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Terna guarda al 2050: ecco i conti dell’Italia green (e in auto elettrica)

transizione elettrica

 

Terna, auto elettrica, rinnovabili, stoccaggio, bilanciamento della rete, investimenti. Alziamo lo sguardo al 2030 e oltre, fino al 2050, e cerchiamo di rispondere alle domande che tutti ci poniamo: siamo in grado di arrivare a metà del secolo con un sistema energetico a zero emissioni?

Luca Marchisio, Head of Strategy di Terna

Lo facciamo con Luca Marchisio, Head of Strategy di Terna Spa. Terna è il gestore della rete elettrica italiana ad alta tensione ed è il primo operatore in Europa, con linee elettriche per quasi 75 mila km.

Ingegner Marchisio, quanta energia servirà ad alimentare il parco auto elettrico italiano nel 2030, quando sarà di 6 milioni di unità, e poi nel
2050 quando sarà interamente elettrico. Terna ha fatto delle stime?

Faccio una premessa: l’auto elettrica ha una caratteristica che viene spesso dimenticata: quella di essere estremamente efficiente. Come anche la pompa di calore per riscaldamento. È una questione di termodinamica, una verità assoluta. Se vediamo i consumi di energia primaria, abbiamo un’efficienza del 70-80-90% rispetto al 20-30% dell’auto termica. Questo significa che i volumi di energia sono molto inferiori.
Ogni auto a batteria, con una percorrenza media di poco più di 10 mila km, consuma in un anno 2 MWh di elettricità, quindi un milione di auto sono 2 TWh, 10 milioni 20TWh e così via. Per i 4 milioni di BEV e i 2 milioni di PHEV, che consumano anche benzina, previsti dal Piano Nazionale Energia e Clima, il PNIEC, al 2030 noi stimiamo 10 TWh di energia elettrica all’anno. Queste sono le stime degli scenari alla base dei nostri piani
strategici energetici. Rispetto al fabbisogno nazionale di 320 TWh dell’ultimo anno ante Covid, questo numero è significativo ma facilmente gestibile. Non è un numero che preoccupa.

Scusi se la interrompo: lei parla di fabbisogno ante Covid. Quanto ha inciso la pandemia, e quanto l’efficientamento energetico, sui consumi elettrici in Italia?

L’anno scorso il fabbisogno è stato di circa 300 TWh. Il calo è stato dovuto quasi interamente ai lock down: un calo di questa entità in un anno è solo marginalmente merito dell’efficientamento. Tant’è che nei primi mesi del 2021 vediamo che siamo tornati sostanzialmente ai livelli pre Covid.

Quindi non è vero, come tanti dicono, che i consumi delle auto elettriche, quando saranno di massa, metteranno in crisi il sistema elettrico italiano?

I consumi della mobilità elettrica privata, come dicevo, avranno un impatto sostanzialmente gestibile. Più difficile da gestire è invece il profilo di potenza nei momenti di picco della richiesta. Questi, se non vengono gestiti in modo smart, rischiano di generare degli impatti significativi sulla rete. Per gestire il sistema, in sostanza, potrebbe essere necessario ricorrere più del necessario alle fonti fossili integrative.

2050: all’Italia serviranno 700 TWh (il 5% per le auto)

Valutando anche il prevedibile efficientamento dei consumi, a quanto assommerà, secondo Terna, l’aumento della richiesta di energia elettrica rispetto i livelli attuali, al 2030 e al 2050?

A valutare gli scenari al 2050 non siamo ancora arrivati. Sarà l’esercizio che faremo in vista del prossimo piano di sviluppo. Nel frattempo abbiamo come riferimento la strategia di lungo termine pubblicata a fine 2020 dal governo e trasmessa all’Ue, che prevede al 2050 una riduzione del parco veicoli circolante, dagli attuali 40 milioni a 24 milioni, grazie
soprattutto allo sviluppo del trasporto pubblico locale e dello sharing nella città. Di questi, 19 saranno elettrici e quindi genereranno un fabbisogno aggiuntivo di 38 TWh annui. Sono di nuovo un numero trascurabile rispetto a consumi elettrici stimati a quella data di 700 TWh: si parla del 5%.

