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Dalle ICE (complesse) alle BEV (semplici), una riflessione e una proposta

La Kia EV6 elettrica e la Mercedes Classe B termica

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Dalle ICE complesse alle BEV semplici: Franco, sintetizza così il salto fra le due tecnologie. Con la pignoleria di un informatico appassionato di automotive ci elenca tutto quello che gli ingegneri hanno dovuto aggiungere alle prime e quello che hanno potuto togliere sulle seconde. E pensa che qualcosa si possa ancora fare per eliminare definitivamente la meccanica dai veicoli elettrici del futuro. Ha già scritto per Vaielettrico questo confronto fra mercedes-250-eqa-e-la-model-3 e questa riflessione sulla resistenza italica al cambiamento.

                                                 di Franco Fellicò

La meccanica è la disciplina che da molti anni ha fatto da padrona in molti campi e in particolare in quello della mobilità.

Ma al giorno d’oggi l’elettricità, l’elettronica e l’informatica, così come in tutte le tecnologie esistenti, si sono inserite prepotentemente. Prima gestendo sempre meglio i motori e tutti i dispositivi delle autovetture e poi pian piano sostituendo molte parti meccaniche.

Ma prima di riflettere in dettaglio su quello che sta avvenendo e di immaginare quello che probabilmente avverrà domani, vorrei invitare chi si è imbattuto in questo articolo a meditare oggettivamente su quello che è oggi la nostra tanto cara automobile.

I motori alternativi, l’orgia dello spreco d’energia

Dalle ICE alle BEV/Il “Carro di Cugnot”. Era spinto da un motore a vapore

Il “Carro di Cugnot” fu il primo veicolo a trazione non animale ideato nella seconda metà del 1700. La maggior parte dei veicoli a motore sono stati poi costruiti a partire dalla seconda metà del 1800. Essi utilizzavano inizialmente motori a vapore, poi a scoppio e poi anche diesel.

Intendiamoci, c’è una grande differenza tra i motori a scoppio o diesel di cento anni fa e quelli di oggi. Ma sempre si tratta di motori alternativi cioè di motori che riescono a far muovere le vettura partendo da un movimento alternativo.

Ci sono sempre due o più cilindri nei quali dei pistoni vanno su e giù spinti in basso da scoppi continui di una miscela di aria e benzina o gasolio nebulizzati. Quei pistoni sono collegati a mezzo delle bielle ad un albero motore (detto a manovelle o a collo d’oca). Trasforma il movimento alternativo in movimento rotativo.

Dai primi motori ad oggi nulla è cambiato in questo, anche se ci sono state enormi migliorie nella realizzazione di questi dispositivi che hanno mirato a renderli sempre più efficienti, meno rumorosi e più potenti. Non dimentichiamoci però dei pistoni che vanno su e giù. Questo è un assurdo.  I pistoni si spostano velocemente per un tratto di qualche decina di centimetri, per poi fermarsi bruscamente, risalire e ripartire nuovamente verso il basso. L’efficienza di un simile meccanismo e bassissima. Infatti c’è una enorme perdita di energia dovuta ad ogni brusco arresto dei pistoni quando sono nel “punto morto” superiore ed inferiore.

Tanta energia diventa calore (da disperdere)

Ma non basta, perché di complicazioni ce ne sono ancora tante altre. Infatti il continuo saliscendi dei pistoni e anche gli scoppi necessari a farli muovere, creano una grande quantità di calore che occorre smaltire in qualche modo per evitare che l’insieme si riscaldi fino al punto di fondere. Allora è stato necessario realizzare tutto un sistema di lubrificazione che utilizzando una congrua quantità di olio contenuto nella coppa dell’olio deve essere distribuito verso tutte le parti in movimento.

Dalle ICE alle BEV/Sotto il cofano di una moderna auto termica…

Ed inoltre, sempre per evitare che l’intero motore si surriscaldasse, è stato necessario realizzare un raffreddamento a mezzo di acqua che deve circolare forzatamente con l’aiuto di una pompa in una intercapedine del monoblocco. Per evitare che anche l’acqua arrivasse all’ebollizione è stato necessario inventare il radiatore. Qui l’acqua viene a sua volta raffreddata a mezzo di aria forzata. In parte proveniente da una apposita ventola e in parte proveniente dall’estero con il movimento delle vetture.

Vi rendete conto quanti dispositivi servono in una auto moderna? E poi non credo che vi siete dimenticati che è stato necessario dotare ogni vettura di un motorino elettrico di avviamento per far partire i motori a scoppio o diesel e ovviamente anche di una batteria per alimentarlo oltre che tutti i  dispositivi elettrici presenti in un’auto; e per evitare che la batteria si scaricasse  è stato necessario anche utilizzare un alternatore e relativo dispositivo di conversione della corrente alternata in corrente continua per ricaricare la batteria; e per far girare l’alternatore lo si è collegato all’albero motore a mezzo di una particolare cinghia.

