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De Meo o Giorgetti: uno dei due è fuori strada

Luca de Meo con il prototipo della R5 elettrica, in arrivo tra due anni.

De Meo o Giorgetti, il n.1 della Renault o il ministro dello Sviluppo Economico. Uno è per l’elettrico, l’altro lo vede come il Cavallo di Troia della Cina.

de meo o Giorgetti
Qui De Meo è con la nuova Megan E-Tech, elettrica, appena lanciata.

De Meo o Giorgetti: così la vede il capo della Renault

Luca De Meo è uno che di auto ne mastica un po’. È l’uomo che ha lanciato la nuova 500, è stato a capo del marketing Audi e, in tempi più recenti ha gestito il rilancio della Seat. A lui il governo di Parigi ha affidato la rinascita della Renault. In un’intervista al Corriere ha ribadito che la Francia vede l’elettrico come una grande opportunità: “Abbiamo competenze in materia storiche, che costituiscono un grande vantaggio. E un polo dedicato al processo di elettrificazione, quasi un sistema che si sviluppa in tre siti francesi (Douai, Mauberge e Ruitz). Sono previste due fabbriche riservate alle batterie e abbiamo accordi con Valeo per costruire uno dei migliori motori elettrici. Per arrivare nel 2030 a vendere in Europa le vetture del marchio Renault solo 100% elettriche, salendo di posizionamento e di valore”. E ancora: “Sicuramente la localizzazione di un’auto elettrica in un determinato paese porta vantaggio a tutta la filiera. È una grande opportunità che genera valore aggiunto“.

Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti.

De Meo o Giorgetti: così la vede il ministro

Di tutt’altro avviso il ministro, che continua ad agitare il bau bau della Cina. Ecco le parole pronunciate al Sole 24 ore: “Supportare solo l’elettrico significa fare un favore solo a produttori stranieri... Io ho la sensibilità di chi produce in Italia e non in Asia. Penso che non dobbiamo fermarci all’elettrico anche per favorire l’acquisto di vetture più economiche a favore di classi meno abbienti. Dobbiamo discuterne anche con il ministero della Transizione ecologica. Ma la nostra proposta di incentivi arriva fino a 135 grammi di Co2 per km perché abbiamo la responsabilità di incentivare anche una quota di produzione nazionale. Dobbiamo dare risposte alla sfida che è colma di rischi della transizione dell’auto. Da un lato le evoluzioni tecnologiche. Dall’altro le decisioni che abbiamo in qualche modo deciso di condividere a livello europeo, ci pongono di fronte a una riconversione che deve essere gestita sotto il profilo sociale. Tenendo conto che tutta la nuova frontiera dell’elettrico implica un minore impiego di manodopera“.

La Renault farà in Francia le batterie per le sue auto elettriche

E così la vediamo noi…

Il ministro si rifiuta di prendere atto di quel che sta succedendo nel mondo dell’auto e non è un caso se gli investimenti nell’elettrico se ne vanno altrove. In Francia sono già programmata tre grandi fabbriche di batterie (due Renault e una Stellantis), in Italia siamo a una (Termoli). Anche nell’indotto non c’è gara: mille nuove iniziative in Francia, pochissime in Italia. Altro che Cina: De Meo ha un piano condiviso con il governo, Renaulation, che prevede di fare quasi tutto in Francia. Ma del resto la situazione in Europa è questa: tanti governi (Spagna in testa) a caccia di nuovi investimenti nell’elettrico. Il nostro, invece, continua a storcere il naso e a insinuare che sotto sotto ci sia la Cina. Risultato: ovunque almeno una parte dei posti di lavoro che andranno in fumo nella produzione di auto termiche verrà recuperato nell’elettrico. In Italia no: si farà finta di nulla, anche a costo di foraggiare produzioni decotte. Poi si sa come andrà a finire: i soldi finiranno, le fabbriche chiuderanno e un nuovo governo darà tutta la colpa a quello precedente.

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