’impianto di Teverola che a regime produrrà celle LFP per 350 MWh. Entro il 2026 entrerà in produzione la nuova gigafactory da 8 GWh, la prima in Italia.

Il treno non è perduto, basta crederci

E’ convinto che l’Europa non abbia ancora “perso il treno” e che l’Italia possa diventare un player importante nelle batterie «se svilupperà una sua filiera, dalla raffinazione delle materie prime al loro riciclo». «Basta credere nei propri sogni, come feci io 20 anni fa, quando scommisi sul litio nello scetticismo generale».

La Sala Tulipano di Fiera Rimini gremita per l’evento promosso da Vaielettrico

L’imprenditore ha concesso anche due ghiotte anticipazioni. Famm sta finalizzando una trattativa con Fincantieri e autorità europee per equipaggiare con le proprie batterie al litio la futura flotta di sommergibili europei. Inoltre svilupperà con STM componenti elettronici per innovativi sistemi predittivi sul funzionamento delle celle.

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23 COMMENTI

  1. Grazie per aver messo on-line il video dell’evento

    contiene informazioni molto interressanti, una anteprima degli “addetti ai lavori” di cosa succederà a breve, con interi nuovi settori chimici e industriali in sviluppo anche da noi

    molto apprezzate anche le capacità divulgative, di spiegare in modo comprensibile e sintetico, e la simpatia degli ospiti, compreso un pizzico di orgoglio nazionale del presidente della fabbrica di batterie FAAM

    PS: è un peccato che l’impianto di riciclo Spirit non venga aiutato in questa fase inziale di investimenti e ancora basso quantitativo di materiali riclicabili, per ampliare i processi che utilizza e testa (se ho capito diceva che per ora non usa l’idrometallurgico, come fanno ancuni colossi del riciclo all’estero, ma altri tipi di separazione dei materiali, ancora meno impattanti ma forse (?) anche meno precisi nel separare e recuperare tutte le componenti)

    chissà se fosse stato in America o in Nord Europa lo avrebbero considerato una start-up o una azienda strategica da sostenere nelle fasi più toste dello sviluppo, mentre se ho capito bene per ora si gestisce e sostiene in modo autonomo come una normale impresa

  2. Un saluto ai sig.ri Franco e MASSIMO,
    ma questa transazione alle rinnovabili e a caduta alla mobilità elettrica è per voi come un sassolino nelle scarpe?
    Mi spiegate cosa vi cambia da qui al 2035?
    Avete aziende che si occupano di energia da idrocarburi fossili? In questo caso posso capire la vostra opposizione.
    Nella trasmissione che ha dato spunto a quest’incontro si parla di ininfluenza della produzione di inquinamento se ci fosse la transizione. Ma se questo è il ragionamento, cosa cambia egoisticamente se opteremo per una mobilità elettrica rispetto ad una termica? Una risposta vi è stata posso data ed è che inquinamento per inquinamento prodotto in fase di estrazione, trasporto e lavorazione dei minerali/idrocarburi abbiamo che con l’elettrificazione eliminiamo l’inquinamento locale che continueremo ad avere con l’attuale mobilità termica. Solo questo a noi porterebbe benefici.
    Perché l’opposizione che si fa è puramente basata su opportunità di business egoistiche.
    Io però ho un dubbio. Se non ci attrezzeremo quanto ci costerà rimanere con questo sistema energetico?

  3. Attendiamo la prima gigafactory poi, una volta che sarà a regime produttivo, forse ne riparleremo…fino ad allora rimangono chiacchiere, investite o trovate chi vuole investire

    • Buongiorno Massimo, la pensiamo diversa; a me viene in mente questo:

      auto EV o ICE è come la caffettiera, poi per molti anni si deve comprare ogni mese le “cialde” adatte, e quelle petrolifere costano care e non le può produrre sul territorio nazionale

      ogni anno solo per l’Italia decine di miliardi di euro vanno al’estero per l’aquisto di petrolio, capisce che giro di soldi? nessuna spesa per le auto elettriche e per “fare” invece la corrente può eguaiare questa emorragia di risorse

      per me l’auto elettrica soddisfa il volere di affrancarsi dalla sudditanza economica con i petrolieri, oltre che da un sistema troppo inquinante

      interessi dei petrolieri che invece i politichini sovranisti difendono, e raggolgono tifoseria con gli slogan per le elezioni (“il volere dei cattivoni di bruxelles”)

      spero che non si farà manipolare ancora a lungo da quelli che per me sono solo dei furbetti; per chi sente l’esigenza di schierarsi “contro qualcosa” per sfogarsi o darsi da fare, ci sarebbero cosi tanti temi che invece lo meriterebbero

    • Più che altro vedremo nel 2035 il prezzo dei carburanti e le tasse necessarie a compensare le emissioni

      • Io direi che prima di vedere al 2035 occorre vedere: le imminenti elezioni europee e lo status della transizione al 2026, poi penseremo al 2035

        • Il problema resta sempre il prezzo dei carburanti nel 2035 e i danni climatici che la politica potrà mettere sotto al tappeto in caso di elezioni europee sfavorevoli all’ ambiente ma che salteranno fuori dal tappeto con maggiore prepotenza nel giro di poco.
          Possiamo fare anche gli struzzi ma certi problemi non possono essere ignorati a lungo senza manifestarsi in modo devastante.

