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La missione impossibile del ritorno al nucleare

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Ma davvero, dopo 70 anni di discussioni, continuiamo a dedicare tutte le nostre energie mentali a risolvere il groviglio di problemi legati al ritorno al nucleare, mentre potremmo dedicarle ad attuare altre soluzioni, che già abbiamo?

Così Nicola Armaroli conclude la sua “pillola” dedicata alla questione del ritorno all’energia nucleare.

Un ritorno «impossibile» sostiene l’amico scienziato, almeno in Italia. Non foss’altro per un vincolo politico, ancor prima che tecnologico o economico. Realizzare una centrale nucleare, infatti, significa gestire un processo che dura 20 anni, e costantemente sorretto dalla condivisione della stessa politica energetica. Nella storia italiana, questo non è mai accaduto.

I mini reattori: il cavallo di Troia del ritorno al nucleare

Non a caso lo stesso governo Meloni, rilanciando il nucleare made in Italy, dichiara di non voler puntare sulle grandi centrali da oltre 300 MW, bensì sulle centrali “tascabili” Small Modular Reactor (SMR) con potenze da 50-100 MW che si potrebbero realizzare in serie, in fabbrica, e successivamente montate nei diversi siti.

Ma è vero che gli SMR costano meno? E’ tutto da dimostrare, come vediamo dalla cancellazione dell’unico progetto già autorizzato, il NUScale americano. La tecnologia di quarta generazione di cui parla il governo, quella con raffreddamento a piombo fuso, poi, è ancora tutta da sviluppare.

Un reattore SRM durante il trasporto. A destra il progetto SRM di Westinghouse

In più, si tratterebbe di trovare decine di siti in cui collocarli. E nessuno sa come. Per il famoso deposito delle scorie, che prima o poi dovremo riportare in Italia, sono state individuate 62 locations e nessuna delle municipalità interpellate ha dato il suo assenso. Teniamo anche  presente che il 94% del nostro territorio è a rischio idrogeologico o sismico.

In altre Paesi, la Cina per esempio, le nuove centrali nucleari si stanno facendo. Quindi, a prescindere dalle specificità italiane, ci sarebbe una logica energetica o economica a giustificarle?

La Cina scommette sull’atomo? E’ solo un falso mito

Per Armaroli anche questo è un falso mito. La Cina ha realizzato 50 GW di nucleare dal ’92 ad oggi, mentre solo l’anno scorso ha installato 200 GW fra fotovoltaico ed eolico.

Il trend mondiale è di un aumento esponenziale degli investimenti in rinnovabili. Questo vuol dire che sono già cambiate le regole del gioco. Quale investitore privato metterebbe miliardi su una tecnologia che già oggi è più costosa, più complicata e più controversa e produrrà reddito solo fra 10 o 15 anni, se va bene?. Che mondo avremo quel giorno? Nessuno lo può sapere. I tempi lunghi sono un’incognita e l’incognita, per ogni investitore, è un costo aggiuntivo.

Cala il peso del nucleare in tutta Europa

Non è un caso se il peso percentuale della produzione di energia da nucleare è oggi la metà di 10 anni fa. E’ in sostanza una tecnologia estremamente complessa, ma in qualche modo anche assurda per Armaroli. Utilizza infatti la fissione dell’atomo per produrre calore con cui far bollire l’acqua, ricavare vapore, far girare le turbine elettriche. Insomma un grande pentolone. Possibile che l’umanità non abbia ancora deciso di voltare definitivamente pagina?

E quando la volterà, arriverà il costo spropositato dello smantellamento, che è impossibile quantificare oggi. Tant’è vero che la Francia non ha ancora contabilizzato nel suo debito pubblico i costi di decommissioning delle sue 58 centrali nucleari, quasi tutte abbastanza datate e da smantellare nel giro di poche decine di anni.

Sull’aspetto della sicurezza, Armaroli ci tiene ad evitare gli allarmismi. Le centrali, oggi, sono teoricamente sicure. Ma nessuno le ha testate contro un bombardamento mirato. Nel manuale di istruzioni della centrale di Chernobyl, per esempio, i gestori ucraini non hanno trovato un capitolo intitolato: “Cosa fare in caso di assalto a cannonate“. Eppure nell’inverno del 2022 si sono visti circondare dai carrarmati russi…

E l’indipendenza energetica? Abbiano uranio in Italia? Abbiamo tecnologie per trattarlo? Quasi tutti i reattori del pianeta, compresi gran parte di quelli francesi e americani, sono alimentati con barre d’uranio prodotte dalla russa Rosatom. Che non a caso è stata esclusa dall’embargo pro Ucraina.

Infine c’è il problema dello stoccaggio delle scorie. Ma a questo dedicheremo la prossima pillola.

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