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Mototerapia. C’è bisogno di fare una legge?

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È stato approvato un disegno di legge per il riconoscimento della Mototerapia come “terapia”. Che utilità ha, oltre l’evidente demagogia della politica? Cosa ne pensano volontari ed esperti?

La Mototerapia porta nei corridoi degli ospedali e degli istituti l’emozione delle due ruote. Volontari, genitori, a volte anche medici, fanno salire in moto i giovani pazienti e scorrazzano con dissacrante anarchia nei corridoi degli ospedali. Per qualche ora, malati e disabili possono dimenticarsi del loro corpo, della loro malattia o della loro condizione. Hanno la possibilità di sentirsi liberi anche nei pochi metri di una corsia. Hanno l’occasione di sorridere in un luogo dove le uniche emozioni sono di solito la paura e la tristezza.

Ormai sono diverse le associazioni di volontari che la praticano e sono sempre più numerosi anche gli ospedali che danno loro il benvenuto e ne riconoscono l’utilità. Non c’è alcun dubbio quindi che la Mototerapia faccia un gran bene, e che sia una cosa meravigliosa. Ma può essere considerata una “terapia”?

Prima di rispondere bisogna capire da dove nasce la necessità di dare un’etichetta a una cosa bella che già funziona così com’è. La ragione è che, come capita spesso, la politica ha voluto “mette il cappello” su un’attività di indubbio valore e d’impatto sociale. Nel farlo però, inevitabilmente, ha complicato le cose. Nello specifico, qualche giorno fa è stata approvata alla Camera una proposta di legge “finalizzata a riconoscere la Mototerapia quale terapia complementare per rendere più positiva l’esperienza dell’ospedalizzazione, per contribuire al percorso riabilitativo dei pazienti e per accrescere l’autonomia, il benessere psico-fisico e l’inclusione dei bambini, dei ragazzi e degli adulti con disabilità”.

Serve che la Mototerapia diventi legge?

Le terapie complementari sono quelle terapie non convenzionali che possono affiancare quelle mediche. Per capire meglio che senso abbia una legge dedicata alla Mototerapia abbiamo parlato proprio con Vanni Oddera, l’ideatore di questa attività.

“Non credo che la Mototerapia abbia bisogno dello status legale di terapia, io la chiamerei un’attività complementare. E’ una cosa che si affianca alle terapie mediche e fa star bene le persone. Nessuno vuole guarire niente con la la moto. C’è però bisogno che queste attività complementari vengano regolamentate – sostiene il freestyler -. Adesso ci sono tante persone che vorrebbero fare quello che facciamo noi. È un loro diritto, però bisogna farlo con criterio altrimenti ci possono essere rischi anche sul piano della sicurezza. Inoltre ci vogliono protocolli e leggi per garantire anche una costanza in quello che si fa. La Mototerapia, se sarà strutturata meglio, potrà arrivare ovunque e permetterà anche ad altre persone di farla in sicurezza e con strumenti stabiliti dal governo. Per i volontari, secondo me, è assolutamente necessaria una formazione”.

Perché la Mototerapia è una priorità della politica?

Ma come abbiamo detto, quando ci si mette di mezzo la politica e quando attività di questo tipo vengono validate da un consenso Parlamentare, si sollevano anche diverse perplessità.

“Ci sono vari problemi che sollecita questo impegno del parlamento spiega Simona Ravera, psicologa, psicoterapeuta e responsabile del progetto AutAcademy. Una terapia prima di essere definita tale ha un percorso di validazione. Il benessere invece si misura in modo soggettivo, viene misurato da ciascuno di noi di fronte a qualsiasi stimolo che arriva dall’ambiente. 

La terapia invece è una procedura, un intervento, una metodologia che interviene per modificare lo stato dell’individuo e portarlo a un livello di maggior benessere ed è scientifica. La scienza richiede una fase protocollare, una sperimentazione e una validazione con dei canoni molto rigidi di riconoscimento”.

Fare una legge per elevare le attività volte al benessere al rango di terapia (anche se complementare) può creare grande confusione soprattutto nei non addetti ai lavori. 

Il rischio è “prima di tutto che queste attività rientrino nel sistema sanitario. Questo non corrisponde a canoni accettati  a livello mondiale – spiega la Dottoressa Ravera -. Nessuno farebbe mai una cosa del genere con un farmaco e non si dovrebbe fare nemmeno con i processi. In questo caso il fatto di far diventare sanitario qualcosa che non ha i criteri e i canoni per poterlo diventare è molto rischioso. Questo dà la possibilità di fare dei progetti non qualificati all’interno di strutture pubbliche che invece devono avere un minimo di tutela da parte del servizio pubblico e soprattutto da parte della politica.

Io non ho nulla contro il progetto in sé, sia chiaro, sono scandalizzata che sia stato preso in carico dalla politica con un disegno di legge. In Italia non abbiamo nemmeno garantiti i livelli minimi di assistenza. Per le persone disabili c’è il totale disinteresse e poi ora invece i politici parlano della Mototerapia. È una cosa che porta assolutamente qualcosa di buono, come i clown in corsia, ma non stiamo discutendo di quello. Stiamo discutendo dell’azione politica a supporto. Trovo assurdo che in Parlamento si parli di Mototerapia mentre non c’è la possibilità di fare diagnosi perché non ci sono medici, non c’è possibilità di fare le cure perché non ci sono logopedisti o psicologi”.

In conclusione, emergono con chiarezza diverse contraddizioni. Un’attività benefica, anche se di grande e indubbio valore sociale come la Mototerapia, non può essere investita dal Parlamento di una qualità terapeutica. Le leggi non dovrebbero essere mosse dal desiderio di piacere agli elettori, ma avere delle priorità più alte. L’obiettivo non dovrebbe essere quello di gratificare gli italiani, ma quello impostare “terapie politiche” per migliorare il Paese.

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Foto: Vannioddera.it

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5 COMMENTI

  1. A me pare che stiamo diventando un paese demenziale, se una cosa del genere finisce in Parlamento per essere considerata non solo terapia, ma normale negli ospedali.
    Roba da adulti con il cervello da ragazzini che si eccitano ancora la velocità, per i salti , le derapate e il rumore del motore. Un paese in regressione rapida.
    Certamente i bambini si dimenticheranno della loro situazione, ma qualsiasi attività li distragga, che li faccia divertire, che provochi un minimo di adrenalina li farà star bene almeno qualche momento.

  2. E’ sicuramente una bella cosa, a patto che la moto sia elettrica.

    Altrimenti i gas di scarico della benzina verde (verde solo nel nome) non faranno altro che peggiorare la situazione.

    Ricordiamoci che con l’avvento della verde aumentarono nei centri urbani i tumori del sangue sia nei bambini che negli animali di piccola taglia.

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