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La filiera automotive dice addio all’ansia elettrica

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filiera automotiva
rinnovare le auto in fabbrica

In Italia 8 aziende della filiera automotive su 10 guardano con fiducia all’auto elettrica. Gli allarmi sulla perdita di occupazione causata dalla transizione sono smentiti da un ulteriore dato: chi vuole assumere non trova i profili adatti.

Sono i risultati di un’indagine condotta da Tea, Osservatorio sulle Trasformazioni dell’Ecosistema Automotive italiano, presentati al tavolo “Presente e futuro della filiera automotive italiana”, che si è tenuto al ministero delle Imprese e del Made in Italy.

L’83,2% non avrà contraccolpi

Più nel dettaglio, l’83,2% delle imprese si aspetta riflessi nulli o positivi sull’occupazione e il 79,3% pensa lo stesso per gli effetti sul portafoglio prodotti. Le priorità della filiera sono però una politica industriale mirata e più attenzione a formazione e nuove competenze. Al 2027 si stima addirittura un incremento degli occupati della filiera dello 0,6%, con la Lombardia che traina la crescita (+6,3%), compensando il calo nel Nord Est (-4,3%) e al Sud (-3,5%).
Poiché quasi la metà delle aziende denuncia gravi difficoltà nella ricerca delle nuove professionalità, circa il 65% delle aziende ritiene prioritaria la defiscalizzazione delle assunzioni di personale e il potenziamento del sistema formativo.

L’Osservatorio TEA esclude una crisi

L’analisi è frutto dell’indagine condotta su un campione di 217 aziende rappresentativo delle 2.152 imprese mappate dall’Osservatorio TEA, indica che per la maggioranza delle aziende (il 48,4%) le trasformazioni dell’ecosistema automotive non avranno alcun effetto sul portafoglio prodotti e per il 30,9% avranno addirittura un impatto positivo, a fronte di un 20,7% che non esclude invece potenziali riflessi negativi.

filiera automotive

Le imprese più fiduciose sui riflessi sul proprio portafoglio prodotti sono quelle “medi” e “micro”, con l’83,6% e l’80%. Quanto al lavoro, le micro imprese sono quelle che più delle altre ritengono di poter aumentare il numero degli occupati (il 51,7% degli intervistati), davanti alle aziende piccole (il 33,3%) e a quelle
più grandi (il 31,3%). La  gran parte della filiera prevede invece una sostanziale stabilità dei livelli occupazionali.

Il problema? Manca il personale

A fronte della diffusa intenzione di procedere con nuove assunzioni, una quota dal 40 al 50% del campione denuncia grandi difficoltà a reperire le professionalità richieste.

Le più in difficoltà sono le grandi imprese, quelle attive in Italia ma a controllo estero e quelle del Sud. Accanto alla diffusa ricerca di nuove competenze, le  imprese della filiera automotive chiedono supporto e guida da parte del Governo.

Aiuto su tecnologia e formazione

In cima alle priorità sono la defiscalizzazione delle assunzioni di personale giovane (il 65,4%) ed esperto (64,4%). Per i  giovani si chiede una più stretta cooperazione tra le aziende, gli Istituti tecnici professionali e gli ITS, per definire percorsi
formativi più coerenti con le nuove competenze richieste.

Il 58% delle imprese della filiera automotive chiede anche bonus per l’acquisizione di tecnologie e la riconversione produttiva. Il 54,3% pone l’accento sulle agevolazioni per la formazione dei lavoratori.

TEA è guidato da CAMI (Center for Automotive & Mobility Innovation) del Dipartimento di Management
– Università Ca’ Foscari Venezia e CNR-IRCrES.

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17 COMMENTI

  1. Al di là dell’ansia o non ansia elettrica; mi fanno ridere gli imprenditori che non trovano giovani disposti a lavorare.
    Iniziate ad offrire degli stipendi adeguati!

  2. mah, io noto solo una gran richiesta di defiscalizzazione..
    li vogliamo giovani, preparati, con esperienza e di poche pretese.. 😇

    mai fatto un giro su quelle agenzie tipo ranstad? “il candidato ideale deve essere in possesso di laurea X, conoscenza di inglese e tedesco, dimestichezza con gestionale Y e K, automunito e disposto ad orari flessibili. paga commisurata alle capacità”. tipo di lavoro? mulettista/movimento merci..

    • vero , poi c’è anche da dire che lo fa per spostare le produzioni in Francia (favoriscono l’occupazione li) o in Est-Europa (risparmiano circa 500.e sui costi di ogni auto)

      non perché produca meno auto o componenti in senso assoluto

  3. Se proprio volete un parer obiettivo, andate a chiedere a chi fà le istruttoria per la valutazione dei progetti di ricerca finanziati….
    C’è il panico… E fatturati a picco.
    Altro che TEA…

  4. Considerato che nessuna di queste aziende produce batterie e gran parte del valore dei veicoli è costituito da quelle c’è solo a chiedersi come possano penssare di non avere ricadute negative sul fatturato. Maggari producono tutte sedili, o mozzi per le ruote, chi lo sa.

    • Quindi, secondo te, o l’Osservatorio TEA si inventa dei dati a casaccio, oppure le 217 aziende interpellate tra le 2.152 imprese mappate dall’Osservatorio TEA sono dei felici beoti, oppure addirittura tutti e due i casi…
      “Ma mi faccia il piacere!” (Totò)

      • DIpende da che lavoro fanno le aziende intervistate. QUanto ho scritto non è contestabile: il pacco batterie costituisce gran parte del valore di un’auto elettrica. Chi lavora nel campo della costruzione del motore termico e della sua trasmissione o cambia lavoro o chiude, ma di fatto questi componenti valgono meno del pacco.

