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Hyundai Kona esplosa? “Difettosa una cella ogni 10 milioni”

La Kona distrutta (foto Mathieu Wagner/CBC/Twitter)

Come può succedere che un’auto elettrica, ferma in garage e non collegata alla presa, esploda di punto in bianco come è successo alla Hyundai Kona canadese del signor Piero Cosentino (leggi qui)?

Il prof. Claudio Rossi di Unibo.

Abbiamo girato la domanda al professore Claudio Rossi dell’Università di Bologna, responsabile del progetto Liber (Litio Battery Emilia Romagna) sulle batterie di nuova generazione nell’ambito del Team universitario Onda Solare che realizza i prototipi da competizione  Emilia.  Rossi premette che le cause specifiche dell’incidente alla Hyundai Kona andranno attentamente studiate e ogni considerazione vale solo in termini generali. Tuttavia ci ha risposto così:

“Possibile, è un calcolo delle probabilità”

«L’esplosione di una pacco batteria non collegato in ricarica è possibile , anzi è statisticamente probabile. Sappiamo infatti che le celle di produzione industriale hanno una probabilità intrinseca nell’elettrochimica di essere difettose. Questa probabilità è stata quantificata in una su dieci milioni. Considerando che i grandi pacchi batteria, come quelli di una Tesla, aggregano qualcosa come 10 mila celle, possiamo dire che una batteria ogni mille può contenere una cella a rischio. Non sempre il difetto causa l’incendio o l’esplosione. Più facilmente può causare un degrado anticipato dell’intera batteria, surriscaldamenti anomali, problemi in fase di ricarica. L’esplosione è il più estremo dei fenomeni».

Il team di Onda Solare e il prototipo Emilia 4 LT

Un fenomeno chiamato runway termico

Come si innesca un’esplosione come quella della Hyundai Kona?

«Il fenomeno si chiama runway termico. E’ un processo di surriscaldamento che, una volta avviato, è irreversibile fino all’esplosione. L’esplosione di una cella si trasmette poi immediatamente alle altre celle fino a contagiare l’intero pacco batterie».

Le singole celle non vengono testate e quelle difettose identificate e scartate?

«Difficilmente i difetti di costruzioni possono essere individuati all’origine, o con test inevitabilmente brevi. Di solito si manifestano con l’uso prolungato, soprattutto se si adotta molto frequentemente una modalità di ricarica stressante come quella fast».

Unica soluzione: monitorare e prevenire

Contromisure?

«E’ quello che stiamo studiando anche noi, con il progetto Liber. L’obiettivo è tenere sotto controllo lo stato di salute di ogni cella, identificando preventivamente quelle che danno segnali di cedimento prima che si inneschi il runway termico. Non è facile come a dirsi. E’ necessario realizzare un sofisticato battery management che raccolga e analizzi i dati di funzionamento di ogni singola cella e ne monitori da remoto l’efficienza. Bisogna affrontare e risolvere problemi di collegamento e dialogo fra le celle, problemi di software e problemi di gestione centralizzata dei big data. Per questo motivo abbiamo coinvolto nel progetto il Cineca di Bologna, che è il quarto più potente centro di calcolo dell’Occidente».

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