Quindi la strategia di lungo termine prevede un raddoppio abbondante dei consumi elettrici per metà secolo?

Sì, un sistema quasi totalmente elettrificato richiederà a livello di paese circa un raddoppio. Questo in parte per l’aumento dei consumi elettrici diretti, in parte per la produzione di idrogeno e combustibili sintetici per alimentare quelle attività che non si possono elettrificare. La produzione di idrogeno verde attraverso la scissione della molecola dell’acqua con elettrolizzatori porterà sù di molto i consumi elettrici. Il documento citato stima che oltre 200 TWh andranno a coprire questo tipo di attività per produrre combustibili green sintetici.

Le rinnovabili? Ci basteranno, anzi…

Un giro un po’ complesso, anche perché tutta l’energia dovrà essere rinnovabile. E’ possibile generarla tutta da fonti rinnovabili?

Il potenziale di produzione da fonti rinnovabili in Italia è enorme. In un Paese mediterraneo come il nostro, ad alta disponibilità del sole, circa 400 TWh verranno dal fotovoltaico e 150 dall’eolico. Sempre secondo la strategia di lungo termine sopra citata, di questi 400 TWh, circa due terzi verranno dai piccoli impianti su tetti e un terzo da
impianti “utility scale” su ex cave, terreni inutilizzati o agricoli dismessi.

La parte sui tetti arriverà a coprire a stento il 10% di tutta la superficie edificata in Italia. L’impegno di suolo è meno dell’1% del territorio nazionale. In potenza installata, rispetto a oggi, bisognerà aumentarla di 10 volte. Oggi abbiamo 30 GW installati, 20 in fotovoltaico e 10 in eolico.  producono circa 50 TWh annui. Dobbiamo arrivare a 550 TWh.

Chi finanzierà questa imponente installazione di nuova capacità?

Come investimenti per il Paese questa transizione ha più plus che minus. L’attuale modello di produzione ha più costi variabili che costi fissi: l’investimento per l’impianto è modesto, mentre è enorme l’acquisto di combustibile e diritti di emissione di CO2. Si basa su trading e acquisto di combustibili dall’estero, quindi è negativo anche per la nostra bilancia dei pagamenti.

Il modello futuro è l’opposto: i costi variabili sono a zero, perché non si bruciano combustibili, si usa il sole; ciò significa che le uscite sono nulle durante la vita, solo la manutenzione che è molto bassa, almeno per il fotovoltaico. Invece quel che è richiesto è un forte impegno di capitale all’inizio. Per forza di cose questo dovrà essere appannaggio anche delle famiglie e delle piccole imprese, non solo dei grossi player come avviene oggi. La scelta del consumatore non deve essere fatta solo su quel che costa meno oggi ma poi costa un sacco in consumi dopo.

Anche il privato dovrà essere stimolato e guidato a mettere i soldi su investimenti con ritorni a lungo termine. Serviranno incentivi e prestiti agevolati. Il superbonus 110% e gli incentivi per le auto elettriche vanno già in questo senso, incoraggiando i privati a ragionare in termini di “total cost of ownership”. Questo permette di capire che un’auto elettrica o un impianto di riscaldamento a pompa di calore sono già oggi più convenienti. Ma serve un cambio di mentalità che richiede tempo.

Così Terna raddoppierà la sua rete

L’installazione di nuova capacità non dipende da Terna. Terna però dovrà
far circolare l’energia nel Paese. Cosa vorrà dire raddoppiare la capacità
di trasporto, soprattutto sulla dorsale Sud-Nord? Quanto dovrete investire?

