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Ursula si ricandida (e il Green Deal sbiadisce)

La presidente della Commissione UE, Ursula Von Der Leyen.

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Ursula von der Leyen si ricandida per un nuovo mandato alla presidenza della Commissione europea attenuando la sua ambiziosa politica ambientale.

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

Piano B: mano tesa ai Conservatori europei della Meloni per garantirsi le rielezione

 

Nel suo discorso di chiusura del Congresso del Partito Popolare europeo (PPE) a Bucarest sbiadisce la tonalità del Green Deal e si inasprisce la lotta all’immigrazione clandestina al motto: «Soluzioni pragmatiche e non ideologiche».  Non a caso, lo stesso slogan di Giorgia Meloni e della formazione Conservatori e Riformisti europei che potrebbe diventare la stampella della maggioranza a Strasburgo se i numeri delle elezioni europee del 6-7 giugno non consentissero di riproporre “l’alleanza Ursula” (Popolari, Verdi, Socialisti)  che ha retto l’Europa negli ultimi cinque anni. Una chiara svolta a destra quella del Ppe che cerca di tenere il piede in due staffe.

Le possibili maggioranze per il nuovo governo dell’Europa dopo le elezioni del prossimo giugno (fonte Eunews)

Ma la nuova linea tracciata dalla Von der Leyen sembra anche essere la barriera invalicabile sulla destra estrema, dove è necessario stoppare l’avanzata di populisti e nazionalisti, mietendone i voti.

Ma non c’è il dietrofront sul 2035

Infatti non si parla più di abolire o rinviare la scadenza del 2035 per il bando alle auto a combustibili fossili, come qualcuno ipotizzava o auspicava.

«Non c’è dubbio su cosa c’è in ballo in questa elezione: la nostra Europa pacifica e unita è sfidata come mai prima d’ora da populisti, nazionalisti e demagoghi, che siano di estrema destra o di estrema sinistra» ha detto dopo essere stata designata a succedere a se’ stessa con 400 voti a favore e 89 contrari.

Ha aggiunto che «l’AfD, o Rassemblement National, Konfederacja o Vazrazhdane, vogliono calpestare i nostri valori e distruggere la nostra Europa. Noi come Ppe non lo permetteremo mai».

Insomma: «Coloro che difendono la democrazia contro gli euroscettici, coloro che difendono i nostri valori, chi è contro gli amici di Putin, questi sono coloro con cui voglio lavorare e con cui so di poter lavorare». Una decisa apertura alla formazione guidata in Europa dalla Meloni.

I colori politici dell’Europa (fonte Eunews)

La presidente della Commissione Europea – da oggi anche  Spitzenkadidatin del Ppe alle europee del 2024 – ha ufficializzato quindi un cambio di rotta sui due pilastri della passata legislatura: Green Deal e migrazione. «Noi del Ppe – ha detto – sappiamo che non c’è economia competitiva senza protezione del clima e non c’è protezione del clima senza economia competitiva». E su l’altro tema caldo della rivolta dei trattori ha assicurato che «il Ppe sarà sempre dalla parte dei nostri agricoltori».

Ursula con i piedi in due staffe

Poiché è improbabile, forse impossibile, che dalle urne esca un  vincitore in grado di eleggere da solo la figura del prossimo presidente della Commissione, quanto sbiadirà il colore del Green Deal dipenderà da chi saranno e quanto peseranno i potenziali alleati del PPE. Ma è altrettanto improbabile che la new entry dei Conservatori europei possa imporre unilateralmente l’abbandono del phase auto ai motori termici.

Più probabilmente le concessioni al nuovo entrante si concentreranno sul fronte dell’immigrazione, A questo proposito la von der Leyen è stata più tranchant: «Abbiamo rafforzato le frontiere europee e continueremo a farlo. Siamo noi europei che decidiamo chi arriva in Europa e in quali circostanze, non le organizzazioni criminali di trafficanti».

Questi gli Spitzenkandidaten già nominati alla testa delle altre famiglie politiche europee. Il Partito Socialista Europeo (Pse)  l’attuale commissario europeo per il Lavoro e i diritti sociali, il lussemburghese Nicolas Schmit. I Verdi Europei hanno scelto la tedesca Terry Reintke e l’olandese Bas Eickhout. La Sinistra l’austriaco Walter Baier. Mancano ancora all’appello i liberali di Renew Europe.

In base al Trattato di Lisbona spetta ai governi riuniti nel Consiglio Europeo decidere  chi sarà il presidente della Commissione. Il nome viene poi proposto al Parlamento Europeo che ha il potere di approvare o meno la scelta.

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