          • Prima di parlare del tanto vostro agognato 2035 qui in Italia si deve assicurare una rete di ricarica capace di sostenere ben 40 milioni di vetture, cosa che ancora non esiste.
            E poi perché abbia senso tutta la vostra storiella della CO2 bisogna convertire tutti gli impianti per la produzione della energia elettrica in sistemi a energia rinnovabile.
            Dunque devono cominciare a piantare centinaia di migliaia di colonnine per la ricarica, pale eoliche e impianti fotovoltaici.
            E’ un sacco di lavoro da fare. Quando l’avranno finito fatemi un fischio che vado subito a comprami l’auto elettrica pure io.

          • Lei insiste a postare le solite fesserie. Per sostituire 40 milioni di auto ci vorranno almeno 20-30 anni. Rete di ricarica e produzione di rinnovabili cresceranno di conseguenza. L’auto elettrica immatricolata oggi ne beneficerà in misura crescente durante i suoi 10-15 anni di vita utile.

          • Vostro agognato 2035? Ho già un’ auto elettrica io vivo già nel 2035 😂
            Lei si preoccupi che le spese nella Difesa scorrano copiose altrimenti il rifornimento lo farà col contagocce, evidentemente lo scherzo capitato col gas non le ha fatto suonare nessun campanello di allarme.

          • già ora usando una BEV in Italia si emette -70% di Co2, qui un esempio di calcoli per chi vuole verificare i dettagli:

            https://www.vaielettrico.it/emissioni-di-co2-anche-la-repubblica-fa-i-conti-giusti/

            usando il dato aggiornato del kwh medio europeo, nel 2023 sceso a 240 gr Co2/kwh, si trova circa -75%

            e ancora meglio usando il dato di Spagna o Portogallo che sono già più avanti con le rinnovabili, l’impronta carbonica media del loro kwh è già scesa a circa 100 gr Co2/kwh

            =======

            Rimane poi la questione denari ai petrolieri, quei 40-60 (?) miliardi annui di cui ci tassiamo per devolverli a queste società che importano il petrolio, noti per essere dei poveri indigenti, invece che investirli sul territorio o in opere internazionali più meritorie

            per raffronto, in Spagna e Portogallo nelle ultime settimane il PUN del kwh è sceso a 2-3 (!) centesimi a kwh

            per produrre energia elettrica inquinano poco e spendono niente

            ma mollateli questi slogan dei politichini sovranisti, se fosse per loro ci terrebbero fermi al palo, cioè paese indebitato e suddito energetico, pur di fare la loro carrierina da incapaci

          • -Dunque devono cominciare a piantare centinaia di migliaia di colonnine per la ricarica, pale eoliche e impianti fotovoltaici.-

            E non le punge vaghezza he potrebbe essere una pantagruelica occasione per rimettere in moto un’economia che oramai vive di “sostituzioni”?
            Ma la pacchia mica sarebbe solo per i “poteri forti” eh?
            Basta essere un piccolo imprendityore elettricista un filo furbo per capire che c’è il rischio di far soldi a palate con questa transizione.
            Danè che poi rimangono qui, e non vanno ad arricchire (ulteriormente) le cape di pezza.

            (tratto da: Prontuario per comunicare la transizione ai “no watt”, concetti facili per far presa sui più dubbiosi – Edizioni Hoepli – collana “un giorno o l’altro lo scriverò”)

        • E’ dai tempi del trattato di Tokyo che andiamo avanti con il discorso della riduzione delle emissioni e a quasi 30 anni da quella data siamo ancora così.
          Adesso che invece c’è il business cinese delle batterie e dell’auto elettrica sembra tutto diverso ma non è cambiato niente.
          La Cina continua ad inquinare ed in più gioca sporco sul mercato, ma l’Europa e non solo glielo hanno supinamente permesso.
          Adesso in odore di elezioni anche la Von Der Leyen apre sulla clausola di revisione del 2026 per gli e-fuel, ma pensa tu, mentre uno dei suoi avversari Manfred Weber, di recente ha promesso il ritiro del bando delle endotermiche in caso di vittoria.
          Chissà forse la democratica Ursula ha toccato con mano le conseguenze di una cavalcata cieca al Green che la potrebbe sbalzare dalla sella e si è fatta due conti?

