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Auto elettrica e posti di lavoro, polemica infinita

Auto elettrica e posti di lavoro, una polemica infinita. Davvero l’auto a batterie fa perdere occupazione? Riceviamo molte mail in proposito e abbiamo deciso di pubblicarne una per dire una volta per tutte come la pensiamo.

Auto elettrica e posti… / “Avremo tanti meccanici disoccupati”

“Nulla a che dire sulle finalità del vostro sito .. qualcosa avrei da dire riguardo al parossismo con cui si enfatizza il passaggio a mobilita elettrica. Ho letto con piacere le dichiarazione del CEO Toyota, aldilà del fatto che tale marchio sia stato un precursore .. Un’analisi disincantata dei negativi effetti sull’occupazione qualcuno doveva con coraggio farla. Pensiamo all’indotto, a quanti meccanici disoccupati, rivendite accessori auto di consumo che chiuderanno. Perché sulle auto elettriche non si cambiano olio , filtri, pompe oli .. e tantissime altre componenti. Si cambiano pacchi di batterie e motori elettrici, ma solo da parte di un manipolo di garage specializzati. Pochi addetti e riparazioni che necessitano di tempi biblici (su una Tesla di mio conoscente 4 mesi per riparazione in garanzia, solo la filiale Tesla poteva effettuarla..)

Auto elettrica e posti…/ “Le colonnine dove sono?  Ed è altro che inquina”

Sapete quanti punti di ricarica esistono nel comune a Nord di Milano dove vivo con altri 24.000 abitanti? Due colonnine nel parcheggio di un supermercato. Di cosa stiamo parlando ? Questa desertificazione dei posti di lavoro in nome di cosa? Io alcune volte sono a Milano, in coda a bus che emettono colonne immense di fumo. Vedo camini dei condomini che sembrano voler trasmettere segnali  di fumo, evidentemente caldaie ancora a gasolio. Però chi inquina è l’auto del privato cittadino, ma per favore! Senza infrastrutture è pura utopia, se non un azzardo, parlare di “solo auto elettriche “. Infrastrutture che necessiteranno di spazi ben più consistenti delle attuali stazioni di rifornimento carburante, causa tempistiche di ricarica/pieno non paragonabili. Datevi da fare con le istituzioni in tal senso, sarebbe attività più utile che non propalare un futuro elettrico senza infrastrutture che possano reggerne l’approvvigionamento. Roberto Scotti

Akio Toyoda, presidente del gruppo Toyota.

Risposta. Si cita sempre il presidente della Toyota come paladino dei posti di lavoro messi a repentaglio dall’elettrico. Il signore in questione, però, non si è mai preoccupato quando la sua azienda, puntando sulla qualità totale, ha messo in ginocchio l’industria americana dell’auto. Costringendoli a licenziare legioni di operai, con decine di fabbriche chiuse. Il progresso e la concorrenza vanno bene quando sono a nostro favore, quando sono appannaggio di altri bisogna fermare il mondo? È vero che la Casa giapponese è stata la prima ad aprire la strada dell’elettrificazione. Ma poi si è arroccata su questa tecnologia con una cocciutaggine controproducente. La Volkswagen ha scelto un atteggiamento opposto: vive l’elettrico come un’opportunità e rassicura la sua gente che nessuno resterà per strada. Anzi, le auto a batterie e il digitale apriranno nuovi business. Certo, usciranno persone di età più avanzata, ma senza traumi. Ed entreranno giovani con professionalità diverse, visto che oggi le auto sono computer con le ruote.

Anche le macchine da scrivere occupavano un sacco di gente…

Nessuna desertificazione dei posti di lavoro, dunque. Certo, si poteva fermare l’avvento del personal computer quando si è capito che l’Olivetti non avrebbe avuto futuro con le macchine da scrivere. O vietare che nascessero aziende come Netflix per salvare i negozi di Blockbuster, dove si noleggiavano i film in cassetta. Peccato che il mondo vada in un’altra direzione e che ci sia una variabile di cui in queste levate di scudi non si tiene mai conto: le esigenze del cliente. Quanto alla rete di ricarica, si fotografa sempre la situazione attuale, dimenticando che è in atto una corsa a installare che anno dopo anno moltiplica il numero delle colonnine. Omettendo di dire che l’auto elettrica si rifornisce soprattutto a casa, cosa un po’ difficile da fare con auto tradizionali. Quanto al “c’è ben altro che inquina“, informiamo che proprio città come Milano stanno sostituendo i bus che emettono colonne di fumo con mezzi elettrici. E che anche sul riscaldamento ci sono norme precise per una maggiore sostenibilità.

IN CONCLUSIONE. Siamo pronti a scommettere che Paesi come la Germania, lesti a cavalcare il nuovo che avanza, non perderanno posti di lavoro. Non ci scommetteremmo per l’Italia, in cui si cerca sempre il pelo nell’uovo per restare ancorati a un rassicurante passato. Che però, a lungo andare, si rivela foriero di guai e di fabbriche che chiudono, senza che se ne aprano di nuove.


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