        • Certo, ma l’Osservatorio TEA non sarà stato così beota da campionare un solo tipo di aziende e proprio quelle meno impattate, non credi?
          Oltretutto, dato che lo studio è stato presentato al tavolo “Presente e futuro della filiera automotive italiana” presso il MIMIT (quindi a un interlocutore non esattamente amico della mobilità elettrica), ci si poteva aspettare il contrario di quanto presentato, cioè che TEA campionasse preferenzialmente un tipo di aziende meno ottimistiche… sennò Felpini chi lo sente?
          A parte ciò, tu dici le batterie: le batterie per auto elettriche non sono mai state un componente prodotto in Italia, quindi non ha alcun impatto sulla filiera della componentistica italiana esistente. Piuttosto, c’è da preoccuparsi se mai nascerà una seria filiera della batteria in Italia, visto il costante “interessamento” del nostro governo – al contrario che in altri paesi d’Europa.
          Mentre la gloriosa filiera del motore termico lentamente (sottolineo: lentamente, MOLTO lentamente… sai quanti decenni ci vorranno?) andrà a calare, quella della componentistica elettrica ed elettronica e dei powertrain elettrici è già forte (la Motor Valley è già in pienissima evoluzione verso la Electric Motor Valley) e sta crescendo esponenzialmente.
          Quella che non subirà grandi impatti è la filiera della componentistica generica, delle migliaia di parti diverse che servono per costruire un’auto, dato che, motorizzazione a parte, tra auto elettriche e termiche non c’è praticamente differenza.

          • “A parte ciò, tu dici le batterie: le batterie per auto elettriche non sono mai state un componente prodotto in Italia, quindi non ha alcun impatto sulla filiera della componentistica italiana esistente.” Perdonami, ma i motori elettrici sono infinitamente più semplici da costruire rispetto ad un termico che non c’è più. Se c’è una batteria ed il costo è circa quello di una termica equivalente, è evidente che il prezzo della batteria viene tolto dal resto. Tutto qua. QUindi il fatturato per i fornitori di motori e trasmissioni si riducono enormemente. Poi se mi dici che per chi fa climatizzatori o ruote non cambia nulla sono pienamente d’accordo.

        • “Quanto ho scritto non è contestabile”.
          Solo noi siamo non contestabili e dogmatici. Voi anime inferiori potete solo sperare un giorno, invano, di assurgere al nostro livello.

    • Chissà come farà gigaberlin a dare lavoro a migliaia di tedeschi e ad inondare di Model Y tutta l’UE.

      Producono 200K pacchi batteria? Se le fanno arrivare dal Texas tutte 4680? O semplicemente hanno contratti con BYD e CATL?
      La eC3 che batterie monterà?

      In Europa produciamo meno del 10% dei chip che usiamo.

      Come fanno le aziende a produrre iniezioni elettroniche, schermi touch e schede di controllo varie?
      Mi risulta che i più grandi produttori di schermi del mondo sono Samsung, LG, TCL…

      Pensava che fossimo ancora ai carburatori ed alla strumentazione analogica con le lancette?

      Immagino che le aziende hanno dei contratti di fornitura con chi produce queste componenti.

      Ad occhio, ma posso sbagliarmi.

    • Sospetto che oggi è il valore della batteria si è normalizzato a 1/4 del totale dell’auto (ovvero in proporzione alla sua frazione del peso dell’auto )

      perchè ci sono che anche motore elettrico, inverter ad alta efficienza (più costoso), pompa di calore (altra parte costosa), la solita scocca, vetri, plastiche, trasmissione, interni, airbags. servosterzo, etc

      e anche sono componenti con materiali e lavorazioni energivore e non banali (al pari di quelli usati nella batteria; nella batteria alla fine di molto prezioso, come il litio, ci sono pochi kg dimateriale sul peso totale

      questo 1/4 dato da pacco batteria poi magari è fatto in est-europa in collaborazione con LG e Sansung; cosi come prima i motori termici magari erano fatti fuori dall’italia

      in questo senso per l’indotto italiano non cambia molto, a meno che in italia non facessero tutti bielle, bronzine, marmitte, etc anzi lato elettronica e plastiche, l’indotto italiano lavora di più se si fabbricano BEV, o almeno cosi accennano gli intervistati nella puntata di Presa-diretta “La scossa elettrica”

      Poi anche:

      il cambio da ICE a BEV che avverrà maggiormente tra pochi anni pratica aumenterà un poco il tasso natuarale di ricammbio delle auto per circa 10 anni, significa più lavoro per l’indotto

      a memoria era successo qualcosa del genera quando erano diventati di moda i diesel perché il prezzo del carburante era molto più basso della benzina, erano state aquistate più auto nuove (diesel appunto)

      ===============
      mia ipotesi di costi delle varie parti:

      pacco batteria 50 kwh ad oggi sono 5000.e
      (un poco meno se LFP, un filo più NCM)

      su un auto che come costo “produttivo” complessivo fa 20.000-25.000.e

      poi ci sono i vari altri costi aziendali e di vendita, alti specie se la vettura non viene prodotta in alti numeri e se l’azienda no è “snella”; e infine ci sono i margini di profitto

      si arriva al prezzo di vendita a circa 35.000.e,

      PS: non fa testo il costo a cui la batteria viene venuta come ricambio singolo
      (es 9000.e o più), perché anche il totale dell’auto se veduta a pezzi sappiamo che può lievitare

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