          • Disinformazione alla stato puro. Il trattato è il “Protocollo di Kyoto” (1997). Fallì perchè non fu ratificato da molti firmatari, tra cui gli Stati Uniti. Lo rispettò l’Unione Europea, migliorando addirittura gli obiettivi 20/20. E’ stato aggiornato nell’Accordo di Parigi (Cop 21) nel 2016, sottoscritto da 197 Paesi. La Cop 28 dell’anno scorso a Dubai ha sottoscritto un documento che impegna tutti i firmatari a, testuale: “transitare fuori dai combustibili fossili e accelerare tale azione in questo decennio cruciale al fine di raggiungere la neutralità del carbonio nel 2050”. L’apertura agli e-fuel è già prevista nel testo del “Fit for 55” approvato l’anno scorso dall’Unione europea con la messa al bando dei veicoli “non a zero emissioni” a partire dal 2035. Manfred Weber non ha promesso il ritiro, come non l’ha promesso nemmeno Ursula von der Leyen che è stata candidata per un nuovo mandato dal Partito Popolare Europeo. Confermo: lei parla a vanvera

          • Chiunque raggiungerà la maggioranza dovrà per forza di cose proseguire con la transizione.
            In questo momento stanno seminando disinformazione e relativi malumori per dare conferme a chi a mio avviso guarda il problema da un unica prospettiva (quella che più gli fa comodo) al fine di ottenere la maggioranza.
            D’altra parte anche il nostro governo su molti obiettivi dichiarati prima di vincere le elezioni ha dovuto mollare.
            Quindi, sì è vero che siamo in working progress nell’affinamento delle tecnologia, ma è altrettanto vero le abbiamo e già oggi sono competitive con la controparte termica.
            D’altra parte un governo che vuole proteggere il sistema industriale italiano come può pensare di mantenere bassi i costi energetici usando gli idrocarburi fossili se sono proprio questi ultimi la causa dei costi energetici alti che ha la nostra industria?

    • caro Massimo

      se ne ha la possibilità (finanziaria e logistica) provi a investire (invece che in BOT etc) 15000 euro in un impianto F.V. sul tetto; magari riduce dell’80% le precedenti spese di corrente elettrica; magari usa le Pompe di Calore (climatizzatori PdC) usando il FV, riscaldando / raffrescando casa gratis quasi tutto l’anno … poi magare le viene in mente che un’auto a batteria (BEV) se la potrebbe caricare gratis per la maggior parte degli usi… con il sole (tramite F.V.)..
      e magari aspetta che escano sul mercato italiano le nuove BEV con V2G/V2H … che le consentono pure di usare la super batteria (>40kWh) di una auto elettrica per alimentare i consumi di casa la notte, dopo che è stata ricaricata col sole…

      magari non lo possono fare tutti … ma se quei (tanti, e sono abbastanza!) lo facessero … cambierebbero in meglio tante cose per tutti… a partire dal nostro ambiente vitale … la salute .. ma anche (paradossalmente) il portafogli !

  4. Oltre al video integrale su YouTube suggerisco di rendere disponibili degli short con estratti dei punti chiave di più facile condivisione. Questo genere di informazione dev’essere diffusa il più possibile soprattutto nelle parti in cui si smentiscono le fake a colpi di dati. Ancora troppa gente infatti crede alle solite bufale sulla sostituzione della batteria dopo 8 anni, fantomatici problemi di smaltimento etc…
    Servono dati reali e quando ci sono devono essere di facile diffusione

    • una nota rivista di settore ha fatto un check a varie batterie molto chilometrate e le ha trovate in buona forma ( c’è un video ” batteria 430.000 km youtube ” )

      testandole con Power Check Control, in breve:

      Audi Q4-Tron 82 kWh
      – 1 anno e 100.000 km -> 94%

      Tesla M3 75 kWh
      – 5 anni e 430.000 km -> 83%

      Nissan Leaf 30 kWh
      – 8 anni e 260.000 km -> 56%
      ( batteria piccola e non climatizzata)

      Huinday Kona 64 kWh
      – 4 anni e 146.000 km -> 93%

      BMW i3 R-Ext. 32 kwh
      – 7 anni e 91.000 -> 84%
      ( celle obsolete Samsung NCM 111)

      – hanno fatto anche un conto delle spese d’uso, e in pratica dopo tutti questi km una batteria nuova rischia di ripagarsi in buona parte da sola rispetto ICE
      =============

