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Report e il duello sull’elettrico: parla l’imprenditore William Gobbo

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Sull’elettrico la puntata di Report è solo l’ultimo tassello di un effervescente dibattito pubblico sull’elettrificazione della mobilità. Un tema sempre più vivo e che spesso divide, su cui offre il suo contributo al dibattito un imprenditore che ha investito nella mobilità elettrica. Anche se in acqua e non su strada, con i motori marini di Sealence, l’azienda che Wiliam Gobbo ha fondato e dirige (leggi).  Nominato da BizPlace tra i 50 innovatori italiani più influenti nella mobilità elettrica offre le sue  riflessioni più comuni sul tema.  Procediamo con le domande più comuni. 

La mobilità elettrica porterà benefici?

Io in famiglia possiedo sia auto a combustione, sia una elettrica, sono in grado quindi di valutare e toccare con mano i vantaggi e gli svantaggi di entrambe le soluzioni. Da un lato abbiamo una mobilità che ha avuto oltre un secolo per svilupparsi, dall’altro una mobilità che inizia a muovere i suoi primi passi. Sarebbe sbagliato confrontare due scenari così diversi, quantomeno dovremmo guardare alla mobilità elettrica con un minimo di prospettiva.

A sx il ceo Wiliam Gobbo fondatore della società, a dx il prof Benini

Mi spiego meglio: nell’800 ci si muoveva in carrozza e a cavallo. Lasciando sullo sfondo la storia del treno, quando arrivarono le prime auto a benzina – dopo quelle a vapore e quelle elettriche – queste erano alla portata solo di pochissimi ricchi, le strade erano pochissime e sterrate, la rete dei distributori completamente inesistente, l’autonomia era limitata e la benzina aveva un costo proibitivo. Baricco in un suo bel romanzo racconta molto bene questa storia.

Se a quel tempo avessimo valutato l’auto solo rispetto ai suoi limiti dell’epoca, senza fare un ragionamento di prospettiva, oggi gireremmo ancora a cavallo.
L’adozione di una mobilità meno inquinante e su ampia scala, apporterà oggettivi benefici a tutta l’umanità, da qualsiasi punto di vista la si voglia guardare. I benefici saranno via via crescenti, col progredire delle tecnologie.

L’auto elettrica soluzione del presente o in prospettiva?

La mobilità elettrica è una soluzione del presente – e l’auto elettrica parcheggiata fuori dal mio ufficio ne è la riprova.
Io già oggi quando mi devo spostare prediligo farlo con l’auto elettrica e questo avviene anche per viaggi di molte centinaia di chilometri. È vero che bisogna pianificare il viaggio tenendo conto della necessità di ricaricare, ma a fronte di questo piccolo disagio, quello che otteniamo in cambio è un comfort di guida che difficilmente un’endotermica è in grado di eguagliare. Tanto per fare un esempio, a settembre dovevo andare ad un Salone nautico e ho fatto Milano-Cannes con un’unica sosta dove il tempo di ricarica è stato inferiore al tempo di prendere un caffè.

Al lavoro alla Sealance

Quello che spiegavo nel mio precedente ragionamento è che sarebbe sbagliato pensare che le auto elettriche di oggi siano un punto di arrivo. Sono un punto di partenza e sono altresì convinto che il prossimo futuro saprà sorprenderci. Se invece guardiamo all’auto endotermica, per contro, questa tecnologia ha già espresso il suo massimo potenziale.

Mettiamo in conto l’evoluzione del trasporto elettrico

Il TCO (total cost ownership) ovvero il costo “finale” al chilometro delle auto elettriche è già inferiore a quello delle endotermiche, ma anche il costo di acquisto di queste auto è destinato a ridursi progressivamente, man mano che saranno adottate su scala sempre più ampia. Le soluzioni tecnologiche saranno sempre più performanti ed i veicoli sempre più efficienti. Le batterie diverranno più piccole, più leggere, ma al contempo l’autonomia dei veicoli crescerà.

La barca vintage convertita all’elettrico con i jet Deepspeed di Sealence

Anche la rete di distribuzione sarà sempre più capillare, anzi, proprio la rete di distribuzione sarà molto diversa da quella che conosciamo oggi.

