E dopo il Corona Virus, saremo davvero migliori? Nessuno sa se e come ne uscirà. Ma interrogarsi sul dopo, perché un dopo ci sarà, non costa nulla. E forse ci può aiutare, in queste lunghe giornata, a immaginare che cosa ci riserverà la faticosa ripartenza.
E dopo il Corona Virus? Sapremo viverlo come un segnale di allarme?
Saremo davvero capaci, dopo questa dura prova, di interpretare questo “virus globale” come un segnale d’allarme? Come un richiamo a ricostruire la società in modo più solidale, con un modello più sostenibile sul piano ambientale? Personalmente vedo più timori che speranze. Certo, l’Italia si è compattata, il personale sanitario ha dato prove straordinarie, commoventi. E gran parte della società civile si è messa a disposizione per aiutare, fosse anche solo per un aiuto finanziario. Ma il mio timore è che l’inevitabile crisi economica e la guerra per gli aiuti pubblici finisca per deteriorare ancora un clima sociale già messo a dura prova.
Silvestrini, Celentano, Veltroni… ci contano proprio
Comunque: ho voluto riportare qui sotto le prese di posizione di tre personaggi molto distanti tra loro. Un ambientalista noto e apprezzato come Gianni Silvestrini, un uomo di spettacolo amato e controverso come Adriano Celentano, “il re degli ignoranti”, e Walter Veltroni. Sono più ottimisti del sottoscritto. E voi?
“La crisi Covit si può affrontare con misure drastiche, e verrà superata come si insegna la Cina. Quella climatica invece non potrà che aggravarsi… Penso però che nulla sarà come prima dopo questa batosta, e che stili di vita e modello economico fortunatamente cambieranno“. Gianni Silvestrini, direttore dl Kyoto Club e di Quale Energia, su Twitter (clicca qui)
“Ho paura, stiamo attraversando un momento storico, ma la paura è un atto di coraggio. Ad esempio, il coraggio di non uscire di casa. O di fare scelte appropriate da parte di chi ci comanda. L’Italia si sta comportando bene, mi preoccupano di più gli altri Paesi.
“Anche noi, ciascuno di noi, uscirà diverso da questo inimmaginabile incubo. Sulla rete, in cui ormai dilagava l’odio -la password del nostro tempo, secondo la felice definizione di Stefano Massini-
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