      Esempio di formula molto approssimata per batterie NCM

      – PER OGNI 30 kWh di capacità batteria di tipo recente, ci si può aspettare di fare da 150.000 km a 180.000 km prima perdere più del 20% di capacità; teniamo 150.000 km

      > batteria 30 kWh (Dacia Spring) -> 150.000 km perdendo 20%
      > batteria 75 kwh (Tesla LR) -> 375.000 km perdendo 20%

      – va aggiunto il degrado temporale, molto a spanne per ogni anno togliere 1,5% ( 2% il primo anno )

      > 4 anni -> perdita 6%
      > 8 anni -> perdita 12%
      > 12 anni -> perdita 18%

      sicuro ragionandoci meglio come formula è migliorabile (es. aggiungere parametro peso dell’auto)

      e per batterie LFP (più longeve) i valori sono da modificare

      • Ottima conferma dei benefici di un Range extender in funzione di charge sustaining…. Con le NMC 111 del 2014 da 2600mAh non abbiamo mai superato i 1000 cicli…. E ne abbiamo provate molte, sia in laboratorio che su strada (bicicletta elettrica). Sono tutte morte prima.

        Il conto dei 150.000 per ogni 30 kWh non è applicabile in quanto
        non lineare; cambia il fattore di utilizzo per cui per una batteria più grande (tipo 60/70 kWh) potrebbe durare ancora di più. Il problema è che la durata del singolo elemento ha un andamento statistico ben definito da una curva a campana, che per le batterie è piuttosto “larga”. In altre parole quello che vale per un elemento non è più valido per gli n elementi in serie. Il primo che và in avaria decreta la morte dell’intero pacco, anche se gli altri sono perfettamente funzionali. Gli approcci architettonici dei pacchi cosiddetti Fail Tolerant stanno cercando di risolvere questo problema.

        • Buongiorno, si parla di degrado (perdita di capacità delle celle e loro disallineamento) e non di guasti (rari e in garanzia per i primi 8 anni)

          il conto dei 150.000 (ma anche 180.000) per ogni 30 kWh di batteria, la considero applicabile come approssimazione di “primo grado” e come stima inferiore (cioè se poi si fanno più km tanto meglio), e come numeri sono già rassicuranti

          è un modello agile che usa 1 solo parametro, la taglia della batteria; è il senso delle approssimazioni, facili da usare e rocordare e non pretendono di essere “esatte”

          capisco la sua osservazione sul miglior uso che può essere fatto di una batteria più grande (in parte però è compensato dalla maggiore taglia dell’auto e anche dal peso da portarsi), si potrebbe mettere un leggero correttivo, per questo e tanti altri fattori

          considerando gli usi disparati su strada, una formula a 10 parametri (temperature, peso e sezione dell’auto, tratta media, etc) non avrà lo stesso condizioni ripetibili come in laboratorio, ci sarà sempre una forchetta nei risultati che avrà ristretto di solo un poco, in più avrà una formula più difficile da usare

          a spanne ho cercato di fittare in un modo semplice anche i dati sulle batterie piccole (30kwh), se poi le batterie più grandi fanno meglio è tanto di guadagnato; NB: soglie degrado a 20%, non ho usato 30%

          in rete ci sono forum dove aggregano i dati dello stato di salute delle batterie di centinaia di auto EV dello stesso modello e li mettono su grafici, da li si ricavano le usure per ciclo (si certo è più esatto rispetto a usare i km) e il degrado temporale

          se ha da proporre altre formule semplificate ben venga, può essere interessante

          • EGR. RS,

            le stavo proprio venendo incontro sui conti ed avevo preso spunto dalla bella e sfortunata BMW per dire che la nomea che si è guadagnata da Full Electric era largamente riconducibile al pacco batteria un po’ piccolo. I valori inferiori di percorrenza eventualmente riscontrabili asono infatti da attribuirsi proprio alla statistica di qualche elemento più sfortunato e non alla qualità media degli elementi. Tornando alla i3, per giunta, quando l’auto era utilizzata in un paese freddo, l’avaria delle povere Panasonic era pressoché certa (anche se già allora girava qualche ricellato con elementi LG). Il range extender era letteralmente la sua salvezza, ma con quei rapporti di potenza tra elettrico e termico, l’auto in questione era condannata a girare con il termico molto spesso e risultava ben più vicina ad un ibrido serie che ad una elettrica assistita.
            Sulle modellazioni si è poi arrivati alla fantascienza… Le più accurate considerano in maniera dettagliata anche gli eventi metereologici ricorrenti. Le differenze di percorrenza tra previsto e reale possono superare anche il 15%, che per una elettrica sono tanto.

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