Si iniziano infatti a sperimentare tecnologie che vengono annegate nelle strade e che saranno in grado di ricaricare le auto mentre viaggiano, questo ci consentirà di percorrere lunghe distanze senza più necessità di fermarsi, se non per altre necessità.

Mettendo tutto assieme, possiamo sicuramente affermare che fra qualche anno sia i veicoli, ma più in generale tutta l’esperienza “elettrica”, sarà molto diversa da quella che conosciamo oggi.
Un’altra facile previsione è che, grazie agli enormi investimenti nel settore, questa evoluzione sarà compiuta nell’arco di pochi lustri, non di oltre un secolo come è accaduto per le auto endotermiche.

Polarizzazione  pro e contro l’ elettrico: per i secondi l’auto elettrica è più inquinante…

Iniziamo a dire che questa polarizzazione, come viene interpretata, è un fenomeno prettamente italiano e non trova grandi riscontri all’estero, dove anzi si corre e tanto per rimanere competitivi.

Il fuoribordo elettrico DeepSpeed sta conquistando marchi prestigiosi

Non conosco le ragioni specifiche alla base di questo fenomeno, probabilmente è in parte da ricondurre ad una campagna di alcuni anni fa di una grande industria dell’automotive, volta a condizionare negativamente l’opinione pubblica su questo argomento. Si è poi scoperto, anni dopo, che in realtà questa campagna mascherava la volontà di non investire in questo nuovo settore. Un effetto secondario poco noto è che l’Italia ha poi di fatto perso la corsa verso l’elettrico e con essa, oggi, migliaia di posti di lavoro.

Ciliegina sulla torta, molti di quelli che oggi perdono il posto di lavoro, riconducono la loro situazione non alla mancanza di investimenti del passato, ma al fatto che esistono le auto elettriche.

 

I media trovano invece facile strumentalizzare ed alimentare questa contrapposizione, al fine di aumentare l’audience.
Circa il fatto poi che l’auto elettrica sia più inquinante, questa è una delle tante leggende metropolitane che non trovano riscontro nei numeri.

L’auto elettrica non è sostenibile per questo pianeta?

Sostenibilità è un termine troppo ampio per rispondere in termini brevi provo a semplificare e sintetizzare alcuni concetti.
Se parliamo di sostenibilità in termini di approvvigionamento, pensando al litio, in realtà questo è un materiale estremamente diffuso, ancorché non venga ancora estratto in misura sufficiente. Su questo però le cose stanno velocemente cambiando. E’ però miope pensare che le batterie debbano necessariamente basarsi esclusivamente solo sul litio, ed esistono infatti diversi altri materiali che possono assolvere allo stesso scopo. Anche qui, ragionando in prospettiva, è probabile che in futuro avremo a disposizione batterie basate su tecnologie diverse, ognuna specializzata per determinate applicazioni/settori.

Se invece parliamo della sostenibilità in termini ambientali, estrarre litio o trivellare il sottosuolo per estrarre petrolio sono due pratiche che presentano entrambe delle serie problematiche, però con una sostanziale differenza. Il petrolio estratto viene bruciato, immettendo enormi quantità di CO2 (e non solo) nell’ambiente ma soprattutto è necessario continuare ed estrarne altro. I giacimenti di petrolio non sono infiniti e man mano che diventerà sempre più raro, diventerà sempre più costoso. Il litio per contro è completamente riutilizzabile e quindi lo estrai una volta sola, oltre a non immettere nulla nell’ambiente quando viene utilizzato.

Se per sostenibilità parliamo invece delle fonti energetiche, queste non dipendono dalla mobilità elettrica in sé, ma da come decidiamo di produrre l’energia. Su questo argomento credo che vi sia un’unica risposta possibile, ovvero che la dobbiamo produrre senza immettere nulla nell’ambiente.

E’ vero che la mobilità elettrica di massa aumenterà la richiesta di energia, ma questa è una normale tendenza da che è stata scoperta l’elettricità ed all’aumentare della domanda, è sempre aumentata di conseguenza anche l’offerta. E’ sempre stato così e sarà così anche stavolta. Si chiama business.

