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Mobilità elettrica o… mobilità elettrica? Alcune considerazioni sulla mobilità ad idrogeno.

mobilità ad idrogeno

Alcuni nostri articoli sul tema della mobilità ad idrogeno  (leggi) hanno suscitato un acceso dibattito fra i lettori. Come sempre avviene, la platea si è divisa tra favorevoli e contrari. Spesso, però, avendo cognizioni superficiali sulla tecnologia della mobilità all’idrogeno. Il professor Alessandro Abbotto, direttore del Dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano – Bicocca, studia l’argomento da anni, Già nell’intervista pubblicata l’altro ieri (leggi) aveva espresso fiducia nello sviluppo di questa tecnologia. In questo intervento approfondisce il suo pensiero. La mobilità ad idrogeno, spiega, è una prospettiva già attuale per il trasporto pesante su terra e mare. Ma le ricerche in corso possono aprire nuovi orizzonti anche per l’auto.   

 

                                              di Alessandro Abbotto

Alessandro Abbotto

Esordisco col mettere in evidenza un aspetto che in genere viene poco sottolineato. Le automobili ad idrogeno sono automobili con un motore elettrico, né più né meno delle automobili comunemente dette “elettriche”. Anche per loro si usa comunemente l’acronimo inglese EV (electric vehicle), come per le automobili elettriche, ma precedute da FC (FCEV), dove FC sta per Fuel Cell (cella a combustibile). La differenza principale consiste proprio nella provenienza dell’energia elettrica che fa funzionare il motore. In un’automobile elettrica l’energia elettrica viene prodotta altrove, da fonti fossili e rinnovabili, e poi immagazzinata in batterie ricaricabili.

Sono due facce della stessa medaglia

In un’automobile ad idrogeno la corrente di elettroni viene prodotta in situ attraverso una cella a combustibile che, a partire da idrogeno (conservato in un serbatoio, e questo è invece un elemento in comune con le automobili a benzina o diesel) e ossigeno (aria), produce acqua e, appunto, corrente elettrica. Quindi non sono due modi competitivi ma due facce diverse della stessa medaglia. La domanda che possiamo porci è pertanto: conviene produrre energia elettrica altrove e conservarla in batterie o produrla, in maniera pulita, laddove ne ho bisogno, ovvero nella stessa autovettura?

A mio parere la mobilità ad idrogeno diventa interessante nel trasporto pesante verde, per mare o su terra. Nel secondo caso è interessante nell’autotrasporto pesante su ruota, dove lunghe percorrenze e rifornimenti veloci sono necessari. Già oggi sono possibili autonomie di oltre 1200 km con un pieno di idrogeno da 15 minuti, valori al momento irrealizzabili con le batterie (https://nikolamotor.com/one).

Hyundai Nexo

Idrogeno e batterie a confronto

Ma per l’auto trasporto leggero, le automobili private, conviene? Innanzitutto va detto che i modelli ad idrogeno stanno pian piano crescendo (Toyota, Hyundai) e presto ve ne saranno altri (Audi, Volkswagen, Honda, ecc.). La Hyundai Nexo, venduta anche in Italia, raggiunge autonomie dichiarate di 800 km, paragonabili alle migliori automobili elettriche oggi disponibili, ma con un tempo di ricarica di circa 3 minuti. Se poi pensiamo alla densità di energia non c’è confronto. Un kg di idrogeno conserva oltre 200 volte l’energia contenuta in 1 kg di batterie a litio-ione.

Tornando alla domanda di sopra, a mio parere in un paese come l’Italia dove certe abitudini legate al trasporto tradizionale sono dure a morire (nel I semestre 2020 sono state vendute in Italia poco più dell’1% di auto elettriche, contro il 48% della Norvegia o il 6% della Francia; peggio di noi solo Spagna, che però ci doppia nell’ibrido plug-in, e Grecia) la risposta è: potrebbe essere. Conviene prendere adesso un’auto ad idrogeno in Italia? Assolutamente no, e lo dico anche da fiero possessore di 1 (presto 2) automobili elettriche (su 2) in famiglia. Ma il motivo principale non è la tecnologia in sè ma la pressoché totale mancanza di distributori (al momento solo 1, sull’Autobrennero a Bolzano Sud, su prenotazione). Ma se qualcuno mi facesse la stessa domanda in Germania, Giappone, Corea del Sud o California del Sud, allora la risposta cambierebbe.

