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Dalle auto alle case: l’Ue detta le regole del tutto green

case green

Dalle colonnine per le auto elettriche alla fine delle caldaie a gas: ecco come la Ue cambia le case degli Europei con la direttiva “case green”, approvata ieri. Hanno votato contro l’Italia e l’Ungheria di Orban. Secondo la direttiva, entro il 2050 le emissioni degli immobili scenderanno a quota zero.

                               di Cosimo Piovasco

Lo sviluppo della mobilità elettrica è uno dei punti principali. Ma non è il solo capitolo dedicato all’elettrificazione e alla conseguente decarbonizzazione  dell’economia e della società in Europa. La direttiva Ue passata alle cronache con il nome di “case green”, appena approvata in via definitiva al recente riunione dell’Ecofin prevede una serie di obblighi,  variamente scadenziati, da qui al 2050.

Ruotano tutti attorno al patrimonio immobiliare del Vecchio Continente: dal “pensionamento” delle caldaie a gas allo sviluppo delle colonnine di ricarica, dai “cappotti” per i vecchi edifici contro la dispersione di calore all’installazione di pannelli solari per limitare i costi della bolletta energetica.

Presentata la prima volta nel 2021, la direttiva “case green” ha perso – strada facendo –  parte della sua carica più innovativa. Ma gli obiettivi rimangono comunque molto ambiziosi. Giusto per ricordarne solo due: entro il 2030, tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Ed entro il 2050 dovrà esserlo l’intero patrimonio edilizio della Ue.

All’Ecofin l’Italia vota no (con l’Ungheria di Orban)

Il desiderio di vivere in modo più rispettoso dell’ambiente, combattendo il cambiamento climatico e meno pericoloso per la salute dei cittadini, limitando le emissioni inquinanti, avrebbe dovuto mettere tutti d’accordo.

Ma nonostante la direttiva sia stata votata a larghissima maggioranza dai Paese membri, l’Italia he deciso di sedersi dalla parte “sbagliata” della strada: il governo di centrodestra, con il ministro Giancarlo Giorgetti, ha votato contro. Assieme alla sola Ungheria di Victor Orban, mentre si sono astenute Croazia, Repubblica Ceca, Polonia, Slovacchia e Svezia.

Ma di cosa si tratta e perché il governo Meloni ha scelto una posizione non solo minoritaria – che non favorisce di certo i rapporti con Bruxelles – ma anche ampiamente criticabile?

E’ giusto ricordare che nella prima versione la direttiva “case green” prevedeva lo stop alla compravendita degli immobili al di sotto dei parametri di “efficienza energetica”. Una misura radicale che ha portato a più di una modifica. Il compromesso prevede una riduzione dei tempi per raggiungere gli obiettivi, ma affida ai singoli Stati come arrivare alla riduzione del consumo medio energetico del parco immobiliare.

Il primo obiettivo 2030: giù i consumi del 16%

Vediamo nel dettaglio. La direttiva prevede che i consumi energetici debbano scendere  del 16%, rispetto alla situazione al 2020, entro il 2030 e poi di un 20/22% entro il 2035. Inoltre, dal 2028 i nuovi edifici residenziali pubblici dovranno diventare a emissioni zero, tutti gli altri dal 2030.

Almeno il 55% del risparmio energetico dovrà venire dalla ristrutturazione e dovrà riguardare almeno il 43% degli edifici in fondo alla classifica delle prestazioni. Sono previste esenzioni per gli edifici storici, luoghi di culto, appartamenti sotto i 50 metri quadri o seconde case.

Il ministro Giancarlo Giorgetti: sbloccati gli incentivi a noleggi e flotte. (foto: MISE).

Ritornello italiano: “è solo ideologia ambientalista”

Contrariamente a quanto sostengono il governo Meloni e quello ungherese guidato da Orban, a motivare gli obblighi decisi dalla Ue non è “l’ideologia ambientalista”. Dalle stime della Commissione, gli edifici che si trovano nei centri abitati dell’Unione europea – oltre 100 milioni in totale – rappresentano un terzo dei consumi di energia della Ue e sono responsabili di un terzo delle emissioni di CO2.

Piuttosto, l’opposizione italiana si spiega di più con il fatto che al nostro Paese i piani di efficientamento potrebbe costare molto di più rispetto ad altri. Le case italiane sono in media più “anziane”: l’85% è precedente al 1990, contro il 75,3% della Germania, il 65,6% della Francia e il 59% della Spagna.

Ma il tema dei fondi sollevato dal ministro Giorgetti è in qualche modo pretestuoso: Bruxelles, di fatto, ha già messo a disposizione sul tema “efficientamento” una serie di stanziamenti previsti dal Next Generation Eu dal Pnrr, così come dai fondi della politica di coesione europea (nella parte che riguarda la riduzione dei divari territoriali), per arrivare al Fondo sociale per il clima, 65 miliardi di euro da spendere tra il 2026 e il 2032 per i piani nazionali di ristrutturazione degli edifici.

Nelle case green la ricarica è d’obbligo

Gli edifici possono giocare un ruolo centrale nell’elettrificazione se puntano sulla mobilità green. Così è scritto nelle relazioni che accompagnano la direttiva “case green”. Ecco perché gli edifici “non residenziali” di nuova costruzione, oppure che verranno sottoposti a una ristrutturazione significativa, con un numero di posti auto tra 5 e 20, dovranno disporre almeno di un punto di ricarica ogni 5 posti e il “pre-cablaggio” per il 50% degli stalli, in modo da permettere l’installazione di punti di ricarica in un secondo momento.

Allo stesso modo, gli edifici con più di 20 posti auto, entro il primo gennaio 2027, dovranno avere almeno un punto di ricarica ogni 10 stalli e, se di proprietà o occupati da enti pubblici, anche il pre-cablaggio per almeno un posto su due entro il primo gennaio 2033.

Nuove regole per il condominio

Passiamo agli stabili residenziali di nuova costruzione (o sottoposti a una ristrutturazione significativa): se hanno più di tre posti auto dovranno avere il pre-cablaggio per almeno la metà degli stalli.

Per questo Bruxelles ha previsto di semplificare le norme per l’installazione di punti di ricarica negli edifici residenziali e non, sia nuovi che esistenti: non ci sarà più la necessità del consenso del proprietario per un punto di ricarica privato a uso personale. La richiesta di chi è in affitto oppure è comproprietario per essere autorizzato a installare infrastrutture di ricarica in un posto auto potrà essere rifiutata solo per motivi gravi.

Stop al gas, arrivano i pannelli

Per arrivare agli obiettivi previsti, la direttiva mette in evidenza il ruolo del fotovoltaico. Gli edifici di nuova costruzione dovranno essere “solar-ready“, in buona sostanza dovranno essere pronti a ospitare impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti.

Scatta anche l’obbligo di installare i pannelli sui nuovi stabili pubblici e non residenziali tra il 2026 e il 2030: la data cambia a seconda delle loro dimensioni.

Altra scadenza, anche se spostata più avanti nel tempo: entro il 2040 bisognerà abbandonare le caldaie a gas (il limite precedente era il 2035). A partire dal 2025 non sarà più possibile concedere agevolazioni fiscali per gli impianti tradizionali: rimarranno solo quelle per i sistemi ibridi che combinano caldaie e pompe di calore.

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