Site icon Vaielettrico

Il padre del “Decreto retrofit”: ecco a chi conviene e a chi no

La conversione di un furgone

Come va con il decreto retrofit (qui)? Funziona? In tanti ci hanno scritto di difficoltà, lungaggini e prezzi troppo alti. Ma come stanno effettivamente le cose? Lo abbiamo chiesto ad uno dei padri del decreto, l’ex parlamentare Ivan Catalano ora presidente di Mobility Revolution, rete di imprese per la mobilità sostenibile.

Il primo punto che vuole chiarire l’ex parlamentare riguarda il fai da te: “Non è un decreto per chi vuole fare nel garage di casa”. In altri termini c’è un sistema che sta nascendo ed è basato sulla rete dei costruttori ovvero delle aziende che creano i kit. Catalano è il presidente di Mobility Revolution, il gruppo delle imprese costruttrici dei kit: “Una lobby, intesa in senso buono, accreditata al Parlamento e nei Ministeri. Agiamo per conto dei costruttori che intendono far crescere questo mercato, rappresentiamo gli interessi di chi vuole un mondo pulito”.

Due strade per convertire l’auto

Fatte le presentazioni chiediamo a Catalano di spiegare in sintesi gli aspetti più rilevanti del decreto: “Ci sono due strade percorribili per il retrofit di un’auto. Prendiamo l’esempio di un veicolo di nicchia o storico che presenta degli elementi particolari da omologare. In questo caso si procede come esemplare unico e l’azienda che se ne occuperà omologherà tutto il veicolo a cui seguirà la reimmatricolazione con una nuova carta di circolazione”.

Una Fiat 850 convertita in elettrico

La seconda strada riguarda i veicoli ben presenti sul mercato. In questo caso:”Si acquista il kit dal produttore e si fa montare con una procedura molto simile a quella adottata per il Gpl. In questo caso si ha solo un aggiornamento della carta di circolazione”.

Il kit lo omologano solo i costruttori 

Ivan Catalano

Come si omologa un kit? “Per le aziende è necessario accreditarsi alla motorizzazione come costruttore e poi avviare le pratiche per l’omologazione – spiega Catalano –. Conviene studiare il mercato e procedere su una famiglia di veicoli ben rappresentata. Al termine del processo il kit può essere venduto sul mercato e installato da un meccanico qualsiasi”. Su questo punto  però chiarisce: “L‘unico requisito richiesto è l’ abilitazione alla meccatronica. Ma ormai è indispensabile, a prescindere dall’elettrico, per il forte contenuto di elettronica delle nuove auto”.

Vietato il fai da te 

Questi i due procedimenti che escludono il fai da te. “Al limite un ingegnere o un perito abilitato che può essere un responsabile tecnico di un esemplare unico. Il singolo cittadino però non può omologare un kit”. Questa la ratio della legge.

Una 600 Multipla Fiat convertita

Finora si sono accreditate due aziende 

Chiariti i principali passaggi, sorge automatica la domanda: ci sono aziende accreditate? “Al momento sono due, ma ne stanno arrivando altre perché il mercato si sta espandendo”. Quali sono i tempi  per l’omologazione del kit? “Se l’azienda si sta accreditando ci vuole circa un anno; se è già accreditata dai tre ai sei mesi”.

La mini retrofitata dall’azienda Sono Elettrica

Il retrofit è in espansione

Una 550 convertita in Inghilterra

C’è futuro per il retrofit? “Il mercato si sta creando, in questo momento si sta omologando con il metodo dell’esemplare unico. Anche il Gpl Metano era lento all’inizio, domani le case costruttrici possono pensare di proporre dei kit per le auto invendute”. In altri termini il kit per l’elettrico marchiato direttamente dalla casa produttrice”.

I prezzi? Destinati a scendere

Un maggiolino tutto elettrico

Oltre i tempi, abbiamo intervistatalo diversi clienti che hanno dovuto aspettare, c’è la questione prezzo ovvero non si spende troppo per il retrofit? “In tanti tendono a fare i calcoli come nei primi tempi del fotovoltaico. Non è possibile fare il confronto con le auto a combustione interna, significa sommare mele con pere. E’ necessario inserire tutti i costi e tutti i risparmi di una scelta rispetto all’altra che si accumulano nel tempo”. Il presidente Catalano conferma anche che non tutto il retrofit conviene: “Il discorso non si può fare su tutti i veicoli. Se sono troppi vecchi o troppo nuovi può non essere la scelta idonea. Se abbiamo milioni di Citroen 2Cv o di Fiat Panda e un costruttore decide di investire e installa, per esempio, 300 kit all’anno, chiaro che si abbassano i costi e quindi i prezzi. Sono i benefici dell’economia di scala. Pensiamo alle batterie che incidono tantissimo sul prezzo finale, più ne compro e meno le pago”.

Resta il problema delle due ruote

Un limite lo abbiamo riscontrato sulle due ruote. Per una vespa si possono spendere anche 10 mila euro (guarda).“Si è deciso di lavorare sui veicoli M e M1, una famiglia più ampia ed omogenea. All’interno invece della famiglia L troviamo quadricicli, motocicli”. In altri termini si è fatta una scelta per far partire subito il retrofit delle auto e degli autobus dove allora c’era più domanda di mercato.

LEGGI ANCHE: Frankie, la Mini Minor riconvertita da un vecchio motore elettrico

Exit mobile version