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Quelli che…l’elettrico? Ma lascia perdere, va

Sì, in Italia quelli che scuotono la testa quando sentono parlare di elettrico sono ancora tanti. Direi la stragrande maggioranza. Un po’ perché si nutrono pigramente di luoghi comuni. Un po’ perché, oggettivamente, le auto spinte solo da batterie hanno ancora limiti importanti da superare. Il prezzo, l’autonomia, la carenza dei punti di ricarica, la durata del rifornimento, il fine-vita delle batterie…Tutti peccati di gioventù che fanno dire a tanti, soprattutto nei media più superficiali, di lasciar perdere. E di non provarci neppure a proporre un paragone con le rombanti macchine a gasolio o a benzina. Ma qui sta un limite tutto italiano: l’atavica paura del nuovo. La voglia di esorcizzare ogni innovazione che potrebbe modificare le tue abitudini, anche se in meglio, cercandone gli inevitabili difetti. Anche se, per trovarne, occorre arrivare al pelo nell’uovo.

I limiti dell’auto a batterie? Per altri sono opportunità

Davanti ai problemi di cui sopra, l’atteggiamento visto in tanti Paesi è stato come al solito sfidante. Le batterie sono ancora poco capaci? Metterne a punto di nuove, in grado di contenere più energia (magari in meno spazio e meno peso), è una straordinaria opportunità per avere poi successo sul mercato. Lo stesso vale per tutti i limiti di cui sopra: investire nella ricerca è il modo più intelligente per trasformare un problema in un vantaggio competitivo. In Italia no, siamo ancora fermi alla situazione che lo storico Pietro Melograni descrisse in un prezioso libretto intitolato “La paura della modernità”. Raccontando le resistenze di un Paese che seppe ritardare persino l’arrivo della televisione a colori, convinto che non ci fosse alcuna necessità di tradire il vecchio schermo in bianco e nero. Quelli che…ma a che servono i colori?

La strana idea di un campioncino nazionale

Non solo. Forse sarebbe venuto il momento di capire se nella mobilità elettrica può nascere se non un campione, almeno un campioncino nazionale. Qualcosa di alternativo a FCA, divenuta ormai un player globale, lontano da logiche di sistema-Paese.  Aziende ce ne sono tante: c’è la vicentina Askollla modenese Energica, l’imolese Tazzari… La solita vitalità della provincia italiana. E naturalmente c’è l’Enel, che con la sua visione e la sua potenza di fuoco potrebbe dare una mano a costruire da tanti nani (con tutto il rispetto) almeno un campioncino. In tutto il mondo l’elettrico sta risvegliando un’incredibile voglia di creare nuove imprese. Non solo di costruire oggetti che si muovono con un motore a zero emissione, ma di cambiare il concetto stesso di mobilità. È una scossa che potrebbe creare qualcosa di ancora più importante anche da noi, un traino anche in termini di posti di lavoro.  Interessa a qualcuno parlarne?

 

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