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Dakar sempre più sostenibile: moto elettriche e biocarburanti

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In Arabia Saudita va in scena la 46° edizione del Rally Dakar, competizione estrema che si sta aprendo sempre più alle innovazioni, anche nel campo della sostenibilità ambientale e nella lotta alla riduzione delle emissioni nocive.

Passano gli anni, cambiano le location, ma il fascino della “Dakar” rimane immutato. Il rally più famoso, quello che annualmente riunisce impavidi piloti di auto, moto, camion e quad a sfidarsi in prove estreme off-road, continua a catturare l’immaginazione dei tanti appassionati di motori.
È una competizione storica, che tiene alla tradizione ma non per questo è cieca di fronte all’inevitabile evoluzione dei tempi. Mai come quest’anno, tra innovazioni tecnologiche e nuove sfide, la 46° edizione del Rally Dakar (in corso fino al 19 gennaio in Arabia Saudita) sta cercando di sposare il tema molto caldo della sostenibilità ambientale. Che per una competizione motoristica di tale portata non è cosa banale.

Una Dakar più sostenibile

Da una parte ci sono gli organizzatori, che hanno cercato di tracciare un percorso che preservi il più possibile il patrimonio culturale ed ambientale del Paese ospitante (il rally si disputa per il quarto anno consecutivo nel deserto arabico). In più, hanno rilanciato il finanziamento di progetti ecologici ad hoc come compensazione degli effetti nocivi delle emissioni prodotte direttamente sul territorio.

Poi ci sono i team partecipanti, che fanno la loro parte. Sono infatti diversi ad adottare misure per ridurre l’impatto ambientale dei propri veicoli, con soluzioni di trasporto più efficienti e tecniche innovative, che utilizzano, ad esempio, biocarburanti o formule sintetiche che sfruttano energia da fonti rinnovabili.

Mission 1000: largo alle energie alternative

In questo contesto risulta quanto mai interessante la nascita di una nuova categoria di competizione riservata ai soli veicoli-prototipo che utilizzano tecnologie green.

Si chiama “Mission 1000” e fa parte del programma Dakar Future, una sorta di laboratorio a cielo aperto con cui si vuole promuovere in gara l’uso di energie alternative a basso impatto ambientale. Come il full electric per moto e camion, ma anche l’idrogeno per le auto, utilizzato ad esempio dal buggy del team HySE.

La competizione tra questi veicoli è parallela a quella principale: i team della “Mission 1000” – una decina in tutto – si sfidano su un percorso totale di 1.000 km, suddiviso in 10 tappe da 100 km ciascuna. I veicoli green vengono messi alla prova su ogni tipo di terreno, sabbioso o roccioso che sia, e poi valutati secondo vari criteri da una giuria di esperti. I punteggi conseguiti da ciascun team determinano poi una classifica finale.

Un po’ d’Italia con l’elettriche Tacita

Alla “Mission 1000” partecipa anche un alfiere italiano. E’ Tacita, che con il suo team Formula Corsa sta mettendo alla prova sulle dune arabiche la nuovissima moto elettrica Discanto.

Il costruttore torinese – che in Arabia si avvale anche del pilota italiano Oscar Polli – è stato il primo a portare al Rally Dakar una moto elettrica (era il 2020) e ora gareggia in via ufficiale per sondare le qualità della Discanto prima di metterla sul mercato.

Neutralità carbonica nel 2030?

Dakar Future nasce come vetrina per monitorare, e perché no accelerare, l’adozione di tecnologie sostenibili nel mondo rallistico.

La Dakar, dopotutto, non è l’unica competizione che intende puntare alla carbon neutrality entro il 2030. E se l’intenzione è quella di ridurre progressivamente la quantità di emissioni nocive dei veicoli negli anni – percorso già iniziato con l’introduzione dei mezzi ibridi e ora con i biocarburanti – il processo dovrà necessariamente fare sempre nuovi step evolutivi. Testando e promuovendo vie alternative.

Purchè non si rinunci al fascino selvaggio ed estremo della gara. Senza il quale il Rally Dakar non avrebbe motivo di esistere.

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