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Monoruota troppo potenti? No, è una questione di sicurezza

Umberto Visconti è un giovane professionista milanese. Da sei anni è un appassionato “monoruotista” e da quattro usa quotidianamente il suo monoruota per spostarsi nel capoluogo lombardo, dove esercita la sua professione di medico del lavoro per diverse grandi aziende. Ha calcolato che ogni anno questo gli consente di risparmiare 4.000 chilometri in automobile. Chi ha vissuto a Milano sa bene cosa significhi in ore di ingorghi, stress, spesa e tonnellate di emissioni. Ora ha trasmesso la sua passione la moglie; così i loro due monoruota sono diventati il mezzo di trasporto preferito per passeggiate, escursioni in montagna o semplici pomeriggi di shopping.

Quando ha letto il nostro articolo (“Questi pazzi, pazzi monoruota da 50 km all’ora”) forse si è risentito tanto quanto le decine di suoi colleghi che ci hanno travolti di commenti; ma anziché insultarci, si è gentilmente offerto per dire la sua. E poiché sa farlo, e certamente se ne intende molto più di noi (nessuno è tuttologo), ha accettato di collaborare con Vaielettrico. D’ora in poi sarà lui a raccontarci lo strano mondo della micro mobilità: che poi tanto strano non è, visto che in molti lo considerano una delle soluzioni per avere in futuro città più smart. Benvenuto Umberto.

 

 

Umberto Visconti in gita a Firenze

Quando per strada sgranano gli occhi nonni e bambini

di Umberto Visconti

Qualcuno dice che siamo tutti un po’ psicologi e filosofi, mentre è chiaro che tutti, in quanto esseri umani, seguiamo queste leggi, anche ignorandole. A chi non capita di attribuire un senso agli eventi sulla base di dimensioni di significato condivise? La ricompensa è la percezione che il mondo in cui viviamo sia prevedibile e controllabile perché riconducibile a meccanismi stabili che lo governano. In ultima analisi siamo rassicurati dalla psicologia del senso comune.

Umberto Visconti in veste professionale per le vie di Milano

La falsa credenza che basti avere teorie pragmatiche dotate di buon senso per interpretare o persino giudicare correttamente i comportamenti propri e altrui corrisponde a quella che è comunque una naturale tendenza dell’essere umano, non scevra dal rischio di commettere errori piuttosto grossolani.

Un esempio tipico è la vista del veicolo monoruota elettrico cavalcato da quello di sembra ai più un acrobata circense. Fra i quattro monoruotisti che leggeranno queste parole, chi può dire di non aver mai scorto lo stupore nello sguardo dei passanti? Uno stupore senza età che alberga negli occhi del bambino, magari accompagnato  da un “che bello, cos’è papà?”, come negli occhi della nonnina che, felice della pausa inaspettata causata dal semaforo rosso, approfitta e te lo chiede direttamente.

Non siamo funamboli, l’equilibrio è tecnologico

Tutti i monoruotisti conoscono quella sensazione gratificante di essere guardati come una
specie di supereroe. La capacità circense che viene attribuita al monoruotista e lo stupore conseguente, è frutto di giudizio basato su informazioni insufficienti e di una errata convinzione comune. In realtà le competenze tecniche per andare in monoruota sono quasi identiche a quelle per portare la bicicletta senza mani.

Senza dilungarci in argomenti che non sono alla base di questo articolo, la percezione della scarsa sicurezza e della pericolosità intrinseca del mezzo, è uno di quei tipici errori legati alla conoscenza lacunosa di un mezzo di micromobilità elettrica relativamente nuovo e dotato di sistemi tecnologici che, per i non addetti ai lavori, potrebbero sembrare alieni.

l sistema giroscopico elettronico, è il segreto della magia per andare su una singola ruota e sopravvivere per raccontarlo. Questo fenomenale congegno permette di avere stabilmente la posizione orizzontale delle pedane, come se fosse dotato di due ruote in asse in stile bicicletta.

Il nemico numero uno si chiama “cut-off”

Essendo un sistema basato sull’elettronica, il nemico numero uno è il cut-off, consistente nel fenomeno di spegnimento protettivo di tutto il circuito elettrico legato all’impossibilità di soddisfare la richiesta energetica in quel preciso istante.
Purtroppo, il concetto di “protettivo” in questo caso è applicato alla salute del circuito elettrico, non a quella del cavaliere: la conseguenza di uno spegnimento improvviso del mezzo è l’inevitabile caduta del temerario corridore, i cui danni fisici saranno proporzionali
alla velocità e inversamente proporzionali alle protezioni opportunamente indossate.

Con questa doverosa premessa, si può iniziare a comprendere un po’ meglio la ragione per cui siamo in presenza di motori elettrici con potenze che vanno ben al di sopra della media dei monopattini elettrici. La maggior parte dei monoruota elettrici è concepito per viaggiare a una velocità di crociera tra i 20 e 25 km orari; le maggiori prestazioni dei motori sono conseguenti alla ricerca di un livello di sicurezza accettabile ed evitare il nefasto cut-off. Ossia, per poter andare in totale sicurezza a 20-25 km orari in salita, bisogna adottare motori che fanno 40 km orari, in maniera tale da aumentare il margine di sicurezza e poter abbassare il rischio di spegnimento improvviso del veicolo in condizioni avverse. L’esempio della salita non è esaustivo: ci sono diverse situazioni che possono causare uno sforzo supplementare di potenza e non sempre un motore potente protegge dall’inconveniente.

Monoruotisti volontari per la consegna di farmaci

Anche la frenata migliora con la potenza

Il secondo concetto invece è legato alla frenata di questi veicoli: la potenza del motore influenza sicuramente la velocità massima , ma anche l’accelerazione e, quindi, la decelerazione. I monoruota frenano come se accelerassero all’incontrario: è tipica la posizione con il baricentro spostato tutto all’indietro. Quindi una maggiore potenza del motore si traduce in un potere di arresto superiore del veicolo, caratteristica fondamentale per l’incolumità e la sicurezza del conducente.

Concedetemi un’ultima considerazione personale: il monoruota elettrico è un semplice
veicolo come può essere una motocicletta o un’automobile da corsa. Ogni veicolo non è
intrinsecamente perfetto o imperfetto; le responsabilità sono sempre nella testa di chi li
conduce.

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