C’è anche l’elettricità, ma per tamponare le falle

Nei motori a benzina per alimentare con la miscela aria-benzina le camere di scoppio, occorreva far arrivare (inizialmente per caduta e successivamente con una apposita pompetta) la benzina dal serbatoio al carburatore e cioè ad un dispositivo che aspira aria e una certa quantità di carburante in funzione di una farfalla che si apre e si chiude comandata dal pedale dell’acceleratore.

Poi successivamente il carburatore è stato sostituito quasi totalmente dagli iniettori e da un’apposita pompa ad alta pressione  che inietta con forza  la benzina polverizzata nella camera di scoppio. Ma come accendere la miscela? Ci sono volute le candele, cioè piccoli dispositivi capaci di generare delle scintille tra due elettrodi.

E per produrre le scintille è stato necessario innalzare la tensione della batteria con una bobina e distribuirla alle candele di ogni cilindro al momento opportuno compito affidato al distributore. Tutto questo insieme è stato poi pian piano sostituito dall’elettrocina che a tutt’oggi genera le scintille ai momenti opportuni con una tensione ad alta frequenza.

Per i motori diesel invece le candele non sono mai servite in quanto l’accensione della miscela aria-gasolio avviene quando gli iniettori iniettano il gasolio polverizzato nella camera di compressione dove l’aria è già ad una temperatura molto alta per la forte compressione e può così incendiarsi.

Ma dove dovevano finire i gas di scarico prodotti dalla combustione e come ridurre la rumorosità dei motori? La soluzione è stata un condotto di scarico con una marmitta in cui i gas di scarico possono raffreddarsi prima di essere rilasciati all’esterno; e poi per evitare di emettere con i gas di scarico troppe particelle inquinanti è stato necessario inserire nella marmitta anche un catalizzatore che catalizzasse quelle particelle e per i motori diesel anche un filtro anti-particolato per bloccare la fuoriuscita delle polveri sottili (PM10).

Quanto sporco lavoro per gli ingegneri

Ora che abbiamo visto abbastanza nel dettaglio il motore termico non dobbiamo dimenticare che una volta avviato esso ruota al minimo all’incirca ad 800 giri al minuto e dunque non è possibile collegarlo di colpo alle ruote che inizialmente sono ferme.

Dalle ICE alle BEV/ Tutti i componenti di un motore a scoppio

Per questo è stata inventata la frizione  che consente di applicare il moto alle ruote più gradatamente. E poiché al momento della partenza o anche quando la vettura deve affrontare un salita la forza motrice necessaria è molto alta si è dovuto ricorrere ad un cambio che consente di variare la forza disponibile. Il cambio infatti, a mezzo delle varie marce, consente di ottenere molta forza e basse velocità oppure meno forza e più  velocità; la cosa si ottiene con un nutrito numero di ingranaggi che vengono innestati tra loro a seconda delle necessità e con l’ausilio della frizione.

Vi ho fatto ripercorrere buona parte dei problemi che gli ingegneri hanno dovuto risolvere

Sono sicuro che nessuno di noi automobilisti pensa a tutte queste cose mentre viaggia comodamente seduto al volante della sua bellissima auto moderna. Ma gli ingegneri si sono dati molto da fare, hanno risolto brillantemente tutti i problemi e ci hanno reso anche più semplice la guida.

Questo non toglie che l’auto moderna è un complesso insieme di parti che oserei pure dire poco intelligente, diventato tale per non aver voluto mai tentare di trovare una soluzione complessiva più logica del motore termico che conosciamo.

Auto elettrica ovvero passare da complesso al semplice

Dopo tanti anni di questi veicoli che sono diventati sempre più complessi è giunta finalmente un’idea nuova: il motore elettrico.

La prima cosa da osservare è che il motore elettrico è un motore che genera una rotazione direttamente. Non c’è quindi alcun bisogno di trasformare uno stupido movimento alternativo in uno rotativo. Non non sono più necessarie così né bielle né albero a manovelle. Né albero a camme per la  distribuzione e lo spreco di energia si riduce enormemente.

Dalle ICE alle BEV/Lo schema di una VW ID3

Il motore elettrico, diversamente dal motore a scoppio, può variare la sua velocità da zero a migliaia di giri al minuto offrendo tutta la sua potenza anche ad un bassissimo numero di giri. Questo consente di applicare alle ruote la rotazione da esso prodotta, opportunamente demoltiplicata e in maniera variabile abbastanza direttamente e senza bisogno di frizione. L’acceleratore si può servire di un semplice sistema elettronico (l’inverter) che controlla in modo preciso sia la forza motrice che la velocità di rotazione.

Il lungo elenco dei pezzi mancanti

Ma vediamo ora tutto quanto non è più necessario in una vettura a propulsione elettrica rispetto ad una a motore termico.

