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Dalla fotografia all’auto elettrica: il progresso non si può fermare

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Dalla fotografia analogica a quella digitale, dai palmari agli smartphone e ora dall’auto termica a quella elettrica: ogni rivoluzione tecnologica ha incontrato resistenze e mobilitato eserciti di detrattori. Ma quando oggetti molto complessi  sono diventati semplici grazie all’elettronica il cambiamento ha avuto sempre partita vinta: il progresso non si può fermare. L’amico Franco Fellicò replica così ai non pochi lettori che hanno contestato il suo precedente intervento

L’auto elettrica vincerà perchè è più semplice

                                           di Franco Fellicò

Nel mio articolo di qualche giorno fa dal titolo: “Dalle ICE alle BEV” volevo far riflettere i lettori sul grande passo tecnologico che si sta compiendo. Per farlo ho invitato ad esaminare in dettaglio quanto è diventato complesso un motore termico moderno. E ho cercato di sottolineare che ogni dispositivo per funzionare bene ha richiesto a sua volta la presenza di altri apparati per cui l’insieme è diventato enormemente complesso.

La sfida fra auto elettrica e auto terica si gioca sull’efficienza energetica e sulla semplicità

Al mio articolo, ora che sto scrivendo, sono seguiti ben 77 commenti che forse cresceranno ancora. Allora, con questo scritto, cercherò di dare una risposta a tutti, ma in particolare ai negazionisti dell’auto elettrica.

Onore agli ingegneri, ma non si vive di ricordi

La cosa che prima ci tengo a sottolineare, (visto che c’è qualcuno che forse non l’ha capito) è che io non intendo rinnegare il gran lavoro fatto dai progettisti delle ICE. Essi hanno risolto brillantemente tutti i problemi che man mano si sono presentati. E infatti ho anche scritto che sono a loro grato per il  gran lavoro svolto. Ma qui voglio aggiungere anche che nella mia vita da automobilista ho posseduto con grande soddisfazione un gran numero di auto termiche. Una più bella dell’altra, e mi piacerebbe di riaverle ancora tutte anche perché qualcuna sarebbe ormai auto d’epoca.

Ma non sono certamente i ricordi di ciò che è passato ad impedirmi di apprezzare ciò che le nuove tecnologie propongono. Specie se si dimostrano meno sprecone e più performanti delle vecchie.

Vorrei allora invitare quelli che intendono rimanere ancorati alla vecchia soluzione della quale si accontentano, a pensarci bene, perché in breve tempo potrebbero vedersi  superati dal progresso che è inarrestabile. La nuova soluzione si imporrà, loro malgrado, e la minore complessità dell’auto elettrica sarà utile a tutti, compresi gli ingegneri progettisti.

Dalla meccanica all’elettronica, così va il mondo

Bisogna convincersi che questa transizione è necessaria sia per motivi di rispetto ambientale, sia per iniziare a sfruttare l’energia meglio di come abbiamo fatto finora. E’ una transizione che vogliono tutti i Governi, compreso il nostro (a parte qualche individuo poco raccomandabile che frena solo per cercare di acquisire consensi elettorali).

L’elettronica e l’informatica non smetterà mai, finchè sarà possibile, di sostituirsi alla meccanica offrendo sempre maggiori vantaggi e costi minori. Nessuno ne può dubitare: è successo con le calcolatrici meccaniche, con gli orologi, con le macchine fotografiche, con tutti i timer meccanici delle lavatrici e lavastoviglie e succederà anche con l’automobile.

Se non vi convincerete da soli saranno le fabbriche e i commercianti ad imporvi di farlo. Per dimostrarvi  che così sarà proverò a ricordarvi quello che molti di voi hanno vissuto negli anni passati.

