Riciclo delle batterie al litio, scatta l’allarme. L’Università di Birmingham in un nuovo rapporto mette in guardia dai pericoli di un approccio superficiale al problema. E il governo cinese emana nuove linee-guida per lo smaltimento degli accumulatori delle auto elettriche.
Riciclo delle batterie al litio, opportunità o disastro
Lo studio dell’università inglese ammette che le auto elettriche aiutano a combattere l’inquinamento. Ma aggiunge che i governi e l’industria devono agire ora per sviluppare un’efficiente catena del riciclo. Il rapporto è stato realizzato con altri due atenei, Newcastle e Leicester, e pubblicato nel 150° anniversario della prima uscita della rivista Nature. Il succo è che l’industria dell’auto è a un bivio. O si organizza in modo virtuoso e crea un business che consentirà di riutilizzare i metalli rari contenuti nelle batterie. O andrà incontro a un disastro ecologico che si ritorcerà come un boomerang sul settore.
Riciclo delle batterie al litio: i problemi da affrontare
L’inerzia è il pericolo numero, il wait and see in questo caso non può funzionare. E le sfide principali sono state così sintetizzate:
- 1- Identificare applicazioni di second-life, dopo che le batterie sono scese sotto un certo livello di cpacità.
- 2- Sviluppare un rapido metodo di ripristino e di riciclo, considerato che lo storage su larga scala delle batterie è ritenuto potenzialmente pericoloso.
- 3– Migliorare la diagnostica delle celle, per poter verificare tempestivamente lo stato di salute delle batterie prima di procedere al riciclo.
- 4– Ottimizzare il design delle batterie in ottica riciclo, per consentire di disassemblarle in modo automatizzato. Un sistema ovviamente più sicuro delle attuali lavorazioni a mano.
- 5- Creare nuovi processi di stabilizzazione che consentano alle batterie a fine vita di essere aperte e separata. Sviluppando tecniche che assicurino che i componenti da riciclare non vengano contaminati durante il recupero.
La stretta del governo cinese
Il Ministero dell’Industria cinese, in realtà, non ha fatto che chiarire i dettagli applicativi di una normativa emanata già nel febbraio 2018 (guarda questo articolo). Con una serie di prescrizioni che rischiano di creare un’ulteriore selezione tra le decine di fabbricanti locali di auto elettriche. In pratica si prevedono due tipi di strutture di recupero: piccoli impianti, da 5 tonnellate, come centri di raccolta iniziali; e impianti da 30 tonnellate per operazioni di più lungo termine. Quando un costruttore vende più di 8 mila veicoli elettrici all’anno in una Regione, deve costruire lì un impianto da 30 tonnellate. A meno che ne esiste già uno con la necessaria capienza e gli standard di sicurezza ora prescritti.
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