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I benzinai si fanno avanti: colonnine in tutti i distributori

distributori

Potrebbero essere gli attuali distributori di benzina l’ossatura portante delle futura rete di ricarica pubblica per le auto elettriche. La novità, abbastanza clamorosa, è uscita a margine della presentazione on-line del report “Il futuro della mobilità elettrica: l’infrastruttura di ricarica in Italia @2030” realizzato da MOTUS-E, in collaborazione con Strategy& PwC. (qui il testo integrale).

Sebastiano Gallitelli e Massimo Leonardo di Strategy& PwC

Sebastiano Gallitelli, segretario generale di Assopetroli-Assoenergia ha detto che «la rete dei distributori di carburante avrà un ruolo strategico per lo sviluppo di massa della mobilità elettrica». E’ «inutile cercare altri spazi per l’installazione dei punti di ricarica _ ha aggiunto _ quando abbiamo un asset già pronto sia nei centri urbani, sia sulla viabilità extraurbana e soprattutto autostradale con le caratteristiche ideali per supportare la mobilità elettrica di massa».

La rete c’è già: i distributori

Dunque sembra di capire che i petrolieri stiano preparando una conversione ad U, scegliendo di cavalcare l’onda elettrica, anzichè cercare di contrastarla. Probabilmeente il piano è già pronto e sarà formalizzato a breve.

Galitelli infatti ha avanzato proposte precise, partendo dal presupposto che «la riduzione dei consumi di carburanti liquidi porterà a una trasformazione della rete che libererà ulteriori spazi pronti per essere convertiti».

In ambito urbano la rete delle pompe di benzina può «essere a supporto della ricarica privata dando una risposta a tutti i potenziali automobilisti elettrici che oggi non si avvicinano perchè non hanno un garage privato»   Quindi gli spazi delle attuali stazioni potrebbero ospitare 4 stalli con caricatori standard da 22 kw dove lasciare l’auto in ricarica fruendo del supporto del gestore che può effettuare le operazioni di attacca e stacca. Le stazioni collocate ai limiti esterni delle aree urbane, inoltre, potrebbero diventare hub intermodali, dove parcheggiare l’auto termica in ingresso proseguendo poi con il car sharing elettrico per l’ultimo miglio.

Grandi batterie al posto delle cisterne

Ancora più strategico, ha sostenuto Gallitelli, è il ruolo dell’attuale rete dei distributori in ambito extraurbano e autostradale. Dotata di ricariche fast e superfast, la rete attuale  rappresenterebbe la risposta all’ansia da ricarica, replicando «un’esperienza d’acquisto simile a quella che è sempre stato fatta, con rabbocchi in tempi ragionevoli». Gli spazi oggi occupati nei disributori dai depositi di carburante, diventando sovradimensionati a causa dell riduzione dei consumi, «potrebbero ospitare grandi batterie per l’accumulo statido dell’energia sia al servizio della ricarica ultrfast, sia al servizio della rete, per stabilizzarla».

Due scenari per la rete del futuro

Il report di MOTUS-E e Strategy& PwC è stato oggetto di un dibattito fra i rappresentanti di Axpo, A2A, BeCharge, Edison, Enel X  e Neogy. La dettagliata fotografia dello stato dell’arte della ricarica in Italia e in Europa evidenzia  il forte sviluppo anhche nel nostro Paese (circa 8.500 Infrastrutture di ricarica con circa 16.700 punti di ricarica pubblici), ma anche criticità. Quasi il 95% delle infrastrutture, per esempio, sono concentrate su potenze tra 22-43 kW (70% della rete), mentre la presenza di ricarica ad alta e altissima potenza (superiori a 100 kW) è molto limitata, specialmente in ambito autostradale. C’è poi un forte sbilanciamento territoriale fra Nord e Sud e una maggioranze di automobilisti che non dispone di spazi per la ricarica domestica.

Mix a confronto, ma più fast e ultra fast

In una prospettiva di espansione della mobilità elettrica che stima 4,9 milioni di veicoli BEV e PHEV circolanti nel 2030 queste criticità devono essere superate. Il report ipotizza due scenari. Il primo “Customer experience focused” mira a migliorare significativamente l’esperienza di ricarica dell’utente. Prevede lo sviluppo della rete di ricarica pubblica complementare alla rete privata. Quindi infrastrutture diffuse sul territorio sia in ambito urbano che extra-urbano con alte potenze per permettere “biberonaggi” veloci. Su una domanda energetica al 2030 per la mobilità elettrica pari a circa 10 TWh, questo scenario prevede un 42% di ricarica privata domestica, un 30% di ricarica condivisa (sul luogo di lavoro) e un restante 28% di ricarica pubblica, con 98.000 punti di ricarica. I punti di ricarica pubblici sono così distribuiti sulle diverse potenze: 14% slow (3-7 kW), 54% quick (22 kW), 32% Fast e Super Fast (50-350 kW).

Il secondo scenario, denominato “Proximity focused” è basato sulle esigenze di prossimità della ricarica rispetto all’utente. Prevede una rete più capillare di punti di ricarica pubblici a bassa potenza. E’ un’ alternativa alla ricarica domestica per chi non dispone di garage e che punta a stimolare la ricarica durante la notte. Si ispira al modello di alcune città europee come Amsterdam e Londra, con limitata disponibilità di parcheggi privati. Questo scenario ipotizza che il 62% del fabbisogno energetico verrà soddisfatto con ricariche private e condivise, 32% e 30% rispettivamente, ed il 38% con ricariche pubbliche, con 130.000 punti di ricarica totali. Le potenze sono quindi maggiormente polarizzate: 40% slow (3-7 kW), 45% quick (22 kW), 15% Fast e Super Fast (50-350 kW).

Due soluzioni per chi non ha il garage

C’è comunque assoluta necessità di una rete di ricarica ad alta potenza estesa e diffusa sulla viabilità extra urbana e autostradale. E anche di  “Hub urbani” per la ricarica veloce. Si ipotizzano circa 31.000 punti ad alta potenza nello scenario “Customer experience focused” e circa 19.000 nello scenario “Proximity focused”. Il che pone numerose sfide agli operatori. In particolare: procedure di autorizzazione rapide ed efficienti, accesso ai fondi stanziati dall’Unione Europea, rimudulazione delle tariffe che avvcinino i costi della ricarica pubblica a quelli della ricarica privata.

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