Stazione di servizio e camion ad idrogeno secondo Nikola Motor

In Italia manca il rifornimento. Ma all’estero…

Nikola Motor sta creando negli Usa una rete di distributori analoga ai Supercharger Tesla, con una previsione di produzione di 40.000 kg per giorno di idrogeno (ogni automobile porta un pieno di circa 6 kg). In Germania già oggi esistono quasi 100 stazioni di rifornimento ad idrogeno (quasi quintuplicate rispetto a 4 anni fa), 40 in California (US Department of Energy, afdc.energy.gov), 111 in Giappone (che diventeranno oltre 600 in 5 anni). E’ chiaro che stiamo parlando di situazioni molto diverse dal nostro paese dove al momento siamo fermi ad 1! Io ho parlato con un tedesco che è sceso con la sua automobile ad idrogeno in Italia e vi posso assicurare che l’entusiasmo di guida è analogo, se non superiore, a quello dell’automobile elettrica.

Quindi tutto bene? La risposta è no e il motivo non è solo il costo dell’automobile ad idrogeno (comunque paragonabile, se non inferiore, a quello di diverse auto elettriche anche di successo) o del numero di stazioni di rifornimento (che abbiamo visto dipende molto da quale parte del mondo consideriamo) ma anche, o soprattutto, il modo con cui oggi l’idrogeno viene prodotto. L’idrogeno, che non si trova come tale sul pianeta (e quindi non è di per se una fonte di energia ma un carrier, trasportatore) oggi proviene al 95% da una reazione detta di steam reforming da metano (quindi un combustibile fossile!), che produce monossido di carbonio e anidride carbonica (!!). Quindi siamo al punto di partenza.

L’idrogeno è un vettore di energia pulita ma viene prodotto in modo “sporco”. E’ quindi importante trovare metodi alternativi per produrlo in modo pulito ed economicamente accettabile (da metano oggi l’idrogeno costa circa 1-3$ /kg). Già oggi è possibile produrlo da elettricità da fonti rinnovabili (ad es. fotovoltaico o idroelettrico) e elettrolizzatori, che scindono acqua in idrogeno e ossigeno, ma è un processo dispendioso dal punto di vista energetico, poco efficiente e il costo è ancora elevato (H2 Sudtirol lo vende alla stazione di Bolzano a 11.3 €/kg IVA escl).

L’obiettivo? Acqua+Sole=idrogeno

Inoltre, chiunque osserverebbe che un processo in cui dell’energia elettrica viene utilizzata per produrre idrogeno (con immancabili perdite ed efficienze minori del 100%), per poi riprodurre da capo energia elettrica non sarebbe certo un sistema efficiente rispetto ad utilizzare direttamente l’energia elettrica, attraverso una batteria, in un’auto elettrica. E’ per questo che nel mio dipartimento, e in altri centri di ricerca, siamo conducendo ricerche per produrlo in modo ancora più pulito ed efficiente direttamente da sole e acqua, due fonti verdi (anzi, verdissime) e abbondanti (anzi, inesauribili).

A livello europeo un grosso network composto da importanti centri di ricerca (tra cui il nostro) e industrie è stato organizzato per raggiungere questo obiettivo entro i prossimi 10 anni (https://www.sunergy-initiative.eu/). Uno dei leader a livello europeo è Nicola Armaroli, direttore della rivista Sapere e uno dei massimi esperti nel campo della mobilità elettrica (nonché autore in questa rubrica). Ma qui l’orizzonte è ancora a più lungo termine, anche se molti passi in avanti, soprattutto nel campo dei nuovi materiali, sono stati fatti nell’ultimo decennio.

In conclusione: la mobilità ad idrogeno è solo un altro aspetto della nuova (e speriamo presto predominante) mobilità pulita elettrica. Cambia solo l’approccio ma non la vision. Nel medio-lungo termine diventerà sempre più importante, soprattutto quando nuove tecnologie pulite ed efficienti di produzione di idrogeno diventeranno percorribili.

 

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