La strana storia della macchina fotografica: vita, morte e rinascita della fotocamera digitale

Uno dei casi più eclatanti riguarda la fotografia. Le prime fotocamere elettroniche, pur essendo più semplici di quelle tradizionali, costarono anche più delle analoghe con pellicola (così come oggi le BEV costano più delle ICE); ma offrivano grandi vantaggi e prima fra tutte la possibilità di vedere la foto immediatamente senza nessuna necessità di svilupparle in un secondo momento; io ne acquistai subito una, era una KODAK (che ho ancora) e faceva foto da soli 2 Mpixel Mi costò  un milione e ottocentomila lire. Quelle fotocamere furono chiamate: compatte anche perché erano piccole e leggere.

La prima KodaK digitale compatta

Le foto si potevano vedere sul piccolo display prima, durante e dopo lo scatto e appena fatte si potevano visualizzare in grande sullo schermo di un computer oppure su quello di un televisore così come le vecchie diapositive si proiettavano.

Anche in quell’occasione ci furono i contrari; dicevano che i colori delle vecchie macchine erano migliori e in molti continuarono a snobbare la novità.

Poi iniziarono anche le grandi case a produrle e NIKON mise in vendita l’8700 da 8,2 Mpixel che acquistai anche io (e che ho ancora); quella macchina meravigliosa per quei tempi (inizi degli anni 2000) aveva un mirino elettronico che visualizzava continuamente le immagini riprese dall’obiettivo e le memorizzava allo scatto; quella macchina poteva fare anche foto a raffica, cosa impossibile per una macchina a pellicola.ù

Ricordate le Reflex, regine della fotografia?

In quegli anni, così come le regine delle auto erano le termiche, le regine delle fotocamere erano le reflex.

Erano state inventate dai progettisti i quali per evitare errori di parallasse caratteristiche del mirino posizionato sopra l’obiettivo, avevano pensato di utilizzare lo stesso obiettivo per inquadrare le immagini.

La realizzazione di questa bella idea si tradusse in un complesso meccanismo che consentiva di dirottare l’immagine verso l’oculare  durante la fase di ricerca dell’inquadratura e di indirizzarla invece, al momento dello scatto, verso la pellicola da impressionare.

Si era ottenuto questo con uno prisma e uno specchietto mobile che inizialmente faceva giungere l’immagine all’oculare e che al momento dello scatto si ritraeva in maniera che l’immagine appena inquadrata fosse proiettata verso la pellicola. Ma c’era un altro problema da risolvere: il diaframma presente dietro l’obiettivo doveva essere aperto al massimo durante il tempo in cui il fotografo preparava l’immagine e immediatamente prima dello scatto doveva essere portato al valore fissato dal fotografo per ottenere la profondità voluta. Questa macchina complessa era la REFLEX.

Capirete che tutto questo dispositivo meccanico che doveva entrare in azione anche molto rapidamente (pochi millesimi di secondo) era ingegnosissimo ma molto complicato, pesante e costoso.

Naturalmente i professionisti della fotografia erano tutti dotati di queste grosse e pesanti macchine, e non intendevano abbandonarle considerandole insuperabili; ed allora le fabbriche, interessate prima di tutto a vendere, decisero di trasformare le reflex in macchine elettroniche e per farlo si limitarono semplicemente a sostituire in esse la zona in cui era la pellicola con un sensore.

Il risultato fu una macchina pesante come le precedenti, dotata di un meccanismo inutile per consentire al fotografo di vedere l’immagine alla vecchia maniera e con l’unica differenza che l’immagine allo scatto veniva dirottata verso il sensore e poi memorizzata.

Le ibride mirrorless imposte dagli scettici

Questa macchina IBRIDA (così la chiamerei) si avvantaggiava della parte elettronica soltanto per l’immagazzinamento della foto e, a causa della presenza di quel complicato meccanismo, perdeva la possibilità di far vedere al fotografo l’immagine esattamente come si era già formata sul sensore prima, durante e dopo lo scatto, ma la  mostrava sul display solo a foto memorizzata.

Capite quanto stupidi erano la maggior parte dei fotografi professionisti nell’accettare una simile soluzione?

