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Ricarica in condominio: un’odissea a prezzi altissimi

ricarica CONDOMINIO

Comodissima la ricarica domestica notturna: ma se il box è in un condominio installare un impianto diveta un'odissea

La ricarica in condominio è un’odissea: burocrazia, norme confuse e contraddittorie, costi su costi che si sommano. Senza contare gli ulteriori problemi che potrebbero venire dall’assemblea condominiale, sui quali per ora preferisce sorvolare l’autore di questo racconto autobiografico. E’ il professor Alessandro Abbotto, amico storico di Vaielettrico e autore di pubblicazioni divulgative come  Idrogeno. Tutti i colori dell’Energia   e  “La mobilità elettrica, Storia, tecnologia, futuro”.

                                                di Alessandro Abbotto∗

Alessandro Abbotto

Chiariamo subito. No, il prezzo dell’elettricità non c’entra per nulla. Adesso più che mai. In giro si trovano offerte per contratti al valore del PUN (Prezzo Unico Nazionale) senza alcun spread. Poiché il PUN è adesso ridisceso a circa 16 centesimi/kWh, un pieno di 500 km (al consumo medio di 15 kWh/100 km) costa, al netto delle spese per il contatore che devo comunque sostenere per il mio appartamento, poco più di 10 €. Una pacchia.

Eppure…
Eppure, questa pacchia non sembra così facilmente accessibile. In particolare, per chi abita in un condominio con autorimessa soggetta a CPI o Certificato Prevenzione Incendi (praticamente la quasi totalità delle autorimesse), il percorso è irto di ostacoli e, soprattutto, associato a costi molto elevati. Per non parlare della confusione che regna attorno al quadro normativo che regola la ricvarica in condominio. Andiamo per ordine.

Quali modalità posso usare per ricaricare a casa?

Risponde la normativa internazionale IEC 61851 sulla ricarica, che ammette in condominio  due modalità, anzi “Modi”. 

Presa industriale blu CEE interbloccata 230V/16A 2P+T+N (box di casa)

Il primo è il “Modo 2”, che comporta l’uso di un cavo dotato di ControlBox, che garantisce la sicurezza dell’operazione di ricarica, e una presa a muro tipo Schuko o CEE industriale. E qui cominciano le interpretazioni. Perché, essendo ammessa dalla normativa, l’auto elettrica che avete acquistato ha spesso, in dotazione, il cavo con la spina Schuko, ma poi andate su internet, anche su questo sito, e leggete che è preferibile non utilizzare questa spina perché, si sa, non è fatta per sopportare un lavoro continuo per molte ore.

E allora meglio ripiegare per la ricarica sulla presa CEE industriale che, sì, costa poco ma non è mai presente in condominio. Quindi dovete chiamare un elettricista che la monti e vi rilasci tutti i documenti del caso (Dichiarazione di Conformità ecc.). PRIMA SPESA.

La seconda modalità è il “Modo 3”: Wallbox, cioè un dispositivo appositamente progettato per la ricarica elettrica che richiede un cavo di ricarica Modo 3, sempre in dotazione al veicolo. Arriviamo alla SECONDA SPESA importante. Mentre una presa CEE industriale, anche interbloccata per maggior sicurezza, costa poco più di 20 euro (fonte Leroy Merlin), la Wallbox costa da 600 a oltre 2.000 euro (fonte Listini interattivi Vaielettrico.it). A cui, naturalmente, bisogna aggiungere il costo dell’impianto eseguito dall’elettricista.

Posso installare una presa nel mio box di proprietà?

La risposta è sì. La normativa di riferimento è il DM 37/2008 (“Disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici”), che vi dice cosa dovete fare se volete installare una presa nel box, indipendentemente dalla destinazione d’uso, sia che serva per ricaricare l’auto che per attaccare una lampadina da 10 W.