Il nostro piano di sviluppo prevede al 2030 oltre 14 miliardi di euro di investimenti, e questo è disegnato sullo scenario PNIEC e quindi su un target di 55% di rinnovabili sui consumi elettrici. Poiché i nuovi scenari europei hanno alzato l’asticella, è presumibile che al prossimo aggiornamento del PNIEC il 55% diventi 70% (NDR: Cingolani proprio in questi giorni ha parlato del 72%), il che ci porterà ad aumentare ancora gli investimenti. Al 2050 anche la capacità di trasporto dovrà sostanzialmente raddoppiare. Sono investimenti importanti ma di certo inferiori a quelli richiesti al sistema Paese nel suo insieme. Basti pensare che bisognerà sostituire 39 milioni di auto: se uno moltiplica per il costo di capitale…

Oltre 14 miliardi di euro in dieci anni sono alla portata di Terna?

A titolo di esempio, il nostro piano di sviluppo 2016-2019 prevedeva comunque investimenti annui per circa 700 milioni. C’è stato quindi un raddoppio a 1,4 miliardi, ma questo è dovuto principalmente a poche grandi opere. Alcune serviranno a razionalizzare le infrastrutture sul territorio e permettere la risoluzione di alcuni colli di bottiglia che
potevano essere accettabili ieri, ma non lo saranno più domani. Altre, per risolvere alcuni macro problemi del nostro Paese.

Un’opera molto importante sarà il Tiyrrhenian Link per connettere con cavo sottomarino le grandi isole Sardegna e Sicilia con il continente; da sola vale 3,7 miliardi di euro. Servirà a gestire la generazione da fonti rinnovabili, abbondante sulle isole, e metterla a disposizione del resto del Paese e contemporaneamente a garantire la sicurezza della fornitura. L’altra grande opera sarà il cavo sottomarino in Adriatico che collegherà Abruzzo e Marche, l’Adriatic Link.

Meno tralicci, più cavi sottomarini

Quando si parla di grandi reti elettriche, nell’opinione pubblica scatta subito l’allarme: selve di tralicci, inquinamento elettromagnetico e via dicendo…

La gran parte degli interventi è in cavo, quindi non visibile. E’ una tecnologia che per motivi tecnici non si può usare sempre; ma dove è possibile, noi stiamo sostituendo i tralicci con cavi sotterranei a basso impatti visivo. I campi elettromagnetici non sono un fatto: ad oggi non è stata mai dimostrata una correlazione con problemi alla salute. Tuttavia, noi rispettiamo i vincoli di legge, che tra l’altro sono molto più restrittivi di
quelli previsti negli altri Paesi. E quando è possibile sostituiamo due linee obsolete con una nuova a minor impatto. Il cavo adriatico, per esempio, aumenterà la capacità di scambio Sud-Nord senza aumentare le linee aeree, che hanno bassi livelli di accettabilità. E’ una soluzione più onerosa, ma meno impattante.

Il tema chiave? Lo stoccaggio

All’aumento dell’apporto delle energie rinnovabili, intermittenti e non programmabili, aumenta il fabbisogno di stoccaggio e di soluzioni per mantenere il bilanciamento della rete. Cosa bisognerà fare?

Lo stoccaggio è il tema chiave. L’efficienza intrinseca del vettore elettrico ha come contraltare la difficoltà di stoccaggio. Per il gas anche il tubo è un serbatoio di accumulo, almeno in una giornata, mentre il ‘filo’ no. Servono quindi soluzioni di accumulo per garantire flessibilità. La flessibilità è di tre tipi: giornaliera, settimanale e annuale.

Un tetto solare può produrre l’energia per ricaricare l’auto?

Quindi?