Ripeto, sto semplificando dei ragionamenti che meriterebbero ben più diffusa argomentazione, ma credo di aver sintetizzato gli aspetti chiave.

La mobilità elettrica non risolve il problema dell’inquinamento ma semplicemente lo sposta da un’altra parte?

In questo caso stiamo ovviamente parlando dell’utilizzo del veicolo, non di come lo produciamo, di come lo smaltiamo o di come produciamo l’energia che lo muove. In termini prettamente tecnici, questa affermazione è vera. Questo non significa comunque che non vi siano benefici – anche sostanziali – nel farlo. Non serve citare grandi studi scientifici per mettere in relazione l’inquinamento urbano con le gravi malattie che sempre più colpiscono chi in città ci abita.

Purtroppo, questo stretto legame si palesa nel corso di decenni e quindi l’essere umano, per sua natura, fa fatica a mettere in relazione diretta causa-effetto. Lo dico diversamente. Se cado dalle scale, mi rompo una gamba, quindi capisco che le scale sono pericolose e vi sto attento.

Se respiro per ore, giorni, mesi, anni, lo scarico di un’auto endotermica, apparentemente non accade nulla. Tantopiù che da qualche anno le industrie aggiungono ai carburanti degli additivi che rendono i miasmi più sopportabili all’olfatto, quindi questi non ci disturbano neanche più.

Quando mi ammalerò, e statisticamente è molto probabile che questo accada se abito in zone inquinate, difficilmente lo metterò in relazione all’aria inquinata che ho respirato per anni. E se anche capirò finalmente la relazione causa-effetto, ormai sarà troppo tardi.

Spostare l’inquinamento in zone non popolate serve ad allungare la vita delle persone, e questa considerazione da sola dovrebbe, anzi deve bastare a legittimare una transizione di massa verso l’elettrico.

Io ho una bimba di 20 mesi e non la metterei mai dietro il tubo di scarico di un’auto endotermica, e sinceramente credo che nessuno lo farebbe scientemente. Ma nei fatti è quello che facciamo tutti i giorni quando usciamo di casa. E lo fanno anche i tanti negazionisti della mobilità elettrica, che alla fine non fanno altro che difendere l’interesse di qualche industria, a scapito della salute di tutti, compresa la propria.

La grande diffidenza verso l’elettrico come si spiega?

Quando parlo con quelle persone che mi esprimono il proprio scetticismo o le proprie perplessità sull’argomento, spesso riportano opinioni superficiali, quasi sempre basate su convinzioni errate e spesso riportate da fonti “improbabili” o per sentito dire.

Inutile evidenziare che quasi sempre le argomentazioni addotte non trovano poi riscontro nella realtà dei fatti o nei numeri. In altri casi, invece, si tratta di persone che non vogliono sopportare nessun disagio quale quello di doversi complicare la vita con le ricariche.

Ovviamente in tutti questi ragionamenti la propria salute personale, o quella dei propri cari, non viene mai presa in considerazione e non trova mai spazio nel ragionamento, proprio per la difficoltà vista prima del percepire causa-effetto.

Poi ci sono quelli che odiano il cambiamento qualsiasi esso sia, i cospiratori, quelli che cercano una causa qualsiasi per manifestare il proprio disagio, e poi quelli che dicono di difendere i posti di lavoro degli italiani.

Questi ultimi, dal mio punto di vista e se posso permettermi, sono i più ridicoli. I posti di lavoro si difendono prendendo coscienza che c’è una transizione in atto, una delle tante da quando esiste l’uomo, e nel cercare di capirla, studiarla ed agendo per preparare o convertire le competenze per il mondo elettrico che verrà.

Nella prima metà del secolo scorso esisteva la figura del “Lampionaio”, ovvero un incaricato che girava ad accendere e spegnere i lampioni delle città, che all’epoca erano ad olio. Questa figura è scomparsa con l’illuminazione pubblica elettrica ed a nulla valsero le proteste dei tanti per la difesa di quei posti di lavoro. Ovviamente a seguito di quella transizione si crearono molte altre figure professionali, ad esempio quella degli elettricisti.

A tentare di fermare il vento con le mani, si perde solo tempo ed opportunità. E posti di lavoro, senza che se ne creino altri.

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