Qui il punto delicato è che la norma impone che venga redatto un progetto. E siamo arrivati alla TERZA SPESA importante. Perché, la norma cita, il progetto deve essere redatto da un professionista iscritto agli albi professionali. Il costo, in questo caso, si aggira oltre i 1.000 euro. Per fortuna l’art. 5, comma 2, lettera a) precisa che, se la potenza impegnata non è superiore a 6 kW (ad esempio in caso di Wallbox da 3,7 kW), allora è sufficiente un progetto redatto dal responsabile tecnico dell’impresa che installa l’impianto. Ovvero, l’elettricista di cui sopra. A cui basta chiedere, quando rilascia la Dichiarazione di Conformità, di allegare anche lo schema dell’impianto realizzato (art. 7, comma 2).

Quindi i costi alti rientrano? Macché! Intanto perché, per chissà quale ragione, le Wallbox da 3,7 kW sono rarissime, praticamente introvabili. Eppure, per la ricarica notturna nel box del condominio, quando ho a disposizione diverse ore, una potenza di 3,7 kW sarebbe più che sufficienti. Ad esempio, per una ricarica dal 20 all’80%, una batteria di capacità medio-alta da 50 kWh richiederebbe meno di 10 ore. Più che sostenibile.

Ma a raffreddare ulteriormente l’entusiasmo arriva l’art. 5, comma 2, lettera d) che specifica che, nel caso di ambienti “per i quali sussista pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio”, allora è comunque richiesto il progetto redatto dal professionista iscritto all’albo, anche se la potenza è inferiore a 6 kW. Quali sono questi ambienti? Magari la norma lo esplicitasse. Quindi nuova interpretazione. Ricercando in rete sembra che lo sia qualsiasi autorimessa soggetta a certificato CPI, praticamente tutte quelle di qualsiasi condominio escluse le più piccole (superficie dell’autorimessa inferiore a 300 mq, ovvero grosso modo come 3 appartamenti). Pertanto, la TERZA SPESA, anche ammesso che troviate una Wallbox economica da 3,7 kW, la dovete comunque affrontare.

E’ proprio necessaria la Wallbox o basta la presa CEE?

Dal momento che, come abbiamo capito, installare una Wallbox rappresenta un costo molto impegnativo, la domanda è più che lecita dal momento che:

-1) una presa CEE costa solo 20 euro;
-2) la IEC internazionale lo ammette;
3) il vostro concessionario ve l’ha data in dotazione all’auto elettrica e, se non l’ha fatto, la potete tranquillamente acquistare dove volete a costi nettamente inferiori a quelli di una Wallbox.

In questo caso sembra (sottolineo sembra) chiarire tutto la Circolare n. 2 del 5 novembre 2018 del Ministero dell’Interno-Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della Difesa Civile-Direzione Centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica (Linee guida per l’installazione di infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici) che, tanto per cominciare, non è una legge né una normativa ma, appunto, solo una circolare. Ma, non essendoci nient’altro, bisogna affidarsi a queste linee guida per capire cosa fare.

Le quali dicono quanto segue: per “un punto di ricarica come definito all’art. 2, comma l, lettere c), d), e), g) e h), del Decreto Legislativo 16 dicembre 2016 n. 257” si deve utilizzare il Modo 3, ovvero la Wallbox. Inoltre, la stazione di ricarica in un condominio deve essere collegata al comando generale di sgancio elettrico di emergenza presente, per legge, in tutte le autorimesse soggetta a CPI (da aggiungere all’impianto elettrico: QUARTA SPESA importante). E poi, ma questo è facile, aggiungere un estintore idoneo all’uso su impianti o apparecchi elettrici in tensione, in aggiunta a quelli già previsti e, infine, idonea cartellonistica.

Già, ma cosa dice esattamente l’art. 2, comma l, lettere c), d), e), g) e h), del Decreto Legislativo 16 dicembre 2016 n. 257? Alla lettera d) è specificato che un punto di ricarica di potenza standard è un punto “esclusi i dispositivi di potenza pari o inferiore a 3,7 kW”.

Nel dubbio…la spesa lievita ancora

Ma allora una presa CEE da 16 A, ovvero da 3,7 kW, sarebbe risparmiata da tutti gli obblighi di cui sopra, con notevole risparmio di soldi? Bella domanda. Nessuno sa rispondere, né gli esperti, né le società assicurative. Certo, per non sbagliare, è meglio dire di no. Non si sa mai.

