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Le prime Tesla non si… compran mai, meglio aspettare

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Le prime Tesla non si compran mai, meglio aspettare. È quel che viene da dire dopo le confessioni dell’ex vice presidente Philip Chain, responsabile della qualità, con alle spalle esperienze in Audi e Renault.

Le prime Tesla e le confidenze dell’ex capo della qualità

La marca di Elon Musk è uscita più volte piuttosto ammaccata dalle indagini comparative sulla qualità dei vari modelli. Non per problemi gravi di affidabilità, ma per tanti difettucci nelle “finiture”, come l’allineamento delle portiere o le pecche nella verniciatura. Tutti dettagli che hanno fatto capire che l’approccio non è quello dell’attenzione maniacale a ogni particolare tipico dei costruttori tedeschi e giapponesi. Chain ha svelato qual era l’atteggiamento del patron in un’intervento sul sito MondayNote.  Citando il caso di un problema sorto nei test sulla sicurezza effettuati dall’ente federale Usa sulla sicurezza stradale, NHTSA: “Quel che in Tesla ha richiesto 5 giorni e un solo meeting, in Renault o in Audi avrebbe comportato una procedura di sei mesi. Si sarebbe partiti da un’indagine a ritroso sulla fonte dell’errore, per individuare all’interno chi aveva sbagliato o quale fornitore aveva preso un abbaglio. Si sarebbe poi passati a una delicata e complessa sequenza di meeting e workshop. Coinvolgendo diversi livelli gerarchici, probabilmente arrivando fino ai vertici aziendali“. Non è stato così in Tesla: “Procedure rapide, ispirate dalla catena del valore, implementate con il massimo della delega. E una decisione rapida, in una struttura aziendale piatta”.

Elon Musk, fondatore di Tesla

Musk diceva: “Lanciamo il modello, se ci sono problemi, rimedieremo”

Entrambi gli approcci hanno luci e ombre. I costruttori tradizionali sono lenti e burocratici nel reagire, ma ritardano la produzione fino a quando il problema è stato risolto. Tesla decide in fretta, ma a volte troppo in fretta, lasciando che siano i clienti ad accorgersi sulla loro pelle che qualcosa non va. Un altro esempio viene dai ragionamenti di Chain sull’affidabilità e la tenuta nel tempo di una Tesla: “Quando ne discussi con Elon, gli dissi che i calcoli dei nostri ingegneri portavano a stabilire che serviva un collaudo di almeno un milione di miglia prima della messa in vendita. Un lavoro di sei mesi  per trovare eventuali punti debili e porvi rimedio. La richiesta non era esagerata rispetto agli standard del settore. I marchi tedeschi non lanciano auto che non abbiano percorso 10 milioni di km con almeno due inverni di test. Elon, nel suo solito stile laconico, mi rispose: ok, facciamolo, ma non sarà per questo che ritarderemo la data del lancio”. Chain gli fece presente che sarebbero potuti emergere dei problemi, con la necessità di modifiche. Risposta di Musk: “Yeah, lo so, ma faremo gli interventi in seguito, se necessario“. Anche se fosse necessario il richiamo delle auto, incalzò Chain? Risposta:  “Certo, e per il resto spingeremo con interventi e aggiornamenti sul software da remoto“.

I problemi di gioventù di Model 3 e Model Y

Insomma, un approccio più da industria dell’informatica che dell’automotive. Ma Musk, spiega Chain, era (e probabilmente è) convinto che non sarebbe stato una sbavatura nel rivestimento della portiera ad allontanare i clienti. Clienti che guardano soprattutto alla sostanza dell’auto, al piacere di guida. Messi sul piatto vantaggi e rischi di questo approccio, l’ex vice-presidente è convinto che la strada scelta da Musk si sia rivelata un “competitive edge”. Ovvero un ulteriore margine competitivo a favore di Tesla. Anche se i difetti all’inizio ci sono, come confermano le magagne riscontrate da ultimo sui primi Model Y. E, in precedenza, sui Model 3 dei primi mesi di produzione(qui l’articolo).

Un difetto di cui si è molto parlato: dalla vernice che si corrode col gelo è nata una class action, in Canada.

Morale della favola: le Tesla sono auto fantastiche, ma forse è prudente aspettare qualche mese dal lancio prima di comprarne una. È una regola non scritta che vale per tutto il mondo dell’auto, ma è particolarmente vera per la Casa di Musk. A meno che non ci si senta orgogliosi di fare da collaudatori-cavie per i modelli appena usciti…

 

 

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