Cilindri, pistoni, bielle, albero a manovelle albero di distribuzione e valvole, punterie, carburatore o sistema ad iniezione, impianto di lubrificazione, impianto di raffreddamento,  radiatore e ventola relativa, impianto di scarico,  impianto di depurazione, motorino di avviamento, alternatore, cambio, frizione e albero di trasmissione non servono in una vetture a motore elettrico. Essendo tutto più semplice la vettura elettrica si avvantaggia della grande efficienza del suo motore che invece del 30% può raggiungere anche il 90.

Dalle ICE alle BEV/Il blocco motore di una Tesla Model 3

Se poi si considera che con un semplice intervento di elettronica si può indurre il motore a generare energia piuttosto che a consumarla e che questa energia può essere utilizzata per ricaricare la batteria ad alto voltaggio si capisce che non solo si può consumare poca energia ma si può perfino recuperare quella che nelle macchine con motore termico viene dispersa quando si frena.

E un asso nella manica: la frenata rigenerativa

In questo modo la maggior parte delle frenate è ottenuta dalla inversione di uso del motore elettrico. Si evita quindi di consumare le pastiglie dei freni che durano quasi all’infinito e si riduce drasticamente l’immissione di polveri sottili nell’ambiente.

Penso a questo punto che ce ne sia abbastanza per capire quanto è più intelligente utilizzare i motori elettrici  per far muove le nostre belle auto.

Quello che ho detto dimostra chiaramente che si sta passando da dispositivi molto complessi meccanici a dispositivi molto semplici elettrici ed elettronici non più in movimento ma statici; un gran vantaggio di efficienza. E con quali svantaggiIo direi nessuno se non (al momento) un’ autonomia un po’ più ridotta e la necessità di ricaricare la batteria in tempi certamente maggiori di quelli necessari ad una vecchia auto per fare rifornimento.

Il prossimo passo? Eliminare il differenziale

Voglio ora provare ad immaginare cosa potrà cambiare in futuro nelle vetture BEV. E’ ovvio che il maggior sviluppo si avrà nelle batterie che saranno sempre più leggere e capienti e sempre meno costose. Il risultato sarà che l’autonomia mediamente aumenterà. E sarà anche sempre più veloce la ricarica.

Per il resto non credo che ci saranno più grossi cambiamenti. Ma una cosa mi aspetto che sembrerebbe logico avvenisse.

Al momento la maggior parte delle BEV  ha un unico motore e a titolo di esempio esaminiamo il caso di uno che ha un motore di 160 kw di potenza. Quel motore aziona le ruote anteriori o posteriori a mezzo di un differenziale.  E’ l’unico dispositivo meccanico (oltre al rotore del motore) che è rimasto in vita.

Dalle ICE alle BEV/Tesla dual motor: due differenziali per due motori

Qualche vettura ha anche due motori uno per asse e quindi due differenziali.

Quello che a me sembra logico e che consentirebbe di eliminare anche i differenziali sarebbe di utilizzare 4 motori elettrici meno potenti e cioè uno per ogni ruota.

Vediamo quali sarebbero i vantaggi. Oggi la maggior parte delle BEV lavora con tensioni di 350 Volts (anche se c’è qualcuno che sta sperimentando tensioni di 800 Volts). Questo significa che per alimentare un motore da 160 Kw occorrono dei conduttori molto spessi dovendo trasferire varie centinaia di ampere.

Se si usano invece 4 motori da 40 Kw si disporrebbe della stessa potenza complessiva ma la sezione dei conduttori potrebbe essere ridotta ad un quarto.

Ma la cosa interessante è che anche i differenziali potrebbero essere eliminati. Questo perché certamente la gestione della differente rotazione delle ruote interne ed esterne alle curve potrebbe essere affidata all’elettronica.

Il riduttore è proprio indispensabile?

Ma un’altra parte meccanica a me piacerebbe venisse eliminata ed è il riduttore. Attualmente credo sia presente in tutte le BEV per ridurre il numero di giri dei motori a quello necessario alle ruote.

Qui le mie conoscenze tecniche non sono sufficienti per fare delle proposte ma mi domando se è pensabile che un motore elettrico possa essere progettato in maniera tale da funzionare da zero al numero di giri massimo che necessitano le ruote per far andare una vettura a 160 o 180 km/ora.

Dalle ICE alle BEV/Il riduttore, l’organo di trasmissione adottato dalle auto elettriche

Se questa cosa fosse possibile penso che la soluzione ottimale potrebbe essere 4 motori (uno per ruota) di potenza inferiore a quelli attuali, collegati direttamente (senza alcun riduttore) a ciascuna ruota e gestiti da un apposito dispositivo elettronico.

A questo punto, fatta eccezione dei rotori  dei motori, tutto sarebbe non meccanico ma statico con la totale eliminazione di ogni attrito.

Lascio a chi è più ferrato di me in materia di verificare quanto di quello che mi piacerebbe accadesse è possibile realizzare e ovviamente rimango anche in attesa di sentire gli eventuali pareri contrari opportunamente motivati.

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