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Un’idea per le città: la “fabbrica della ricarica pubblica”

ricarica pubblica

Se si parla di ricarica pubblica, oggi va per la maggiore il “modello diffuso”, fatto di colonnine “sparse” e piccole stazioni più potenti. Ma quando il gioco “si farà duro” sarà ancora sufficiente? Forse si potrebbe iniziare a pensare ad una specie di “modello industriale”. Ecco l’idea di uno dei nostri più assidui lettori (e commentatori).

                                         di Alessandro D’Aiuto

E’ ormai accettato che uno degli scogli più o meno “psicologici” nei confronti della mobilità elettrica sia dato dalla diffusione capillare di una rete di ricarica pubblica. La domanda “Si, ma dove la ricarico se non ho un box?” va a braccetto con l’altrettanto noto quesito “Come faremo a ricaricare migliaia di macchine posteggiate in strada?”.

Le soluzioni si stanno manifestando all’orizzonte, inutile rifare l’elenco di quanto già letto ed apprezzato. Fra queste, però, non ho quasi avuto modo di trovare riscontro in merito ad una mia idea, salvo forse un’interessante “assonanza” con il progetto relativo alla stazione Metropadana di Reggio Emilia (leggi)

Tale idea, maturata un po’ per diletto e un po’ per “deformazione professionale”, non escludo che possa essere del tutto bislacca. Nondimeno ve la propongo sperando possa interessare i lettori e (perchè no) magari qualche operatore del settore.

Giova far subito presente che questa non deve essere pensata come “in concorrenza” rispetto a quanto già proposto o conosciuto. Bensì complementare.

La fabbrica della ricarica nelle aree dismesse

Di base il concetto verte attorno al principio di “centro di ricarica”. Un centro di ricarica altri non è che un parcheggio più o meno grande, specificamente pensato per ricaricare in contemporanea (e magari principalmente di notte) un numero più o meno elevato di veicoli. Detto così, il “cosa” è abbastanza banale. Ciò che forse è un po’ meno immediato è tutto il ragionamento che verte attorno al “come”.

Innanzitutto tali centri a mio avviso andrebbero quasi tassativamente pensati in virtù di un recupero di aree dismesse. Non facilissimo a dirsi, anzi… Ma sappiamo tutti che nel nostro paese, quasi in ogni città di medie dimensioni, abbiamo quasi tutti la nostra brava ditta “ex-qualcosa” che sta serenamente a marcire da decenni.
Ciò non vuol dire che non si possa operare anche altrove, ma ritengo che il recupero di superfici già utilizzate sia una carta importante da mettere sul tavolo.

Una struttura semplice, prefabbricata e poco costosa

Individuata l’area, che generalmente una volta stava ai margini dell’abitato e oggi sovente è stata inglobata dal medesimo, la cosa più semplice è quella di procedere all’assemblaggio di un parcheggio multipiano prefabbricato. In Italia abbiamo eccellenze in merito. Tale tipo di struttura, che non si monta come se fosse fatta di Lego ma poco ci manca, permette in tempi brevissimi e a costi davvero concorrenziali di realizzare delle opere quasi senza fondazioni e in grado di contenere centinaia di veicoli (anche elettrici,
che pesano di più…via il dente via il dolore).

Gli esempi non mancano presso centri commerciali, aeroporti e poli fieristici. Si tratta di strutture basate su moduli fissi, che si ripetono “a necessità” e che concorrono a creare una struttura completa e funzionale, in grado di elevarsi anche su tre livelli e a volte di più.
Le fondamenta sovente sono costituite da una semplice “piastra” di cemento, opportunamente attrezzata, su cui si montano “con lo stampino” i singoli moduli.
Il prezzo di tali strutture, posto che nulla è gratis, è sicuramente concorrenziale rispetto a costruzioni “finite” in calcestruzzo armato. Rispetto poi a queste ultime, non è da trascurare il fatto che tali prefabbricati possono essere pensati già in origine come “ampliabili”.

Soluzione modulare che può crescere nel tempo

Un comune di medie dimensioni potrebbe per esempio procedere ad un primo invsentimento utile per qualche anno, ed aggiungere in seguito un ulteriore piano quando la domanda di ricarica pubblica dovesse farsi più consistente.
Superfluo aggiungere che in sede di progetto vanno aggiunte tutte le necessità specifiche relative alla ricarica (cabine di media tensione, rete di cablaggi e wallbox, etc), cosa di cui parleremo più nel dettaglio in seguito.
Fin qui la parte facile, e tutto sommato poco originale. Quello che può far la differenza è pensare nel dettaglio a come inserire tale soluzione nel “tessuto urbano”.

Parcheggio e ricarica notturna: via le auto dalle strade

In primis, queste strutture per avere successo non possono prescindere da una qualche forma di trasporto pubblico locale. L’idea è che il nostro “automobilista elettrico” alla bisogna si reca al parcheggio, lascia il veicolo in carica, prende una qualche sorta di navetta (ovviamente elettrica…) e più o meno rapidamente se ne torna a casa o dove deve andare fino al giorno dopo o al termine della sua giornata. Se per esempio la sosta è stata notturna, il mattino seguente riprende la navetta e va a recuperare il veicolo carico.