Per accontentarli le fabbriche invece di adottare la tecnica delle compatte, vendevano macchine molto più pesanti, meno performanti e più costose.

Ci vollero un po’ di anni, ma poi le fabbriche inventarono le mirrorless (macchine senza specchietto), che altro non erano che le vecchie compatte; eliminarono così quell’inutile, complesso e costoso meccanismo che serviva solo a mantenere in vita una clientela poco attenta.

Oggi non esiste fotografo che sia professionista o non, che non utilizzi macchine di questo tipo; tutti i contrari sono scomparsi e se ce n’è ancora qualcuno è ormai considerato un retrogrado!

Quando i computer palmari sono diventati smartphone

Questi dispositivi (veri e propri piccoli computer da tasca) nacquero alla fine del secolo scorso e le fabbriche intendevano convincere tutti a possederne uno; naturalmente io me ne procurai uno (il Cassiopeia della Casio al costo di 1.300.000 lire) che utilizzava un sistema operativo windows pocket; ma furono ben pochi quelli che cedettero alla tentazione.

Io ne ero soddisfatto  tanto che successivamente acquistai anche un HP 1240 completo anche di navigatore GPS ma la cosa che a mio avviso mancava era l’aggiunta di un piccolo chip che potesse consentire all’apparecchio anche di telefonare.

I Noqualcosa non hanno mai fermato il progresso

Ma presto le case costruttrici trovarono il modo di imporre anche i palmari a tutti e ci riuscirono facilmente aggiungere una CPU, un po’ di memoria  ed un sistema operativo ai telefoni cellulare che erano già molto diffusi. Invece di aggiungere un piccolo chip ad un palmare avevano dovuto aggiungere un intero computer ad un telefono; ed io dissi che fu come se invece di aggiungere una radio ad un auto, per ottenere il boom voluto, si era dovuto decidere di aggiungere ruote, poltrone e motore ad una radio!

Il risultato fu però che il telefono dìventò intelligente perché affiancato da un vero e proprio computer; le telefonate oggi sono rimaste una piccola parte delle cose che può fare uno smartphone; gli acquirenti che credono di acquistare un telefono acquistano invece un vero  computer palmare; e anche quando lo usano lo fanno più utilizzando le funzioni di un computer che non quelle telefoniche.

Qui la morale è che il progresso non è stato fermato dagli scettici, ma con l’aiuto di un sotterfugio, ha conquistato anche quelli.

Una strada già tracciata anche per l’auto elettrica

Potrei continuare ma mi limito a concludere che mai nessuno dei “NOqualcosa” è riuscito a fermare un progresso tecnologico che è, come è noto, inarrestabile. Il progresso va avanti con o senza quelli che lo negano ed è assolutamente inutile opporvisi perché comunque tutti ne verranno coinvolti. E quei pochi che insisteranno a rimanere ancorati alle tecniche ormai superate, risulteranno essere solo dei retrogradi.

Tutte le case auto stanno già preparando la transizione verso l’auto elettrica

Non è un caso che tutte le fabbriche di automobili del mondo hanno deciso di costruire e vendere auto elettriche; tutte hanno uno o più esemplari di queste vetture il che dimostra che la strada è ormai tracciata.

E c’è anche un altro modo che hanno messo in atto i fabbricanti per spingere in quella direzione ed è di dotare ogni nuova vettura anche di un motore elettrico (le auto sono infatti ormai quasi tutte ibride e qualcuna anche Plugin) per cui anche molti Nobev sono già stati costretti ad acquistare una vettura sia pure parzialmente elettrica.

Non è certamente quella la soluzione definitiva, ma penso che le case costruttrici la stanno adottando proprio per imporre il motore elettrico sia pure a gradi. Chi viaggia in elettrico anche per pochi chilometri non può non apprezzare la differenza con il motore termico in moto, e potrebbe cominciare a desiderare la BEV.

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