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Auto elettrica, l’Italia è indietro (e Cingolani che fa?)

auto elettrica italia

Dopo la decisione della Commissione europea di mettere al bando i veicoli a benzina e diesel dal 2035 torna d’attualità la domanda: sull’auto elettrica l’Italia che fa? Nonostante i progressi degli ultimi tre anni, nell’adozione della mobilità elettrica il nostro Paese è in forte ritardo. E per rispettare gli obiettivi europei il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani dovrà probabilmente rafforzare le misure di sostegno del PNRR. E’ quanto sostiene in questo intervento il professor Alessandro Abbotto. 

Il ministro Roberto Cingolani. Secondo molti fa troppo poco per la diffusione dell’auto elettrica in Italia

di Alessandro Abbotto∗

Si legge spesso nelle ultime settimane del fatto che Cingolani non stia favorendo a sufficienza la transizione verde di cui l’Italia ha disperatamente bisogno per rientrare nei target di decarbonizzazione europei a medio (2030) e a lungo termine, quando al 2050 si dovrà raggiungere la neutralità climatica in tutta l’Unione.

Che sia necessario fare qualcosa nel mondo dei trasporti non vi è dubbio. Da soli sono responsabili di un quarto delle emissioni complessive di gas serra e il principale colpevole è il trasporto su strada (tre quarti del totale). Le emissioni annue delle automobili si contano a miliardi di tonnellate di CO 2.

Per capire cosa abbia in mente Cingolani, al di là delle sue dichiarazioni, conta a questo punto vedere quello che c’è scritto nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il patto che l’Italia ha concordato con la Commissione Europea e che è legalmente vincolante. Il riferimento principale è la Missione 2 (“Rivoluzione verde e transizione ecologica”), alla quale il piano ha dedicato 59 miliardi di euro, oltre a 10 miliardi dai fondi complementari e REACT EU, per un totale di poco meno di 70 miliardi di euro. La fetta più grande, quasi la metà, è dedicata alle energie rinnovabili e alla mobilità sostenibile.

Auto elettrica, una mosca bianca in Italia

Nel 2020 circolavano in Italia poco meno di 50.000 veicoli elettrici, su un totale di quasi 40 milioni di automobili: più facile trovare in giro una mosca bianca che una vettura elettrica. Il PNRR si pone come obiettivo al 2030 di arrivare a 6 milioni di veicoli elettrici. Il PNRR finanzia la messa in opera di 7.500 punti di ricarica rapida nelle autostrade e 13.755 nei centri urbani, che si sommano ai 20.000 già esistenti. Per dare in termine di paragone, i distributori di benzina al 2018 erano circa 20.000, diversi dei quali in dismissione perché vecchi e superati. Alla infrastruttura di ricarica elettrica si aggiunge una rete (più modesta, solo 40) di distributori di idrogeno a 350 (per camion) e 700 bar (per auto).

Il PNRR ha dedicato a questa sezione quasi 9 miliardi di euro, di cui 740 milioni dedicati allo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica elettrica. Gran parte dei 9 miliardi è stato dedicato al settore più energivoro, quello del trasporto pesante su strada. In particolare bus (per il rinnovo del parco di 5.540 mezzi) e ferrovie (sostituzione dei vecchi treni diesel). A questo bisogna aggiungere le risorse destinate alla ricerca e sviluppo su rinnovabili, batterie e idrogeno, tra i quali quelli destinati alla Missione 4 (Istruzione e Ricerca). Si orevede la creazione di centri di ricerca nazionali ad alta innovazione che dovranno essere generati dalla collaborazione tra Università, centri di ricerca e imprese.

Tra le tematiche in ballo in prima linea vi sono quelle relative alla mobilità sostenibile, alle batterie di nuova generazione e all’idrogeno. Quindi a questo punto è opportuno domandarsi: il ministro, e tramite lui il governo, sta puntando al petrolio, all’idrogeno o all’elettrico? A voi le conclusioni.

La sfida non impossibile delle rinnovabili al 70%

Quali sono i veri punti a mio parere riguardo la mobilità elettrica leggera? Essenzialmente due.

Il primo è che tutti gli sforzi per sviluppare la mobilità elettrica verrebbero vanificati se non aumentasse significativamente la quota di rinnovabili nel mix elettrico. L’obiettivo
è di superare il 70% al 2030. A mio parere, il target è raggiungibile con alcuni aggiustamenti di percorso (per esempio ulteriore aumento della potenza fotovoltaica rispetto a quanto già pianificato) e programmando molto bene siti e tempistiche di installazione dei nuovi impianti. Ad ogni modo anche questo è un impegno del PNRR, che ha dedicato a questo obiettivo 6 miliardi di euro.

Cittadini, fate la vostra parte. La politica seguirà

Il secondo spunto coincide con le scelte di noi cittadini. Se in Italia circola sulle strade meno dello 0,1% di elettrico non possiamo certo aspettarci che le stazioni di benzina/diesel vengano riconvertite ad elettriche, come stanno già facendo negli USA e in Norvegia. Anche le immatricolazioni elettriche, pur in aumento, sono molto basse, a favore dell’ibrido che invece spopola nel nostro paese (tra i primi in Europa). In altri paesi europei, da quelli scandinavi alla stessa Inghilterra, non è più così. Cominciamo a cambiare le nostre abitudini e scelte e la politica e l’industria ci verranno dietro.

∗∗Direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano – Bicocca

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