Quando avremo 300 GW di fotovoltaico installato, ogni giorno avremo una campana di produzione che parte da zero al mattino, arriva al massimo all’ora di pranzo e poi torna a zero a sera. Nel momento di picco avremo un’eccedenza e dovremo accumulare energia da rilasciare a sera e mattina. Ogni giorno serve un sistema di accumulo ad alta efficienza e alto rendimento, perché sarebbe assurdo buttare via il 40-70% di questa energia. Gli accumuli ideali per dare questo servizio sono gli quelli chimici e i pompaggi. Altra questione è gestire gli andamenti stagionali, quando avremo forte richiesta in inverno per il riscaldamento e in estate per il raffreddamento, e molto meno in primavera e autunno.

Eolico e fotovoltaico fanno gioco di squadra

La interrompo di nuovo. Nell’infraday, però, l’eolico avrà fluttuazioni di tipo diverso dal fotovoltaico no?

Infatti: funziona a fasi di 3-5-7 giorni, almeno nel Mediterraneo. Al Nord è un altro mondo perché lì il vento spira praticamente di continuo, fino a 4-5 mila ore all’anno su un totale di 8.760 ore. Noi abbiamo circa 2 mila ore potenzialmente utilizzabili, con una ciclicità grosso modo settimanale. Non c’è una grande differenza fra giorno e notte, ma tutto è molto randomico. Perché a volte l’assenza di vento può essere anche di parecchie settimane per poi spirare per due tre settimane di fila.

In Germania hanno momenti in cui il sistema va in crisi proprio per questo, per un eccesso di produzione da eolico oppure, al contrario, per assenza di vento e sole (NDR: si chiama Dunkelflaute, hanno pure coniato un termine ad hoc i tedeschi). Ma alla fine l’eolico è comunque molto utile, perché è complementare al fotovoltaico. Avere un mix diversificato di fonti ti dà una copertura, un hedging, detto all’inglese. Se hai solo fotovoltaico avrai un problema a ogni settimana di maltempo.

Batterie, pompaggi, idrogeno & auto elettriche

E l’idroelettrico? L’accumulo nei bacini è stagionale, ma con i pompaggi può diventare anche uno stoccaggio di energia a ciclo giornaliero. E’così?

Sì, quello dei pompaggi può essere un accumulo giornaliero o settimanale, al pari di quello chimico nelle batterie. Il PNIEC si è già espresso su questo. Al 2030 questa capacità “utility scale” dovrà salire a 6 GW. Altri 4-4,5 GW saranno invece figli di piccoli accumuli industriali o domestici associati a fotovoltaico per un totale di circa 10,5 GW complessivi al 2030.

E le auto?

No, le auto a batteria non sono comprese perché nel PNIEC le auto sono considerate solo in quanto fornitrici di flessibilità: con lo smart charging possono ricaricarsi in modo intelligente, prelevando energia solo in funzione della disponibilità in rete. Non si tiene conto invece della tecnologia V2G che immette anche energia dalle batterie alla rete.

FCA Mirafiori, un caso di scuola

Quindi le batterie auto con tecnologia V2G potrebbero ampliare le risorse di accumulo del sistema?

Guardi che la flessibilità sarebbe già una grande risorsa. Noi stiamo lavorando con alcune imprese, rispettando la terzietà che ci impone il nostro ruolo di gestore della rete elettrica nazionale, perché non abbiamo un coinvolgimento diretto. Ma non acquistiamo capacità, bensì flessibilità. FCA ha partecipato recentemente a un’asta (la Fast Reserve, ndr) fornendo flessibilità attraverso le FIAT 500 elettriche stoccate nei parcheggi di Mirafiori (leggi). E’ un progetto bellissimo di cui noi siamo fieri come Paese. Loro hanno partecipato all’asta, unici a farlo con le batterie auto, anziché con grandi accumuli elettrochimici stazionari dedicati. Noi li abbiamo aiutati a capire se quel servizio era realizzabile.

Uno squarcio di futuro: tante Fiat Centoventi (oggi un prototipo) in stazioni di ricarica V2G

Primo, la flessibilità. Poi il V2G

Se introduciamo invece il V2G, che contributo darà alla rete di Terna con 24 milioni di veicoli elettrici?

