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Il gruppo Seri avvia la prima fabbrica italiana di celle al litio

                   

Il gruppo Seri avvierà a ottobre la prima produzione nazionale su scala industriale di celle agli ioni di litio. Sarà a Teverola, tra Napoli e Caserta, con una capacità produttiva di 200 Mwh/anno. Andrea Poggio, responsabile mobilità di Legambiente, ci anticipa i dettagli progetti con questo articolo che uscirà su Qualenergia.

                              di Andrea Poggio

Al gruppo Seri (qui il sito), interamente a capitale italiano, sperano di triplicare rapidamente la capacità dell’impianto. Ho incontrato nei laboratori Lithops Battery di Orbassano, a pochi passi dai capannoni dismessi dalla Fiat, i rappresentanti del Gruppo, che ha maturato una consolidata esperienza di produzione e riciclo di batterie al piombo.

Un’immagine tratta dal sito del gruppo Seri.

Accompagnato da Carlo Novarese di FAAM Research Center (società del Gruppo SERI), ho potuto visitare la linea di produzione preindustriale delle nuove celle al litio. Mentre a Teverola l’impianto sta nell’ex-Indesit e rientra negli accordi di reindustrializzazione dell’area. Si prevede che verranno reimpiegati da settembre 75 lavoratori della Whirlpool: il Gruppo ha firmato un accordo di sviluppo con il Ministero dello Sviluppo Economico per un investimento che sfiora i 60 milioni.

Fa parte della European Battery Alliance

E’ il primo impianto italiano della piattaforma di cooperazione European Battery Alliance (guarda l’articolo). Ovvero la piattaforma che riunisce i principali soggetti industriali, gli Stati membri interessati e la Banca europea per gli investimenti. L’European Battery Alliance (EBA, qui il sitoè un piano ambizioso: un mercato continentale di 250 miliardi di euro all’anno, servita da almeno 10-20 gigafactory (impianti di produzione di massa di celle di batterie) e da un sistema d’approvvigionamento e riciclo a fine vita (economia circolare). Uno sforzo industriale colossale, in pochi anni, che deve essere capace di far fronte ad un fattore limitante fondamentale: nessuno dei metalli costituenti le attuali batterie a ioni di litio (litio, nichel, manganese e cobalto) si trova in abbondanza in Europa. Il litio che entra nel continente dovrà essere riutilizzato all’infinito. Il “piccolo” impianto di Teverola è quindi solo un bel punto di partenza che, auspicabilmente, l’Italia deve saper valorizzare.

Accordo con gli argentini di Jemse

Il Gruppo Seri ha firmato nel dicembre 2017 una joint venture con la società di stato argentina Jemse per la fornitura di carbonato di litio e produzione di materiale attivo. In America Latina si trovano più della metà delle riserve di litio mondiale e in Argentina e in Bolivia vantano i giacimenti più ricchi. Scelta strategica del Gruppo è evitare il ricorso al cobalto. Il cobalto è la terra rara che attualmente pone oggi pesanti problemi di sostenibilità ambientale e sociale. Più della metà della produzione mondiale proviene dalla Repubblica Democratica del Congo (RDC), un paese politicamente instabile, dove il lavoro minorile e le condizioni di lavoro sono disumane (la stampa internazionale ha parlato di schiavismo).

L’ingresso dello stabilimento ex Indesit di Teverola.

E  il 90% del materiale estratto nel paese africano finisce in Cina, stato che domina la filiera congolese del cobalto con diverse aziende, tra cui Congo DongFang International Mining, parte di Zhejiang Huayou Cobalt, uno dei più grandi produttori di cobalto al mondo. Amnesty International parla di 40 mila ragazzini che lavorano a 2 dollari per 12 ore al giorno. La rinuncia al cobalto, per ora, è uno dei motivi che ha portato SERI ad orientarsi su mercati diversi dall’automotive, concentrando le sue energie nella produzione di batterie per camion, autobus, mezzi speciali, navi e storage.

Il progetto di convertire i vecchi bus

E proprio sugli autobus elettrici Federico Vitali di FAAM prova a giocarsi l’asso nella manica. Rigenerare i vecchi autobus cittadini adibiti al trasporto pubblico, conservando il pianale, rifacendo carrozzeria ed allestimenti interni e equipaggiandoli con un motore elettrico e moderne batterie al litio.

Quello che dieci anni fa fece Torino con i piccoli bus elettrici del centro e pesanti e ingombranti batterie al piombo, si può fare ora risparmiando il 50% circa sul prezzo d’acquisto di autobus elettrici nuovi di produzione prevalentemente cinese. Se così fosse, la trasformazione del parco mezzi del trasporto pubblico delle città italiane potrebbe diventare possibile nell’arco di una decina d’anni.

 

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