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Diverso parere/1 Il ruolo del gas : l’importanza di un gregario

Gli obiettivi sono chiari; come ci si arriverà molto meno. E’ già deciso che nel 2030 l’Italia dovrà ridurre del 55% le emissioni di CO2 e arrivare ad azzerarle nel 2050. Ma all’energia pulita non si arriverà di botto e per altri trent’anni ad essa dovrà essere affiancata una quota di energia primaria, si spera decrescente,  prodotta da fonti fossili. O comunque “integrativa” rispetto alle rinnovabili, dove non si potrà procedere alla totale elettrificazione (industria e trasporti a lunghissimo raggio). Non per questo sarà indifferente quale fonte alternativa utilizzare, perchè anche da questa scelta dipenderà la possibilità di centrare l’obiettivo finale.  Sulle modalità della cosiddetta transizione riceviamo questo contributo di un manager che da trent’anni si occupa di energia ai massimi livelli di grandi gruppi industriali. 

di Carmine Biello∗

Ho letto con interesse l’articolo di Vaielettrico pubblicato il 7 aprile (“The Economist: il grande inganno del metano pulito”), a firma di Massimo degli Esposti : “farà certamente discutere”, viene anticipato nel titolo, e quindi approfitto volentieri dell’auspicio.

La parte facile: quel che c’è da fare

Partirei dal settore dell’energia elettrica, del quale mi occupo, e dai più acclarati “pilastri” dello scenario che ci accompagnerà fino a metà secolo:

Su questi fronti c’è moltissimo ancora da fare, anche in Europa (e in Italia), laddove va riconosciuto che non poco è stato già fatto (se pensiamo soprattutto allo sviluppo delle fonti rinnovabili ed al parallelo abbandono del petrolio e del carbone). Tralasciamo per semplicità le svariate proiezioni numeriche sul tema, di cui la letteratura è sempre più piena e che comunque convergono nella sostanza.

Fin qui, la “parte facile.

La parte difficile: come arrivarci?

Veniamo allora al ruolo del gas : il famoso slogan del “traghetto” con cui affrontare la transizione energetica.

Intanto, dal Vostro articolo, registrerei la (piccola) buona notizia sulle perdite di metano (quindi anche di CO2) che la filiera gas continua a registrare nel mondo: basterebbe intervenire subito, a costo zero, sui soli malfunzionamenti delle infrastrutture per ridurre del 40% i rilasci di metano in atmosfera da parte del sistema gas ovvero del 9% quelli da parte dell’insieme delle attività umane.     

Guardiamo ora al contesto italiano, visto che il percorso della transizione energetica non potrà che tararsi sulle specifiche situazioni (e anche delle specifiche convenienze) dei singoli paesi.

L’Italia non parte con l’handicap

Diciamo subito che, in generale, l’Italia parte da una situazione migliore rispetto ad altri paesi europei, raggiunta (faticosamente) attraverso un lungo ciclo di investimenti, iniziato alla fine degli anni ’80. Infatti oggi abbiamo :

Va detto che questa situazione è il risultato di scelte lontane e sforzi importanti, visto che nel campo dell’energia i tempi dei fenomeni sono sempre lunghi e l’entità degli investimenti è sempre pesante: l’Italia, dopo l’abbandono del nucleare, a partire dalla fine del secolo scorso, scelse di basare la crescita del proprio sistema energetico prima sul gas (più o meno consapevolmente e ordinatamente) e successivamente anche sulle fonti rinnovabili (con non pochi sforzi). Furono scelte costose, complesse, anche rischiose (soprattutto sul lato degli approvvigionamenti), ma tant’è : ora ne vediamo il risultato.

D’altra parte, come non ricordare l’altro slogan che dominava da noi fino a poco tempo fa: Italia, un “hub europeo del gas”.   

Oggi dunque il nostro Paese gode finalmente di una posizione di vantaggio rispetto alla transizione energetica. Ha infrastrutture energetiche robuste e giovani (reti elettriche, metanodotti, centrali), ma anche già sufficientemente flessibili. Questo peraltro ci ha anche consentito, negli ultimi anni, di intraprendere concretamente la via dell’abbandono delle fonti fossili più inquinanti (olio e carbone).

Più di un traghetto ci serve un gregario

Ma ci aspettano adesso le prove più dure, quelle che dovranno portarci alla decarbonizzazione totale di metà secolo:

Tutto questo in uno scenario di continuo e deciso aumento dei consumi di energia elettrica.

Insomma, bisogna portare alla meta una serie di talenti. Devono essere “protetti” e controllati durante il loro cammino, per evitare che perdano il passo o che, al contrario, si brucino in anticipo .

Allora più che di un “traghetto”, per affrontare la competizione oggi ci serve un buon “gregario” (se possiamo mutuare un esempio dal ciclismo, sport di durata e di resistenza per eccellenza).

Il gregario apre la strada, lavora duro a lungo, senza lamentarsi, anche se sa che dovrà farsi da parte, al momento giusto. Ma intanto deve continuare a “tirare”, adattandosi a fare non solo il passista, cosa che sa fare bene, ma anche (e sempre più) lo scalatore o lo scattista, quando serve.

Pronto a farsi da parte in vista del traguardo

Nel futuro scenario della nostra generazione elettrica, dominato dalla variabilità di solare ed eolico, sia pur mitigata a livello “infra-day” dalle batterie, bisognerà essere pronti a coprire con capacità “pronta” ogni momento (imprevedibile) di calo delle risorse naturali: che sia per giorni o per ore o per minuti.

D’altra parte è dimostrato che c’è un limite di antieconomicità, per i sistemi energetici, all’eccesso di capacità da fonti rinnovabili cosiddette “variabili”. E anzi, all’aumentare del tasso di decarbonizzazione, questo limite si rivela sempre più stringente.

Per questo il nostro sistema gas sarà vitale per sostenere il sistema elettrico nel delicatissimo passaggio dei prossimi anni (ultimo slogan, promesso: “sectors coupling”). E’ cresciuto, si è preparato, ha dimostrato sin qui di potere e di sapere svolgere il difficile ruolo di gregario. E ora non deve mollarci.

Fino a quando?  

1.continua

∗Manager, Energy & Utilities  

SEGUE IN: Diverso parere/2 Se a torare è un nuovo gregario: l’idrogeno

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