Site icon Vaielettrico

Ma di che parlano? Tomasi, il solito Cingolani…

Il n.1 si Autostrade per l'Italia, Roberto Tomasi, e il ministro Roberto Cingolani.

Ma di che parlano questi personaggi con grandi responsabilità, come l’ad di Autostrade Roberto Tomasi e il solito ministro Roberto Cingolani? Sull’elettrico dicono cose che fanno a pugni con i numeri e con il buon senso.

Roberto Tomasi di Autostrade per l’Italia.

Ma di che parlano? “Energia bruciando olio combustibile”

Partiamo dal numero uno di Autostrade per l’Italia. Intervistato dalla rivista Il Centauro, Tomasi ha risposto a una domanda sul ruolo che ha l’auto elettrica nel percorso verso la sostenibilità. “Prima di tutto abbiamo bisogno di una rete“, ha detto. “L’elettrico infatti penetra non se ho una macchina elevata autonomia, ma se ho una rete che permette di utilizzarla“. Già qui si potrebbe far notare al top manager di Autostrade che parla di corda in casa dell’impiccato: in tutti questi anni la rete è mancata proprio sulle tratte gestite dall’azienda che rappresenta. E solo ora si sta recuperando. Ma sorvoliamo perché è più interessante è il finale della risposta. “Non si può pensare che esista mobilità elettrica se prima non si ottimizza il ciclo di produzione, rendendolo sostenibile. Se si brucia olio combustibile con un rendimento del 30% per poi metterlo dentro una macchina si compie un assurdo energetico“.

Una ricarica di Free to X in A1, a Secchia Ovest.

Strane idee per un manager che viene da Enel

Ci risulta che l’ingegner Tomasi abbia lavorato per vent’anni in Enel. Dovrebbe sapere  che non è esattamente nel bruciare olio combustibile che si sta indirizzando la produzione di energia elettrica in Italia. Nel 2021 la domanda è stata di 318.075 GWh, soddisfatta da rinnovabili per il 36,4% e da importazioni (nucleare) per il 13,4%. Quel 50% che resta è prodotto in larghissima parte da centrali a gas e francamente non vediamo tutto questo bruciare olio combustibile. Anzi: a più riprese nel corso del 2021 proprio l’Enel ha ripetuto di voler chiudere tutte le centrali elettriche a carbone entro il 2025. E, parallelamente, concentrarsi sulle rinnovabili. Del resto il governo Draghi ha posto come obiettivo all’Italia di arrivare al 72% da rinnovabili entro il 2030. Ogni grande azienda dovrebbe fafe la sua parte. Anche Autostrade, che non brilla per installazioni di fotovoltaico lungo la rete.

Ma di che parlano (2)? Cingolani insiste: “Meglio mettere la benzina”

Ma il top del top resta il ministro Cingolani. Intervistato da Prima, insiste nel dipingere un mondo che non esiste: “Oggi se tutte le auto fossero elettriche, dovresti caricarle con energia prodotta da gas e carbone. Quindi il problema zero è che adesso quella non è la soluzione. Bisogna far crescere l’offerta di energia elettrica verde, in modo che possa crescere conseguentemente anche la domanda… Se non produco l’energia verde, che senso ha fare le batterie? Per caricarle bruciando carbone? A questo punto meglio mettere la benzina“. Come può un signore che fa il ministro della Transizione Ecologica partire da una premessa così? Nessuno di noi vedrà mai un parco di “tutte auto elettriche“, perché una conversione del genere, ammesso che si farà mai, richiede molti decenni. Soprattutto in un Paese come l’Italia, dove ce ne sono ancora pochissime, come dimostra la tabella. Siamo allo 0,3%,  tre macchine su mille: perché insistere con questa solfa del “oggi se tutte le macchine fossero elettriche…“?

Il ministro Roberto Cingolani.

Il conto dell’inerzia? Lo pagheranno i nostri giovani

Tanto più che Cingolani insiste nel dire che l’energia elettrica in Italia si fa col carbone. Forse dovrebbe parlarsi con l’Enel, azienda tuttora controllata dallo Stato, che ha deciso da tempo di staccarsi dal carbone  (forse il ministro non è stato avvertito…). E infine: basta riempirsi la bocca con questi buoni propositi sulle rinnovabili a cui non segue alcun fatto dal governo. Il 2021 ha confermato che l’Italia è ferma rispetto al resto d’Europa. E che anche i grandi investitori di casa nostra (Enel Green Power, ERG, Falck Reneuwables…) sono costretti a emigrare per rendere operativi i loro investimenti. In Italia permessi fermi: solo chiacchiere inutili e moniti sui posti di lavoro che si perderebbero a vantaggio della Cina. Siamo alle solite: si tenta di esorcizzare il futuro, invece di cavalcarlo come fanno i nostri partner europei. Il conto non lo pagherà chi sta al governo, ma altre generazioni di giovani che saranno costrette ad emigrare. 

TAG: ma di che parlano?

Exit mobile version