 

Ciò implica alcune cose fra le tante:
a) Al di là delle necessità che si vivono di giorno, la sosta deve essere pensata in primo luogo come “notturna”. Non si può chiedere a nessuno di recuperare il veicolo ad ore antelucane per evitare aggravi o extra-pedaggi.
b) il percorso della navetta (o delle navette….) deve essere progettato assieme alla stuttura al fine di allargare il più possibile il bacino di utenza.
c) le navette devono essere il più possibile prossime all’ “H24-7/7” (ci aiuterà in questo la guida autonoma?), quantomeno nei centri di medie/grandi dimensioni, dove però si presuppone anche un forte utilizzo diurno di tali aree.
d) ove possibile, valutare come prioritaria la presenza di stazioni ferroviarie o fermate/capolinea di metropolitane o principali linee di autobus nel caso si preveda un forte uso anche nelle ore diurne. (vedasi Stazione Metropadana).

Quindi: recupero delle aree dismesse, intermodalità e sosta notturna. Altimenti il rischio è quello di fare una piccola e inutile cattedrale nel deserto.

Tante wallbox a ricarica lenta ma allacci in alta tensione

Sulla carta i vantaggi di questa soluzione, oltre a quello autoevidente di ampliare la rete di ricarica pubblica, possono essere molti.
Me ne vengono alla mente alcuni:
a) la presenza di molti veicoli in ricarica giustifica non solo l’investimento architettonico, ma anche quello “elettronico” che vien di conseguenza. Predisporre per esempio una cabina di media tensione per alimentare decine di wallbox ha ovviamente più senso rispetto al farlo per pochi stalli magari ad alta potenza.
b) qualsiasi operatore del settore energetico non potrebbe che essere interessato a partecipare a dei progetti che si preannunciano redditizi e, almeno sulla carta, per loro stessa natura di più facile gestione rispetto a migliaia di colonnine sparse sul territorio (colonnine che ci vorrebbero comunque, ribadisco).
c) da un punto di vista urbanistico è sempre più urgente pensare il recupero delle (troppe) aree dismesse che ormai stanno quasi a ridosso del centro di molte città.
d) La presenza di tali strutture può essere d’aiuto al “decongestionamento notturno” delle aree urbane, spesso adibite a “parcheggio indiscriminato” specie nelle grandi città.
e) il fatto che tali strutture vengano pensate ab origine come luighi dove la sosta si protrae per tempi medio-lunghi permette di ipotizzare un numero quantomeno preponderante di stazioni di ricarica a bassa o addirittura bassissima potenza (16/20 ampere… non di più).

Fino a 6 MW per 200-300 vetture elettriche

f) Se prendiamo per buono che (salvo mio errore) in Italia si può “lavorare” in media tensione fino ad una potenza installata di circa 6 MW, la presenza di un impianto in grado di gestire una così grossa potenza complessiva teorica in un parcheggio da es. 200/300 vetture permette comunque senza grossi ulteriori problemi la posa di un numero più o meno limitato di postazioni HPC (5/10 stalli a 250/300 kw per dire) e magari una ulteriore ventina di postazioni da 50 kW.
g) tali strutture, sicuramente energivore, potrebbero però essere alimentate direttamente in alta tensione (qualora possibile) o comunque collegate il più possibile “a monte” rispetto alle utenze civili
h) A livello architettonico l’utilizzo di strutture prefabbricate “standard” permette di immaginare con più facilità un numero più o meno elevato di “progetti fissi” da adottare a seconda delle più comuni esigenze, a tutto vantaggio dei costi. (a parità di superficie e di condizioni, un tale parcheggio potrebbe essere identico a Bergamo piuttosto che a Lecce…).

Dove i parcheggi ci sono già, basta elettrificarli

Si tratterebbe insomma di progettare delle “fabbriche della ricarica pubblica”, dove tale processo viene svolto secondo principi per così dire “industriali” in strutture specificamente pensate per coprire il maggior numero di necessità.
Ricarica velocissima per chi ha fretta di ripartire, ricarica “veloce” per chi vuole fermarsi massimo un’oretta se i dintorni offrono qualcosa di utile o interessante, ricarica notturna per chi vuole tornare il giorno dopo o alla fine della giornata lavorativa a recuperare il veicolo.

Ovviamente questo tipo di soluzione si sposa bene anche con strutture già esistenti.
A mia conoscenza, sarebbero perfetti per questo discorso i parcheggi di intersambio che circondano Milano e che molto spesso sono adiacenti a delle fermate della metropolitana.

Difetti? Problemi? Controindicazioni? Sicuramente non mancano. In primis si tratta di strutture decisamente energivore e non mi nascondo che qualche pannello fotovotaico
sul tetto possa contribuire in un modo poco più che simbolico. Inoltre merita particolare attenzione la cura finale dell’aspetto estetico perchè da quel punto di vista il rischio è quello di posare metri cubi di orribili ponteggi.

Ma quello delle necessità di ricarica è un discorso che in linea di principio si amplierà talmente nei prossimi anni da richiedere un numero elevato di interventi e “nuove idee”.
A grandi linee ve ne ho esposta una. Che fino ad ora non ho mai visto altrove… E che può essere interessante o completamente sbagliata. Sicuramente meritevole di emendamenti e consigli, che vi invito ad esprimere senza meno nei commenti.
Sarei curioso di sentire il parere di qualche operatore del settore ma non saprei come fare a sottoporla alle persone “giuste”.
Forse la redazione avrà il modo di farlo?

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