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Irreversibile passare all’elettrico. E non perché Greta…

Irreversibile. Il passaggio all’elettrico è una necessità strategica, e non solo “perché lo dice Greta”, come qualcuno vuol far credere per liquidare la questione. Lo sostiene un noto consulente automotive, Paolo Guidelli Guidi.

              di Paolo Guidelli Guidi

“La transizione elettrica dell’automobile è una inevitabile necessità, ed è irreversibile – e questo fatto non è la semplice conseguenza di normative. Sostiene il contrario soltanto chi, in un contesto di cambiamento obbligato, si scopre superato dagli avvenimenti e dalla concorrenza.

La produzione della VW ID.5 a Zwickau: la Volkswagen ha fatto una scelta di campo molto netta per l’elettrico e  riconverte le fabbriche.

Irreversibile: non possiamo tenere aperti tutti i fronti

Il dato di fatto è evidente per chi opera nel settore. Oggi viene talvolta messo in ombra per ignoranza o interesse, ma apparirà in piena luce nel giro di pochi anni. La scelta strategica si impone ed è netta. Non c’è più spazio per gradualismi, perché è finanziariamente insostenibile mantenere aperti tutti i fronti tecnologici ed industriali: si verrebbe sconfitti come avvenne quando Hitler attaccò la Russia senza aver concluso il fronte occidentale.  Si tratta di strategia, non di sensibilità ambientale – di Clausewitz, non di Greta. Certamente, le normative hanno messo in moto il processo di trasformazione e restano determinanti come causa scatenante del cambiamento. È vitale per la sopravvivenza della specie umana ridurre le emissioni di gas serra e particolati in atmosfera. Viviamo perché un delicato strato di aria respirabile avvolge il pianeta Terra. I 10-20 km di biosfera che ci proteggono da freddo, caldo e radiazioni letali sono sottili come un film di domopak su un pallone da calcio – è bene ricordarlo.

NUOVI PLAYERS / La Polestar, marca elettrica a controllo cinese.

Irreversibile: un nodo industriale e sociale

È altrettanto vero, d’altra parte, che il parco auto europeo emette meno del 2% dei gas serra mondiali. Che i moderni diesel hanno emissioni quasi nulle e che sull’enorme shock industriale del dieselgate del 2015 grava più di un sospetto di protezionismo USA.
Infine, la necessità di transizione immediata e senza ritorno vale per i mercati maturi più che altrove – proprio per effetto di norme più stringenti. Resta però che i mercati maturi (Cina compresa) valgono oggi più di 2/3 del totale e pesano quindi in modo determinante sulle decisioni industriali. La transizione elettrica, oggi, non è più questione di sensibilità ecologica e norme di emissione. Ma un tema industriale, finanziario e sociale perché coinvolge le vite di aziende, famiglie e persone. Nessuno può permettersi il lusso di perdere tempo e non avere idee più che chiare.

La Tesla Model 3, l’auto elettrica più venduta al mondo nel 2021.

I vantaggi? Auto più performanti, piacevoli…

Poi, ci sono i vantaggi del prodotto: più performante, più confortevole e piacevole da guidare, in prospettiva meno caro da acquistare e soprattutto da mantenere. Ma la causa prima resta strategica: non è sostenibile continuare a sviluppare auto ibride e ICE e mantenere aperte fabbriche non più utili, mentre investi nell’elettrico. Le cifre in gioco sono da capogiro. Oltre $500 miliardi di nuovi investimenti nei prossimi 5 anni. A questo si sommano oltre $300 miliardi di costi di riconversione industriale. Come miniere di carbone, le fabbriche che un tempo facevano la forza degli “incumbent”, oggi li penalizzano.  Perché l’auto elettrico è un prodotto diverso e molto più semplice: richiede altre fabbriche, altre competenze, meno mano d’opera, più robot – si può produrre sul venduto. Centinaia di miliardi di cespiti da azzerare e sostituire, centinaia di migliaia di addetti senza più ruolo da ricollocare e nuove professionalità da trovare.

…e che si vendono on line:  più facile e meno costoso

Un’agenda impressionante: forse solo il settore “Oil and Gas” è colpito in modo simile, però vive serenamente. Sia per la rendita che gli viene dal parco ICE (2 miliardi di veicoli in totale), sia perché gli incentivi al consumo di combustibili fossili viaggiano al ritmo di oltre $200 miliardi di dollari/anno. E se si sommano quelli alla “Exploration and Production” superano i $600 miliardi/anno, ma nessuno si azzarda a metterli in questione. I cambiamenti nella distribuzione si sommano all’aspetto industriale: il prodotto-auto elettrica è più facile da produrre sul venduto perché è più semplice. Quindi le reti indirette diventano meno necessarie e la vendita online più facile (e molto meno cara), se il prodotto assomiglia sempre più all’elettronica di consumo. Nel 2019 l’espressione “tempesta perfetta” applicata all’automotive post-dieselgate, fece sensazione. Oggi siamo in pieno uragano e le conseguenze della pandemia non hanno fatto che aumentare costi, problemi e sfide – meno chips, meno vendite, più rischi.

Il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, molto freddo sull’auto elettrica: teme il pericolo Cina (foto: MISE stampa).

L’Italia si muova, il tempo stringe

Fra pochi anni, guardando indietro, ci stupiremo di come oggi non si sia ancora capito l’ovvio. Vetture, moto, trattori, camion, imbarcazioni a combustione sono piccoli ed inefficienti generatori di energia che inquinano e costano enormemente di più della variante elettrica. E che non si può più investire in ICE o Ibrido per il semplice motivo che costa troppo mantenere aperti tutti i fronti mentre si ingaggia la competizione per il mercato vincente: l’elettrico. Il tema è diventato finanziario e strategico, non più solo ambientale. Ogni ritardo rischia di avere un costo terminale per i Costruttori ed i mercati regionali che non si attrezzano in tempo con supply chains e infrastrutture adeguate. L’Italia, per venire al concreto, deve muoversi con una velocità che oggi ancora non si vede. Fare le reti di ricarica, stimolare il mercato EV, sostenere l’industria della componentistica elettrica. Il tempo stringe.

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TAG: Irreversibile

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