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Autonomia invernale: il tallone d’Achille delle PHEV

autonomia invernale

Il Suv Mercedes EQC durante i test invernali in Svezia

Il crollo dell’autonomia delle auto elettriche nella stagione invernale, per quanto fenomeno stranoto e più volte spiegato in questo sito (vedi qui), sta suscitando un acceso dibattito tra i nostri lettori. Alcuni dei quali lamentano un’autonomia più che dimezzata, mentre altri non perdono più del 20-30%. Come si spiegano performances tanto diverse? Possono dipendere da malfunzionamenti? Oppure dal deterioramento delle celle? O da diversi stili di guida, diverse condizioni ambientali, diverse soluzioni costruttive?

Ecco perchè: ve lo spiega Leonardo Spacone

Abbiamo girato la domanda all’ingegner Leonardo Spacone che, sviluppando il suo sistema di navigazione per auto elettriche Power Cruise Control (PCC), “mette il naso” ogni giorno nel cuore elettronico di ogni modello di BEV presente sul mercato.

Non fidatevi dei dati della strumentazione di bordo

Una premessa. I dati rilevati dalla strumentazione di bordo, spiega Spacone, sono giocoforza approssimativi. Si basano infatti su algoritmi scritti a partire dalle caratteristiche di progetto del powertrain (batteria, inverter, motore) e non sullo specifico di ogni vettura. Le indicazioni sull’autonomia residua, poi, fanno riferimento ai consumi attesi se le condizioni di utilizzo del mezzo fossero le stesse degli ultimi chilometri percorsi. Non tengono conto del percorso da affrontare, delle altimetrie, delle condizioni metereologiche che si incontreranno fino alla destinazione.

Meglio monitorare i consumi istantanei

Un consiglio. Per acquisire dati più puntuali è consigliabile monitorare i consumi istantanei che in ogni momento indicano quanta energia è servita per percorrere l’ultimo km. Il sistema Power Cruise Control, viceversa, è collegato all’elettronica di bordo, acquisisce i dati reali della specifica vettura (rilevandone quindi anche anomalie dovute allo stato di salute dei componenti) e li elabora sulla base del percorso reale fino a destinazione, altimetrie comprese, e nelle condizioni ambientali in tempo reale.

La batteria fredda “rende” il 2-3% in meno

Tuttavia, fa notare Spacone, tale approssimazione non giustifica gli scostamenti segnalati dai lettori. Le temperature esterne possono peggiorare le performances delle batterie di pochi punti percentuali a partire da quella ottimale per il loro funzionamento che è attorno ai 20 gradi. Scendendo verso lo zero termico il deficit potrebbe essere del 2-3 % o anche maggiore se si arriva a temperature che sfiorano i -20°.

L’aria è più densa, serve più energia

Un secondo elemento negativo è la densità, quindi la resistenza, dell’aria che aumenta alle basse temperature e cresce ulteriormente con l’umidità, la nebbia e la pioggia. Anche le gomme termiche generano resistenza all’avanzamento, chiedendo alle batterie un surplus di energia. Tutti questi fattori messi insieme giustificano un aumento dell’energia richiesta a parità di chilometraggio percorso che raggiunge e supera il 10%.

La BMW iX3 alla prova del freddo

Il riscaldamento: conta il tempo, non i chilometri

«Molto più impattante sull’autonomia invernale _ continua Spacone _ è la climatizzazione dell’abitacolo. Il riscaldamento molto più del raffrescamento. Il consumo di energia, in questo caso, non è in funzione del chilometraggio, bensì del tempo di percorrenza e del differenziale fra temperatura esterna e temperatura interna».

In altre parole, gli stessi chilometri possono richiedere molta più energia se percorsi in più tempo, con temperature esterne più rigide e interne più alte. Lo scostamento dei consumi qui può essere molto accentuato, anche del 15-20%.

L’inverno incide di più sulle batterie più piccole

Tutto questo spiega l’altro fenomeno evidenziato dai lettori: il dimezzamento dell’autonomia invernale per quasi tutte le ibride plug in. Spacone lo descrive così: «Auto ibride e auto elettriche hanno l’identico fabbisogno energetico per riscaldare l’abitacolo e per vincere la maggior resistenza all’avanzamento. Ma la stessa energia addizionale sarà una quota percentuale del totale accumulato. E sarà molto più rilevante per le piccole batterie delle ibride plug in che non per le batterie molto più capaci delle elettriche pure. Poniamo che il fabbisogno supplementare per l’identico percorso sia di 3 kWh per entrambe: equivarrà al 30% di una batteria da 7 kWh e al 3% di una da 70 kWh.  Aggiungendo gli altri fattori peggiorativi già elencati, può essere più che giustificato il dimezzamento dell’autonomia rilevato dai lettori senza che vi sia alcun guasto o difetto nelle batterie. E al rialzarsi delle temperature, senza più riscaldamento, le percorrenze torneranno ai livelli originari».

Le piccole batterie delle ibride plug in

Troppe variabili in ballo per fissare uno standard

Ci domandiamo però come mai i venditori non preavvertano i clienti al momento dell’acquisto, o perché le case auto non forniscano dati più precisi sull’autonomia in funzione delle temperature. La tesi di Spacone è che un monito generico scoraggerebbe il cliente e lo indirizzerebbe verso altri tipi di motorizzazione. Indicazioni più precise sarebbero inevitabilmente fuorvianti perché «le variabili in ballo sono almeno una decina: intrecciate tra loro nelle diverse combinazioni darebbero origine a un ginepraio di diverse autonomie attese. E si genererebbe solo confusione».

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