Un contributo assolutamente prezioso, sia per noi sia per l’automobilista che fornisce questo servizio. Il valore estraibile da ogni singola auto in base alle nostre valutazioni è circa equivalente al costo annuo della ricarica. Se consideriamo i 2 mila kWh annui di consumo medio, come valore di energia siamo attorno ai 120 euro, che diventano 3-400 aggiungendo gli oneri di sistema.

Per la rete di Terna?

Significa avere a disposizione una risorsa di flessibilità a costi competitivi, senza dover investire in ulteriori infrastrutture, ma ottimizzando solo l’esistente. Se poi dalla ricarica flessibile, passiamo al vero e proprio V2G, quindi non solo prelevare in modo flessibile ma anche reimmettere in rete, il beneficio è ancora superiore. Ma non trascurerei il valore già insito in una ricarica intelligente. Anche perché il primo soggetto impattato da questa risorsa è il distributore.

Un’infrastruttura di distribuzione, a fronte della penetrazione massiva di veicoli elettrici in un contesto urbano in cui tutti tornano a casa e attaccano l’auto alla presa alle 7 di sera, va  rafforzata. Noi come Terna siamo impattati, ma il primo impatto è concentrato nei grandi centri urbani. Milano, Torino Roma e molte altre città italiane dovrebbero rifare completamente la loro rete di distribuzione. Quindi lo “smart charging” deve essere strutturale: comincia a prelevare solo quando la rete non è più sovraccarica.

L’importanza della ricarica intelligente

E i siti diversi per la ricarica, come luoghi di lavoro e grandi parcheggi?

E’ chiaro che anche questa sarà una grande opportunità. Anche perché sono i siti dove c’è già la possibilità di aggregare. Le auto sono ferme per ore, c’è la certezza di avere  quel certo numero di auto stabile e prevedibile. Il cliente dirà a che ora vuole l’auto carica e l’intelligenza gestirà la ricarica in modo tale di soddisfare la richiesta, senza sovraccaricare la rete. 

Sono aggregazioni già fatte, un unico interlocutore per Terna. Terna ha calcolato il  potenziale di accumulo delle auto?

Un’ auto, oggi, ha mediamente una capacità di accumulo di 50 kWh, fino agli 80-90 kWh delle Tesla. Nello scenario PNIEC che citavamo in precedenza, si è stimato un fabbisogno di accumulo al 2030 per circa 10 GW complessivi (6 GW utility, più 4,5 GW diffusa) con una capacità energetica associata di circa 50 GWh (quindi con un rapporto energia/potenza medio pari a circa 5 ore). Se la capacità necessaria è 50 GWh, e le auto hanno una capacità di 50 kWh ciascuna, vuol dire che un milione di auto elettriche hanno la stessa capacità di accumulo di tutto l’accumulo che ci serve al 2030. Solo un milione di auto elettriche.

Nelle auto elettriche c’è l’accumulo che serve a Terna

Invece nel 2030…

Ne avremo 4 milioni solo di elettriche pure, quindi avremo 200 GWh di capacità di accumulo che è quattro volte ciò che servirebbe a bilanciare il sistema. Poi è chiaro che ci sono tanti fattori da considerare che riducono drasticamente la disponibilità effettiva: quante di queste auto saranno in circolazione, quante ferme e quante collegate nell’istante e con “state of charge” utilizzabili ecc. E’ chiaro che i numeri si riducono
drasticamente, ma le potenzialità sono enormi.

Affascinante e molto complesso. Occorrerà una grossa sperimentazione sul campo per elaborare le matematiche?

L’essere umano ha fatto cose più complicate nella sua storia. Quello che serve innanzitutto è stabilire dei protocolli di dialogo, che ancora non ci sono, soprattutto con le colonnine di ricarica.

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