In conclusione, la ricarica per la vostra auto elettrica in un condominio soggetto a CPI (la quasi totalità) rappresenta un rebus infinito che ha una sola certezza: se volete essere certi di aver fatto il massimo che richiedono tutte le varie norme, circolari ecc. allora la spesa diventa importante, anzi molto importante.

Per riassumere i costi da affrontare:
1) Progetto elettrico redatto da professionista iscritto all’albo (da 1.000 € in su)
2) Wallbox da almeno 7,4 kW (da 1.000 € in su)
3) Impianto vero e proprio, con collegamento al proprio contatore elettrico e al comando
generale di sgancio elettrico di emergenza (da 1.000 € in su, a seconda della distanza
dal box al proprio contatore) eseguito da elettricista autorizzato
4) Spese accessorie varie.

Fate la somma e vedete che, bene che vi vada, siamo intorno ai 3.000 €. Facilmente, però, si arriva anche a cifre maggiori.

Tutto ciò è accettabile? A mio parere assolutamente no! È come se voi compraste uno smartphone e poi foste costretti a spendere 3.000 € per poterlo ricaricare a casa. Oppure se, dopo aver affrontato la spesa per l’acquisto di un’auto a benzina, poi doveste spendere altre migliaia di euro per poter fare rifornimento comodamente (al netto della spesa per il carburante).

È chiaro che tutto questo è paradossale, tanto più che la totalità degli esperti concordano col dire che, in Modo 2, con cavo in dotazione dotato di ControlBox e presa CEE da 20 €, la ricarica è consentita (norma IEC sopra menzionata) e anche sicura.

Aiuto!!! Ma anche quello è a pagamento

Quindi la conclusione è: AIUTO!!! Vigili del Fuoco, decisori politici, chiunque venga in aiuto e semplifichi, nell’interesse dell’utenza e, certamente della massima sicurezza, tutto questo percorso irto di ostacoli. Che sembra avere un unico scopo: convincervi che la mobilità elettrica, nonostante rappresenti la migliore tecnologia oggi disponibile e, non dimentichiamolo, non inquinante e tossica sia per la salute umana che per l’ambiente, in Italia è meglio metterla da parte, magari a beneficio di una anacronistica vettura diesel inquinante (ormai di fatto scomparse in diversi mercati transalpini) o anche ibrida facendo il pieno di e-fuels, ingenuamente illusi che quest’ultimi siano veramente puliti e che bruciandoli non immettano nell’aria particolato, ossidi di azoto e anidride carbonica.

Per fortuna esistono, anche in Italia, società che vi sollevano da tutte queste incombenze e vi risparmiano l’odissea descritta offrendovi dei pacchetti tutto compreso chiavi in mano. Si tratta di ottime opportunità perché vi offrono il meglio della tecnologia nel rispetto, oltre ogni minimo dubbio, della norma esistente e della sicurezza. Ma che hanno una sola controindicazione: il costo complessivo diventa ancora più importante (anche se, in gran parte, diretta conseguenza di quanto abbiamo detto).

E viene da dire: auto elettrica, ma chi me lo fa fare?

E sembra dar ragione, anche se involontariamente, a quella schiera di persone che credono erroneamente che la mobilità elettrica sia un capriccio per ricchi nababbi,
mentre invece è, almeno a giudicare dai molteplici studi autorevoli che hanno calcolato il costo totale di possesso della vettura (e su questo sito più volte ripresi), un normale e moderno modo di muoversi su strada più accessibile di una equivalente automobile con motore a combustione interna. A meno della installazione della presa di ricarica a casa vostra…

Presidente della Divisione di Chimica Organica della Società Chimica Italiana. Coordinatore Nazionale dei Giochi e Campionati Internazionali della Chimica della Società Chimica Italiana. Professore a contratto presso il Vellore Institute of Technology (India). Docente presso Dipartimento di Scienza dei Materiali Centro di Ricerca Energia Solare MIB-SOLAR all’Università di Milano–Bicocca

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